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Visualizzazione dei post da dicembre, 2021

Lauryn Hill - The Miseducation Of Lauryn Hill (1998)

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Tra i candidati a finire il mese delle storie musicali dei dischi unici, intesi come prova unica dei loro creatori, c’erano numerosi capolavori: dal meraviglioso disco dei The La’s (omonimo, del 1990, il disco con cui nasce il brit pop) al caustico e sconvolgente disco dei Sex Pistols (Never Mind The Bollocks, Here’s The Sex Pistols anno di grazia 1977), a qualche gemma minore, come l’album dei The Young Marble Giant (deliziosa band scozzese, Colossal Youth del 1980) o al disco dei Germs. Ma la scelta non poteva che cadere su questo disco, uno dei più importanti degli ultimi 30 anni: The Miseducation Of Lauryn Hill. Uscito nel 1998, dopo una travagliata gestazione, il primo e unico disco solista di Lauryn Hill, dopo lo scioglimento dei Fugees, segna la storia della musica contemporanea. Con quella band, insieme a Wycleaf Jean e Pras Michel aveva già sbancato con il disco The Score (1996) grazie ad un sound e tematiche che aprivano la cultura hip hop al mondo, abbandonando l’atteggiamen

There is Light That Never Goes Out - The Smiths (1986)

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Gruppo di culto della seconda metà degli anni ottanta, gli Smiths crearono uno stile, un sentiero che negava la strada maestra, fin dalla scelta della sigla (il cognome più comune tra gli inglesi, come se una nostra band decidesse di chiamarsi "I Rossi"). Copertine pallide e virate seppia, che spesso riprendevano fotogrammi di vecchi e dimenticati film; sonorità oniriche e vellutate, piacevolmente narcotizzanti, quasi oppiacee; citazioni letterarie a pioggia battente e fiori gettati al pubblico durante i concerti. There is Light That Never Goes Out è forse la più romantica e disarmante canzone degli Smiths. Rubacchia una sequenza armonica dalla versione dei Rolling Stones di un brano di Marvin Gaye, Hitch Hike , ma è un furto dichiarato. (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Grinderman – Grinderman 2 (2010)

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di Silvano Bottaro Prosegue il progetto Grindermane dopo un primo disco ne esce un secondo che porta il titolo assai fantasioso di "2". Il lavoro non si discosta molto dal primo, il suono è più elettrico e chitarristico, del pianoforte neanche l’ombra. In quanto progetto, Grinderman è sperimentazione. Nelle nove canzoni Cave e soci sembrano cercare nuove forme sonore e frantumando la melodia in favore di schizzi punk, le canzoni diventano 'rumore', un rumore razionale sia chiaro, dove nulla è suonato a caso ma tutto appartiene ad un filo musicale ragionato. Il disco a molti potrà non piacere ma sarà solo per una questione di gusti e non di intelligenza. Cave rimane ancora un musicista e un interprete di prim'ordine e ancora una volta attraverso i Grinderman dimostra il suo essere ancora presente, per niente stanco ma ancora con molte cose da dire. 

Folk Show: Episode 90

Classifica 2021

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1) Van Morrison – Latest Record Project Volume I -  Leggi 2) Low - Hey What -  Leggi 3) Dominique Fils-Aime – Three Little Words -  Leggi   4) Another Sky – Music For Winter Vol. I -  Leggi 5) Ballaké Sissoko – Djourou -  Leggi 6) Femi Kuti - Stop the Hate -  Leggi 7) Nick Cave & Warren Ellis – Carnage - Leggi 8) Omar Sosa & Seckou Keita -   Leggi 9) Ryam Adams - Big Colors -  Leggi 10) Valerie June - The Moon and Stars... -  Leggi 11) Omar Sosa – An East African Journey -  Leggi 12) Son Volt - Electro Melodier -  Leggi 13) Israel Nash – Topaz -  Leggi 14) Rhiannon Giddens – They’re Calling Me Home -  Leggi 15) Black Keys - Delta Kream -  Leggi 16) Young Neil & Crazy Horse - Barn -   Leggi 1 17) The Flatlanders - Treasure Of Hope -  Leggi 18) The War on Drugs - I Don’t Live Here Anymore -   Leggi 19) Nala Sinephro - Space 1.8 -   Leggi 20) Gov't Mule - Heavy Load Blues   -   Leggi 21) Big Thief - Dragon New Warm Mountain I Believe In You  22) Counting Crows - Butt

