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Visualizzazione dei post da aprile, 2025

99 Posse

Assieme ai romani Assalti Frontali, la 99 Posse è stata la principale protagonista di quel breve ma intenso periodo storico-sociale conosciuto come "la stagione delle posse". Il gruppo si forma a Napoli nell'autunno del 1991, come espressione diretta del centro sociale autogestito Officina 99 (aperto pochi mesi prima, il 10 maggio). Discografia e Wikipedia

Me and Bobby McGee - Janis Joplin (1971)

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Che strana, la vita. La piu grande cantante rock dei suoi anni, e per me una delle più grandi di sempre, che raggiunge una sola volta il primo posto delle classifiche dei singoli, e solo dopo morta. Non solo: lo fa con una canzone molto bella, ma molto country (genere con il quale Janis aveva avuto a che fare in gioventù, ma che non aveva mai cantato) di Kris Kristofferson, ottimo artista, autore e attore. In realtà, la versione di Janis è country solo nella base e nella strumentazione ma non nell'attitudine, perché Janis arricchisce il viaggio dell'io narrante con nuances rock e un incredibile pathos che allontana Me and Bobby McGee dall'oleografia quasi nashvilliana dell'originale. La storia è bellissima: L'io narrante rievoca un viaggio in autostop con Bobby (che nella versione di Kristofferson era una donna), con lui che canta il suo blues, lei che suona l'armonica e il tergicristallo che scandisce il tempo. E un viaggio dove i protagonisti non hanno niente ...

Bon Iver – Sable, Fable (2025)

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di Chiara Crisci  Che colori insoliti hanno questi Bon Iver!? In quale inedita stagione della vita ci trasportano? Justin Vernon parla di “SABLE, fABLE” come di un momento di svolta, della fine di un capitolo della mitologia dei Bon Iver e dell’inizio di un altro, il prossimo, forse l’ultimo. Questi nuovi Bon Iver, in effetti, sanno del tenue tepore in una mattina assolata di Aprile, il mese di uscita del loro quinto album in studio, edito da Jagjaguwar e coprodotto da Vernon e Jim-E Stack, che giunge dopo un silenzio discografico di 6 anni. E “SABLE, fABLE” è, in effetti, un disco strano, complesso e composito, difficile da inquadrare e descrivere, simbolico e quasi “fonosimbolico” in ogni dettagliatissima scelta artistica ed estetica, diviso tra polarità e dicotomie, ombre e luci, colori e suoni che tracciano un processo di espiazione e elevazione fino al nirvana, all’estasi, lasciando il peso sulla strada per abbandonarsi alla leggerezza. Tutto è costruito sulla dualità di tonal...

Generazioni

(…) Quel giorno, vicino a me, era seduto un ragazzo che poteva essere mio figlio, un ventenne all’incirca, forse più giovane ancora. Aveva delle cuffiette e ascoltava musica a un volume spasmodico, al punto che udivo distintamente la sua musica anch’io. (…) Stava ascoltando London Calling dei Clash il mio album preferito. La grande musica è tale perché non ci stanchiamo mai di ascoltarla, non ha etichetta, è eterna, inossidabile, galleggia (anzi naviga!) sulla miseria dei tempi, vi resiste incondizionatamente. (…) Potete immaginare che emozione sentirlo riemergere dall’MP3 di un ragazzo che nel 1979 non era ancora nato. In casi come questi pensi che il tempo non si fermi soltanto per la musica, ma si fermi anche per te e ti consenta di fluttuare sugli istanti come sospeso, stabilendo così una sorta di fratellanza universale tra gli uomini, al di là delle singole età anagrafiche. «London Calling!» dico al ragazzo sorridendo. «Cosa dice?» urla senza nemmeno togliere le cuffiette....

The Cure – Disintegration (1989)

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di Silvano Bottaro Non riesco ad immaginare quanto sarebbe vuota la mia vita senza i miei dischi, soprattutto certi dischi, a cui sono particolarmente affezionato. Raramente ho avuto dei “colpi di fulmine” ed ho imparato a conoscere le opere molto lentamente, anche dopo mesi di ascolti. Con Disentegration è stato diverso, mi è piaciuto sin dal primo ascolto. A mio parere è di molti, questo è il miglior album dei Cure, per alcuni, di ogni tempo. Con ogni probabilità lo si può inserire nella miglior trilogia insieme a Pornography (1982) e Bloodflowers (2000). Ancora una volta Robert Smith e la sua band riescono a sorprendere. Disintegration è un’opera decadente, un manifesto dark, un disco che se lo avesse inciso Baudelaire lo avrebbe chiamato “I fiori del male”. I dodici brani di Disintegration producono 71 minuti di suoni ammalianti, carichi di forti sentimenti, con un sound inquietante, triste, a volte spettrale. Sembra proprio che questo sia l’ultimo disco di Smith, come s...