Siouxsie and the Banshees

Susan Janet Dallion nasce a Londra il 27 maggio del 1957. Fin dal gennaio 1976 entra a far parte del gruppo di ammiratori che seguono fedelmente le gesta dei Sex Pistols, il Bromley Contingent. Qui la Dallion, che nel frattempo si ribatezza Suzi, entra in contatto conSteve Havoc, alias Severin (vero cognome Bailey, 1955). Discografia e Wikipedia

Storia della musica #5

  La british Invasion  Quando si parla di british invasion si intende un fenomeno musicale (e commerciale) che vede tra il 1964 e il 1966 i gruppi inglesi dominare le classifiche U.S.A. fino ad allora territorio esclusivo di artisti americani. Le cronache musicali parlano in realtà di due ondate: la prima vede lo sbarco nelle classifiche americane di un’orda sterminata di gruppi che arrivano sull’onda del successo commerciale dei Beatles, esploso dopo l’apparizione alla celebre apparizione all’Ed Sullivan Show nel Febbraio del 1964; immediatamente le classifiche americane vengono monopolizzate da dischi e singoli dei Fab Four, lanciando nel nuovo continenti altri gruppi-cardine nel rock Inglese come Rolling Stones, Kinks e Animals ma anche comparse marginali ma comunque memorabili come g Hollies, Searchers, Troggs. Nascono di lì a poco anche gruppi come Herman’s Hermits (in Inghilterra) e Monkees (in America), studiati a tavolino per prendere il posto dei vecchi teen idols alla Paul An

3 Pieces - Vibes Of Truth (1975)

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Chi ha letto un po’ la rubrica probabilmente sa che io adoro le storie dei dischi che provano in maniera spesso inequivocabile di come le vie del successo musicale siano pressochè insondabili. Il disco di oggi, sebbene sconosciuto, è da considerarsi come uno degli esempi migliori della musica afroamericana degli anni ‘70 e aveva tutto per diventare un successo: una casa discografica di grido, la Fantasy, fondata da Max e Sol Weiss nel 1949 a San Francisco, che dopo aver prodotto il miglior jazz bianco (con i dischi del grandissimo Dave Brubeck) in quegli anni si stata facendo strada nella musica nera dopo aver acquisito nel 1973 la Stax di Memphis; la produzione di Donaldson Toussaint L'Ouverture Byrd II, per tutti Donald Byrd, fenomenale trombettista che dopo aver passato tutti gli stili del jazz ed aver suonato con i suoi più grandi interpreti (da Gillespie a Coltrane, da Rollins a Monk) nel 1971 aveva ricevuto la cattedra dal Dipartimento di Black Music alla Howard University di

Nathaniel Rateliff & The Night Sweats - The Future (2021)

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di Fabio Cerbone Gioiosa macchina del soul revival di queste stagioni, i Night Sweats vengono rimessi in moto da Nathaniel Rateliff dopo una pausa solista e interlocutoria, quella rappresentata dall’album del 2020 And It’s Still Alright, troppo personale e riflessivo per confrontarsi con la dinamiche della band. Tornano così le ritmiche accese e le grasse sezioni fiati, le melodie tinteggiate di nostalgia pop degli anni Sessanta e le pulsazioni del funk dei Settanta, in un matrimonio ideale fra Muscle Shoals e Detroit, fra Stax e Motown, con qualche digressione country soul e i colori Americana che si abbeverano direttamente alla fonte di The Band. Insomma, lo stesso stile che ha fatto la fortuna dell’omonimo esordio e del successivo Tearing at the Seams, portando il gruppo ad essere uno dei più richiesti dal vivo, con tour di successo e un logico “sfruttamento” della dimensione live anche su disco (i due album incisi a Red Rocks, l’ultimo dei quali pubblicato pochi mesi fa, probabilme

The Weeping Song - Nick Cave and the bad Seeds (1990)