Keith Jarrett

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"E' diventato uno dei più coerenti sostenitori del suono pulito e naturale. Ha studiato a fondo la tradizione del piano jazz per rinnovarla; è diventato con il tempo concertista ricercato, vero e proprio oggetto di culto".   M.  Donà Jarrett è un pianista impeccabile, vero teorico del tocco e del suono. Nel jazz vero e proprio ha lavorato in periodi diversi, negli anni settanta con il quartetto americano con D. Redman , C. Haden e P. Motian , poi con Jan Garbarek , e dal 1983 nello splendido trio con G. Peacock e J. Dejohnette , ancora oggi in attività. Ma la leggenda di Jarrett è cresciuta soprattutto per la sua attività solista, dove il jazz è solo una parte del tutto. L'inizio è con ' Facing You ', del 1972, da allora in poi realizza dischi e concerti in perfetta solitudine, nei quali alterna composizioni, riletture e fantastiche improvvisazioni, in una "formula" che ha convinto e coinvolto un pubblico forte e appassionato, spe...

Steven Wilson ‎– The Overview (2025)

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 di L'Azzeccagarbugli  The Overview è un’opera epica e concettuale di due tracce, in cui porto l’ascoltatore in un viaggio kubrickiano nell’oscurità dello spazio esterno mostrando l’umanità per ciò che realmente è – piccola, insignificante, resa minuscola da distanze cosmiche di miliardi di anni luce” Con queste parole Steven Wilson introduce il suo ottavo album solista che si incentra interamente su quelle che sono le “impressioni” di un uomo, un astronauta o chicchessia che osserva la Terra dallo spazio e ne comprende la finitezza, così come i limiti della stessa umanità. E se ho deciso di aprire questo articolo citando apertamente l’aspetto concettuale di questo album del deus ex machina dei Porcupine Tree, del disco del suo “ritorno al prog” dopo due album sperimentali, di art pop/rock tanto coraggiosi quanto poco riusciti per chi scrive, è perché il tema dell’album è di cruciale importanza per la comprensione dell’opera nel suo complesso. Le due componenti, liriche e musi...

Nomadi

Più di quarant'anni di carriera, una dozzina di dischi di platino, centocinquanta concerti all'anno per una media di cinquecentomila spettatori, centocinquanta fan club sparsi per l'Italia. A snocciolare le cifre relative ai Nomadi sembra di leggere il Guinness dei Primati. La formazione emiliana rappresenta un caso a parte nella storia del rock in Italia. Discografia e Wikipedia

The End - The Doors (1967)

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Magnetici e conturbanti, ai confini della trascendenza e ben oltre le pareti della canzone rock comunemente intesa, i dodici minuti di The End sono tra le pagine musicali più belle e incredibili che siano mai state scritte. The End è un raga-rock che racchiude il senso del vagare filosofico e umano dei Doors e di Jim Morrison, ma anche della loro voglia di sperimentare. C'è tutto e in dosi massicce, in questa litania che rimanda sempre la sua fine, come in un'agonia che prolunga dolore e bellezza. C'è misticismo, Oriente e improvvisazione, alternanza di emozioni e di onde sonore, che si spostano rapide dalla calma del sogno all'incubo più profondo. Ci sono istinti primordiali e disperazione, sentimenti e presentimenti. Cè un canto, magico, semplicemente perfetto e inimitabile, che a volte è insinuante e altre volte epico e maledetto, minaccioso, a volte fratello a volte assassino. Ci sono respiri e silenzi, morte e rinascita, blues e psichedelia, versi figli della beat...

Youssou N’dour – Eclairer Le Monde Light The World (2025)

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 di Marcello Lorrai Certo, oggi la musica africana pullula di tanti nuovi protagonisti e di tanti nuovi generi, in un panorama che in questo millennio ha conosciuto una profonda trasformazione e alla cui continua evoluzione è difficile tenere dietro, fra un’infinità di giovani star, maschili e femminili, molte senza dubbio di talento. Poi però partono le immagini di Noflaay, pescatori senegalesi che a Dakar, all’imbrunire, attaccano i motori e spingono in mare le loro piroghe colorate: e appena Youssou N’Dour comincia a cantare, le cose ritrovano le loro giuste proporzioni. Ecco la magia della voce, il pathos, il carisma, l’unicità di uno di quei rari artisti che sono una categoria a parte, e di fronte a cui tanti successi e personaggi di oggi appaiono più modesti. Il clip di Noflaay, pubblicato in gennaio, ha anticipato il nuovo album del cantante senegalese, doppio titolo in francese e in inglese, Éclairer le Monde – Light the World, che uscirà il 4 aprile: se si deve giudicare d...