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The Weeping Song e tutto l'album che la contiene ( The Good Son ) sono appena meno devastanti, musicalmente, di quanto lo fossero i capitoli precedenti. No, solari no. Diciamo che Cave lascia l'uscio socchiuso sulla vita, mentre prima sbatteva la porta e non si curava di raccogliere le chiavi che cadevano a terra con fragore assordante. Cave avanza timido verso l'umanità, senza tuttavia mai rinunciare alla dark side . Indossa abiti lunghi da chansonnier, che porta una volta tanto, con disinvoltura da maudit . Dalla tasca fuoriescono i soliti pennarelli neri e speciali. Il ritornello si può cantare in coro, prima di capire che dietro quel canto dolente si nasconde il punto di non ritorno. (M. Cotto - da Rock Therapy)

Brian Eno & David Byrne - My Life In The Bush Of Ghosts (1981)

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di Silvano Bottaro Quando uscì Remain In Light dei Talking Heads nel 1980 si disse: " Non è un disco del passato né del presente. Viene dal futuro ". Ecco, questo giudizio va esteso a My Life In The Bush Of Ghosts . Pietra miliare per la musica degli anni Ottanta, concepito da Eno e Byrne prima di Remain In Light e uscito dopo per problemi di natura legale. Brian Eno prima di inventare l' ambient music e di contribuire in misura decisiva alla trilogia berlinese di David Bowie, ha suonato con i Roxy Music. David Byrne è il leader dei Talking Heads, con i quali ha appena finito di girare il mondo per il tour post Fear Of Music . Insieme lavorano a un'idea: scomparire per un po', e tornare a New York dicendo di aver trovato per caso l'album di musica etnica in un Paese che non c'è, e che solo loro conoscono (cit.) L'idea di partenza è che il rock'n'roll sia diventato conservatore e noioso, e che forse sia necessario un balzo i

Folk Show: Episode 89 (A Winter Mix)

Young Neil & Crazy Horse - Barn (2021)

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 di Stefano Solventi A pensarci bene, Neil Young è anche un luogo. Intendo dire, alcuni suoi dischi – i migliori? – sembrano avere tra gli obiettivi quello di definire un perimetro, la dimensione e l’atmosfera in cui certi timbri, certe cadenze, la densità degli spazi e delle vibrazioni, possano accadere. Come a sottolineare la natura stessa del suo fare musica: sostanzialmente una situazione, una quadratura di spazio e tempo, un momento insomma, l’unico che renda possibile il gesto semplice e inesplicabile del suonare. Questo spiega forse la sua prolificità, tutti quei dischi snocciolati anche a dispetto dell’ispirazione, persino tutti quei recuperi di esibizioni spesso – diciamolo – ripetitive ma collocabili in un punto esatto sulla linea del tempo, testimoni di un frangente irripetibile.  Se il tema del tempo (e quindi della memoria) nel canzoniere sconfinato di Young meriterebbe un vero e proprio studio, possiamo affermare che – come è naturale – con l’avanzare dell’età sia diventa

Simple Red

I Simple Red sono il gruppo di punta del cosidetto nuovo soul inglese, ispirato alla musica nera americano dei '50 e dei '60 che ripropongono in chiave più leggera, con marcati accenti dance. Guida la formazione il rosso Mick "Red" Hucknall (1961), di Manchester, che ha già qualche trascorso di rilievo con i Frantic Elevators. Discografia e Wikipedia

Storia della musica #4

Il movimento folk del Greenwich Village  Le origini del movimento folk del Greenwich Village, voce musicale della controcultura che si va a sviluppare a cavallo tra anni ’50 e ’60, devono essere ricercate negli ultimi anni ’40, anni in cui si cominciano ad intravedere le prime avvisaglie di quel revival folk che porta migliaia di giovani americani ad emigrare a New York, nel Greenwich Village, appunto, zona di loft a basso prezzo e di club animati da serate jazz e folk. In particolare, nel 1948, vanno segnalati due eventi importantissimi per il movimento e la musica folk più in generale: da una parte l’introduzione di classifiche Folk all’interno dell’onnipresente Billboard; dall’altra la nascita dei Weavers di Pete Seeger. Già negli Almanac Singers Seeger è tra i primi ad associare alla musica folk l’elemento sociale e il valore di musica di protesta. Il primato in tal senso va, però, attribuito a Woody Guthrie, primo grande cantautore della storia che fa partire un sottile filo rosso

Nuova Compagnia Di canto Popolare - La Gatta Cenerentola (1976)