Irlandese, capelli rossi, grassoccio...

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Irlandese, capelli rossi, grassoccio, carattere terribile, musicista formidabile. Questo è Van Morrison, da più di venti anni una bandiera per la musica d'autore. Su di lui si sono scritti fiumi di parole, ma pochi hanno saputo, o meglio potuto, avvicinarlo: Morrison ha una sota di idiosincrasia per i giornalisti e cerca dio evitare qualunque tipo di intervista. Non ha nulla da dire alla stampa, per lui parla la sua musica: "Io sono un musicista e faccio musica, questo è il pensiero dell'uomo Morrison. E, difatti, lui parla attraverso la sua musica. Ha inciso moltissimi dischi, più o meno uno all'anno dal 1968 ad oggi, e vi sfido a trovarne uno brutto: in ogni album c'è almeno una canzone strepitosa, anche più di una, ed una serie di composizioni d alto livello come cornice. Sa scrivere ballate, brani blues e folk, soul, jazz e rock: la sua musica non ha frontiere e non può venire etichettata. Morrison è un musicista totale. Ha creato, con "Astral weeks...

The Smiths – The Queen is Dead (1986)

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di Silvano Bottaro Esiste una teoria secondo cui gli anni Ottanta britannici hanno prodotto solo due nomi da salvare: Smiths e Japan. Gruppi presuntuosi quanto si vuole ma almeno capaci di musica vera. Eppure all’epoca soprattutto gli Smiths lasciavano qualche dubbio. Sono bravi, bravissimi nei pochi minuti di un 45 giri – si diceva di loro – meno quando si tratta di reggere i tre quarti d’ora di un album, niente vero per quel che mi riguarda. Sì, in “The Smiths” e in “Meat is murder” ci sono dei vistosi cali di tensione ma, in “The Queen is Dead” no, è perfetto dall’inizio alla fine come non era accaduto prima e non sarebbe accaduto poi. “The Queen is Dead” è stato il punto più alto della carriera degli Smiths e può essere considerato il ritratto dell’Inghilterra del ‘900 secondo Morrissey che, al di là del suo ostentato egocentrismo è riuscito a regalarci canzoni uniche, immediate e nello stesso tempo con una presa lirica inimitabile. Gli elementi dei testi sono: l’amore...

Billy Bragg

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Esponente della canzone di protesta degli anni ottanta (nato nel 1957, vero nome Steven Williams) è una sorta di Bob Dylan inglese vent’anni dopo. Cresce col primo punk inglese, ama i clash e ha idee vicine a quelle del partito laburista. La sua peculiarità è soprattutto la sua lingua lunga, schietta e incisiva, le frecciate al potere. La stampa inglese lo definirà Billy il terribile. E’ Peter Jenner, manager dei Pink Floyd e dei Clash, che gli procura un contratto. Bragg ne esce con sette brani solo chitarra e voce, tra queste A New England (capolavoro) entra nelle classifiche indipendenti inglesi. A questo punto Bragg pubblica un (mini) disco “Life’s a riot with spy vs. spy” nel ’83, che balza al primo posto delle classifiche indipendenti ed entra in quelle nazionali. A questo successo seguono lunghi mesi di tournees in tutta Europa e america. E’ del ’84 il suo primo vero disco “Brewing up with Billy Bragg”. Da quel momento la fama dell’artista cresce vertiginosamente e Br...

Bob Mould - Here We Go Crazy (2025)

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 di Nicola Gervasini  Bob Mould è un intoccabile. Vale a dire uno di quei nomi su cui si è sempre tutti d’accordo, che nessuno oserebbe mai contestare, al riparo pure dalle manie di insensato revisionismo critico verso i mostri sacri che ha imperato in questi anni di discussioni musicali nei social. Non si ebbe il coraggio di metterlo in discussione neppure quando nel 2002, con Modulate, azzardò un abbraccio all’elettronica, non poi così memorabile col senno di poi, ma è indubbio che il suo nome è sempre in cima quando si deve portare un esempio di integrità artistica e qualità costantemente alta. Ma da quindici anni a questa parte serpeggia tra le righe dei fans la sensazione che si sia un po’ arenato su un modello di canzone (che resta poi lo stesso degli anni con gli Hüsker Dü), senza più porsi il problema di nuovi azzardi. Ho fatto una prova empirica, e ho ascoltato per la prima volta questo nuovo Here We Go Crazy subito dopo aver riascoltato Silver Age del 2012, considera...