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Poche città posso vantare un legame alla musica come Napoli. Vuoi per il fascino misterioso e incredibile della città, vuoi per il mito esotico che da sempre la segue, essendo stata per secoli fulcro culturale europeo e del Mediterraneo, la musica napoletana rappresenta un unicum. Come altre cime della cultura partenopea, anche la musica vive del miscuglio tra colto e popolare, tra accademico e farsesco, tra saloni di balli e danze di strada. Tra l’altro la storiografia della musica individua proprio nella nuova canzone napoletana dell’Ottocento uno dei primi movimenti di musica “pop” in senso avanguardista, aiutato anche dall'incredibile fortuna degli spartiti prima e delle prime incisioni poi, che renderanno i classici della canzone napoletana dei veri e propri successi internazionali, cantati e suonati in tutto il mondo. Accanto a questi però, esisteva una tradizione di musica folk incredibilmente variegata e interessante, che prendeva spunto non solo dalla commistione di cui

Lay Lady Lay - Bob Dylan (1969)

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Ci sono canzoni che diventano successi anche se all'inizio nessuno ne vuole sapere alcunché. Tipo Lay Lady Lay di Bob Dylan, da Nashville Skyline. Dylan la scrisse per la colonna sonora di "Un uomo da marciapiede" film di John Schlesinger, ma il regista preferì Everbody's Talking di Fred Neil (un'altra versione sostiene che la consegnò in ritardo e Schlesinger, fu costretto a rivolgersi altrove). Sia come sia, Dylan non era entusiasta del risultato e offrì la canzone agli Everly Brothers ma, anche a loro non convinceva e consigliarono a Dylan di cantarla lui e così fece. Lay Lady Lay arrivò al settimo posto delle classifiche americane e al quinto di quelle inglesi, un risultato eccezionale.  (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Tinariwen - Tassili (2011)

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di Silvano Bottaro In questo ultimo decennio parte degli stati africani si stanno ribellando a dittatori e governi non certamente democratici. Popoli per anni sottomessi cercano libertà e giustizia. A questa ondata di rivolta anche la musica ha dato e continua a dare il suo contributo, musicisti come Farka Tourè, Toumani Diabatè, Baaba Maal, Youssou N'Dour, Cheb Khaled, Salif Keita, Fela Kuti sono stati tra i principali esponenti a "sonorizzare", esportare e quindi a far conoscere al mondo intero questa situazione di disagio sociale. Oggi, una di queste realtà si chiama Tinariwen e sono probabilmente una delle band più interessanti nel panorama musicale internazionale. Ex soldati, hanno cominciato a combattere nei primi anni novanta nelle rivolte dei Tuareg in Niger e Mali,  alternando esibizioni musicali nei club e in spazi sociali. Fondendo tradizione nordafricana con il blues e il rock elettrificato, il gruppo ha poi man mano abbandonando il "potere" de

Folk Show: Episode 88

Primal Scream - Screamadelica (1991)

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Tra il 1985 e il 1986, in uno dei periodici momenti di rivisitazione degli stili musicali precedenti, una generazione di musicisti, soprattutto britannici, iniziò a prendere nelle proprie creazioni le atmosfere del beat e dei gruppi californiani (Byrds, Love, Beach Boys) tanto che uno storico reportage del New Musical Express li definì “generation C86″. Tra loro spiccava un ragazzo scozzese, Bobby Gillespie, che partecipò come percussionista e batterista in uno dei dischi più importanti della shoegaze music (termine che indicava la caratteristica dei gruppi di rock alternativo di muoversi poco sul palco e guardare in basso durante le esibizioni, come se si stessero guardando le scarpe, e fu sempre un reportage della NME a definirli così), Psychocandy dei seminali The Jesus And Mary Chain, anche loro scozzesi. Dopo quel disco però Gillespie se ne va dal gruppo e ne fonda uno proprio, a cui dà il nome di un libro molto famoso dello psicoterapeuta Arthur Janov: Primal Scream. Iniziano con

Simple Minds

Jim Kerr, Charlie Burchill e Brian McGee fondano nel febbraio 1977, nella natia Glasgow, il complesso di Johnny & The Self Abusers, pubblicando nel giro di sei mesi un singolo (Saint & Sinners) prima di sciogliersi. Nel febbraio 1978 i tre ci riprovano, questa volta come Simple Minds, con Derek Forbes e Michael McNeil, e pochi mesi più tardi firmano con il manager Bruce Findlay). Discografia e Wikipedia