New Trolls

I New Trolls rappresentano la dimostrazione di come nella Genova musicale di fine anni '60, in mezzo ai De Andrè, ai Paoli, ai Tenco, ci fosse spazio anche per chi sulla carta d'identità non riportava la scritta "cantautore". La band nasce inizialmente come Trolls, ottenendo un discreto successo nel 1966 con il singolo Dietro la nebbia / Questa sera. Discografia e Wikipedia

Fairytale of New York - The Pogues (feat. Kirsty MacColl) (1988)

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Non mi viene in mente città al mondo più ricca di diversità della Grande Mela, più ancora di Geru-salemme, dove la differenza si fa dolore, o di Tokyo, dove la follia di Shibuya fiorisce a pochi metri dal silenzio dei templi scintoisti. Il bello di questa Grande Mela è che ognuno può prenderne un morso e sognare di trovare le consonanti per i suoi sogni, visto che le vocali le mettiamo noi ma non sempre bastano. New York è una delle poche città al mondo (insieme a Parigi) che può essere cantata con la medesima efficacia sia da chi ci è nato che da chi arriva da fuori e ne prende possesso, innamorandosene. Shane MacGowan è un irlandese dai denti marci e radi (non li lava mai, una carenza di vitamina C glieli ha fatti cadere quasi tutti, e una volta, dopo un concerto, è uscito per pisciare, ma, essendo ubriaco, è inciampato contro un muro e ha salutato anche gli ultimi rimasti) e dalla predilezione per nomi strambi: la sua prima band si chiamava «Nipple Erectors» («Induritori di capezzol...

The Corrs - Home (2005)

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Le Storie musicali di band di fratelli e sorelle ci portano in Irlanda, per una band che tra fine anni '90 e inizi 2000 fu molto popolare. The Corrs, come suggerisce il nome, sono una band di tre sorelle e un fratello, i Corr appunto. La loro storia è molto particolare e si lega a quella di un film del 1991, divenuto di culto, ambientato a Dublino, da dove provengono i nostri. The Commitments, diretto da Alan Parker, racconta la storia di Jimmy Rabbitte e del suo tentativo di mettere su una band di soul e rhythm'n'blues a Dublino, The Commitments, appunto. Il film, che è anche uno spaccato dell'isola prima della travolgente trasformazione avvenuta negli ultimi decenni, fu trampolino di lancio di una serie di attori\cantanti che dopo il film si lanciarono in carriere musicali. E tra loro c'erano i fratelli Corr. Jim Corr suonava in una band con John Hughes, che curava per Parker le selezioni dei musicisti. Hughes non sapeva che Jim avesse tre sorelle musiciste, Carol...

Musica jazz. Il linguaggio dello swing

La musica jazz – forma d’arte che affonda le sue radici nel continente nero maturando i suoi primi frutti nelle Americhe a partire dai primissimi anni del 1900 – nasce primariamente come musica swing. Per “swing” s’intende un’esperienza ritmica che caratterizza la grammatica basilare del jazz delle origini, musica da ballo dalla pulsazione regolare, dotata per l’appunto di swing. Spesso al giorno d’oggi si confonde erroneamente lo swing con il jazz in senso lato. L’identificazione è opportuna soltanto in riferimento alla prima fase storica del jazz americano, quando i jazzisti utilizzavano quasi esclusivamente lo swing come espressione ritmica fondamentale, al punto che il jazz in toto si lasciava definire così. In altri termini, a quell’epoca il jazz come forma e come contenuto erano la stessa cosa, ovvero swing. La musica jazz si è poi evoluta rispetto a questo suo portamento ritmico originario includendone molti altri che attualmente fungono da contenuti stilistici variegati nei con...