Cassandra Jenkins - An Overview On Phenomenal Nature (2021)

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di Daniel Moor Partendo dal refrain di “New Bikini” è possibile enucleare due importanti tematiche che caratterizzano per intero il secondo disco di Cassandra Jenkins e che si legano indissolubilmente l’una all’altra, ossia il processo curativo e il legame con la natura. Durante l’estate del 2019 la musicista newyorkese si stava preparando per partecipare come chitarrista al tour dei Purple Mountains, ma, dopo solo alcuni giorni di prove, il compianto David Berman si tolse tragicamente la vita. Cassandra decise allora di recarsi da alcuni amici in Norvegia per cercare di superare lo shock degli ultimi eventi vissuti. Nelle settimane seguenti abbozzò alcuni frammenti lirici e melodici e una volta tornata a New York entrò in studio di registrazione con il nuovo guru del folk Josh Kaufman, con il quale, partendo da quelle idee ancora grezze e nebulose, compose tutti i brani, salvo “The Ramble”, di “An Overview On Phenomenal Nature”. In questa raccolta di canzoni si assiste a una costante

Kingdoms of rain - Mark Lanegan (1994)

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La spettacolare voce degli Screaming Trees si alza, affascinante e misteriosa, al di là del fiume e tra gli alberi, evocando inquietudini alla Cave, minimalismi di desolazioni alla Cohen, disgressioni metropolitane. Nelle canzoni di Lanegan ci sono echi di colore e abissi in bianco e nero, c'è lo splendore della nuda canzone, paesaggi al finestrino e istantanee di un panorama privato. Le sue storie raccontano di voli brevi e cadute lunghe, anime sempre fuori mano ma mai fuori fuoco, fuochi d'autunno e aria di neve. Un crepuscolare che inchioda. (M. Cotto - da Rock Therapy)

Wilco - The Whole Love (2011)

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di Silvano Bottaro Il coraggio è una virtù di pochi e i Wilco sono tra questi. I fan di vecchia data, dopo un primo ascolto rimarranno molto probabilmente spiazzati. The Whole Love abbandonando la strada di Sky Blue Sky (2007) e dell’ultimo Wilco (2011), dimenticando i suoni di Yankee Hotel Foxtrot (2002) e A Ghost Is Born (2004), si inerpica in nuovi territori e, questo, non può che far bene. Si perchè, al di la che il disco possa piacere o meno, quello che conta per un gruppo ormai sulla breccia dal 1995 (senza contare la parenesi “Uncle Tupelo” dei primi anni novanta) è il saper rinnovarsi, evitando così la noia del ripetersi. The Whole Love è un ponte, l’inizio probabilmente di un nuovo corso dei Wilco. Non che Jeff Tweedy non sia stato incline a sperimentazioni e a ricerche sonore, anzi, fatto sta che questo ultimo lavoro suona come un manifesto di cambiamento. Un cambiamento che sa di abbandono ai vecchi cliché e di abbraccio a nuove esperienze musicali senza preclusioni

Folk Show: Episode 87

Raoul Vignal - Years In Marble (2021)

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di Gianfranco Marmoro A questo giro Raoul Vignal si è preso il giusto lasso di tempo per poter dare un degno seguito ai due scrigni musicali ricchi di spirituali e malinconici bozzetti folk che raccoglievano l'eredità di Nick Drake senza ripeterne l'estetica. Il terzo album "Years In Marble" risente delle suggestioni raccolte negli ultimi tre anni, tra un breve soggiorno a Berlino e l'attuale residenza parigina. La scrittura è ancora più solida e riconoscibile, anche quando intercetta il classico fingerpicking in "Red Fresco" o lo scintillante virtuosismo di "City Birds". Lo spirito solitario del musicista francese ha un qualcosa di letterario oltre che di musicale. La misurata vitalità armonica di "Century Man" è simile alle pagine di un libro sfogliato dal vento al crepuscolo, un racconto che con esigue parole cattura l'ascoltatore. Quando il tono descrittivo si fa più intenso e ricco, Vignal esterna uno stile quasi pittorico-pa

E T I C H E T T E

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