Waterboys – Fisherman’s Blues (1988)

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di Silvano Bottaro Con “This is the sea” del 1985, lo scozzese Mike Scott, realizzò il sogno della sua vita. Per questo disse: “Dopo un disco così, non posso che andare da un’altra parte”. Lo fece in tutti i sensi, anche geograficamente; lasciò Londra per l’Irlanda e passo anni a tessere una nuova tela di suoni, inserendo fili di quella gloriosa tradizione nel suo mondo già ricco di Dylan, Van Morrison e Patti Smith, di country, gospel e cajun. Fisherman’s Blues è il loro quarto album, chiamato anche “disco verde”, è stato registrato nella contea di Galway, e si sente. La svolta è decisamente “Irish”, il violino virtuoso di Steve Wickham recita il ruolo del protagonista e il mandolino di Anthony Thistlewaite non è da meno. Ed è ancora musica fresca, un viaggio folk rock, un dolce blues celtico, un ritorno ai valori della tradizione in opposizione al futurismo del rock ’80. Le ballate tradizionali e i suoni ricercati fanno di questo disco un meraviglioso tributo all’Isola Verde...

Jimi Hendrix

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Di sicuro una cosa c’è: un prima e un dopo Hendrix .  Jimi Hendrix irruppe sulla scena del rock come una meteora incandescente che trasformò l’idea stessa della chitarra elettrica. A tutti gli effetti è stato un musicista simbolo di quegli anni. Nessuno meglio di lui ha incarnato un tratto ineliminabile degli anni Sessanta, ovvero quella sensazione di rincorsa creativa. Tutto correva, i cambiamenti sembravano a portata di mano, gli eventi si succedevano ad un ritmo febbrile. Questa ebbrezza collettiva, Hendrix cercò di interpretarla in una stravolta improvvisazione sonora. I suoi “voli” solistici sembravano sfuggire ai consueti piani narrativi musicali. Le sue invenzioni, i furori creativi, le visioni folgoranti, imponevano continue sfaccettature. Sempre “in fuga” tra progetto e spontaneità, caos e ordine, allo stesso tempo. Capirne oggi la portata è più difficile, perché ormai tutto è già stato assimilato, digerito, trasformato in ovvio, ma, se pensiamo a quel tempo, quando ...

The Pogues - Poguetry In Motion (1986)

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Nel 1976 la rivista Sounds (che era una delle tre meravigliose riviste musicali inglesi, con il Melody Maker e il New Musical Express, e dalle cui ceneri nascerà Kerrang!) onora il cantante della band di oggi con un titolo, Face Of The Year, a quel viso grottesco, sdentato, che nascondeva un genio tanto bizzarro quanto straordinario. Shane MacGowan è un irlandese nato nel Kent, nel 1957, ed è un giovane punk scorbutico e ribelle quando fonda, a 19 anni nel 1976, la sua prima band: i Nipple Erectors, con due suoi amici, Shane Bradley e Adrian Thrills (che guarda caso farà più tardi il giornalista per il NME). Visto il nome (e questa sua verve creativa lo avrà anche per il gruppo che lo farà diventare un personaggio), lo abbreviano in Nips, il trio incide un paio di singolo e un disco, Only At The End Of The Beginning (1980) che non si ricorda nessuno. La band si scioglie, ma lui è deciso a continuare. Abbandona la ferocia del rock punk e si dedica ad una riscoperta del folk, del rockabi...

Negrita

Il rock dei Negrita si leva all'inizio degli anni '90 dalle ceneri degli Inudibili. Dopo un rapido assestamento, già nel 1992 la band aretina si presenta con la line-up definitiva (Pau alla voce, Drigo e Mac alla chitarra, Franky al basso e Zama alla batteria) e inizia a suonare in piccoli locali, promuovendo una manciata di demo. Discografia e Wikipedia

Just Like Honey - The Jesus and Mary Chain (1985)

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Nessuno meglio dei Jesus and Mary Chain dei fratelli Reid ha saputo attualizzare la lezione di Suicide e Velvet Underground, ovvero trasmettere il senso del rock attraverso il furore e la dolcezza, la perversione del noise e il candore delle armonie vocali. Armati di feedback e di abrasioni, hanno siringato l'incoscienza dei vent'anni (i Reid erano poco più che adolescenti quando diedero alle stampe Psychocandy) in pillole pop-punk davanti alle quali ci si può solo arrendere, perché velate di carta dark. Questa è la grandezza della band di Glasgow: agitare l'ascoltatore e al tempo stesso cullarlo, tra suggestioni lisergiche e riverberi, istantanee di desolazione e improvvisi muri di chitarre. Just Like Honey è, probabilmente, il più grande inno rock-punk-pop-dark-new wave degli anni ottanta. Racchiude il nocciolo di ogni stile e al tempo stesso li trascende. L'intro alla Phil Spector, il basso cupo e dark, la voce spettrale di Jim Reid, le chitarre che tagliano l'ar...

White Fence - For The Recently Found Innocent (2014)

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di Ruben Gavilli Tim Presley, aka White Fence, giunge con “For The Recently Found Innocent “ al sesto album in quattro anni di carriera e sembra aver rinforzato sempre di più la venatura cantautoriale del suo pop lo-fi psichedelico: si è fatto più preciso, il Nostro, meno rude, più limpido e meno confusionario. Perciò via i suoni stravaganti e i mille pedali che hanno caratterizzato per anni il suono della sua chitarra, ma solo strumenti che servono al jangle- psych californiano: chitarra acustica, chitarra elettrica, basso e batteria. C’è meno urgenza in For The Recently Found Innocent e si percepisce di più la forza crescente della composizione di White Fence. Rispetto agli stessi due dischi precedenti, “Family Perfume Vol. 2“ (2012) e “Cyclops Reap” (2013) c’è più chiarezza e sicurezza nello scrivere canzoni, che inevitabilmente predispone all’ascolto. Detto questo, non che l’immaginario di riferimento cambi, siamo sempre in odore di Byrds, folk-rock, Syd Barrett, il Bob Dyla...

Frank Zappa for President

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di Michele Pizzi* Frank Zappa amava sostenere che l’unica ragione per abbinare delle liriche alla sua musica fosse che “viviamo in una società dove la musica strumentale viene giudicata irrilevante”, concludendo che i suoi testi potevano essere classificati in tre sole categorie: “Quelli davvero stupidi, quelli appena meno stupidi e una minoranza semplicemente divertenti”. Sarà, ma è così difficile credergli. Altrimenti perché avrebbe consumato la sua vita nel gioioso affanno di scrivere centinaia di ‘storie cantate’, straboccanti di doppi e tripli sensi, citazioni, rivisitazioni di materiale classico, persino soggetti teatrali. E che dire dei suoi spettacoli, in cui la parte ‘narrata’ degli immancabili siparietti diventa indiscutibilmente parte integrante e fondamentale dello show, concepito da Frank come ‘teatro musicale’ a tutto tondo fin dai tempi gloriosi e fecondi delle serate al newyorkese Garrick Theatre. La realtà dice che Zappa è stato, oltre che un geniale com...

Pixies – Doolittle (1989)

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di Silvano Bottaro Era la fine degli anni Ottanta e non si pensi, musicalmente parlando, che le cose andassero male, tutt’altro. “ Come on Pilgrim ”, il mini album d’esordio del 1987, aveva fatto scalpore e più impressione ancora aveva suscitato il seguito, “ Surfer Rosa ” (1988) votato miglior disco dell’anno dai critici del settimanale Melody Maker. Ma, i Pixies scrissero il loro capolavoro con “ Doolittle ”, salutato dai fans e dai critici come un sublime artefatto di post punk. L’album è il risultato di varie influenze, un misto di note sonore inizialmente riprese da gruppi come gli Husker Du, Violent Femmes, Jesus and Mary Chain, e i Pere Ubu. Questo disco dalla musica incontenibile possiede, infatti, una freschezza ed una vitalità praticamente inesauribili. I Pixies con “ Doolittle ” hanno creato un disco meno devastante dei precedenti, più estroso, sottile.  Doolittle è una sorta di enciclopedia del rock americano in versione, naturalmente, molto riveduta e poco “corrett...

Frank Zappa

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Il duca della prugne, così era chiamato Frank Zappa, dal brano omonimo che comparve nel suo ce lebre secondo album "Absolutely Free". Nessuno prima di lui fu maestro della sovversione musicale, il più illuminato e multiforme dei musicisti generati dalla rivoluzione degli anni sessanta. La parte più ludica e irriverente della cultura rock, l'esempio indomabile di una coscienza scomoda e indigesta al perbenismo americano.  Alla cultura rock, Zappa ha insegnato cinismo e parodia, una visione fortemente laica e demitizzata della realtà, mescolando musica e rumori, parole e gemiti, telefonate e sirene. Con pari dignità dimostrava che si poteva eseguire un jodel tirolese e Stravinskij, un chicchirichi e il jazz. Come per tutti i grandi della musica del nostro tempo, continueremo a domandarci se sia stato o meno un raro, isolato genio del bricolage musicale, oppure un perfetto prodotto della sua epoca, di quegli anni sessanta e settanta così sbeffeggiati dai suoi dischi. Di...

E T I C H E T T E

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