Raoul Vignal - Years In Marble (2021)

di Gianfranco Marmoro

A questo giro Raoul Vignal si è preso il giusto lasso di tempo per poter dare un degno seguito ai due scrigni musicali ricchi di spirituali e malinconici bozzetti folk che raccoglievano l'eredità di Nick Drake senza ripeterne l'estetica.

Il terzo album "Years In Marble" risente delle suggestioni raccolte negli ultimi tre anni, tra un breve soggiorno a Berlino e l'attuale residenza parigina. La scrittura è ancora più solida e riconoscibile, anche quando intercetta il classico fingerpicking in "Red Fresco" o lo scintillante virtuosismo di "City Birds".

Lo spirito solitario del musicista francese ha un qualcosa di letterario oltre che di musicale. La misurata vitalità armonica di "Century Man" è simile alle pagine di un libro sfogliato dal vento al crepuscolo, un racconto che con esigue parole cattura l'ascoltatore. Quando il tono descrittivo si fa più intenso e ricco, Vignal esterna uno stile quasi pittorico-pastorale con le note che scivolano come olio sulla tela ("To Bid The Dog Goodbye"), lasciando perfino un lieve graffio d'autore nella vibrante esternazione folk-pop di "Summer Sigh", mentre lo scarno e indolente lirismo introspettivo di "Silence" si ammanta di riflessi di luce e bagliori improvvisi.

"Years In Marble" possiede sia il delicato bisbiglio dell'esordio "The Silver Veil" ("Heart Of The Lake") che le più articolate strutture del successivo "Oak Leaf" ("Coastal Town"). Tutto questo a beneficio di una scrittura sempre altera, che cagiona stupore soprattutto quando Vignal trascina una melodia apparentemente prevedibile in anfratti espressivi ricchi di dettagli e sorprese ("Silence").

Resta incomprensibile come la musica di Raoul Vignal sia ancora un piacere riservato ai soli fan del musicista. Sono in verità pochi i cantautori capaci di modellare la malinconia con uno stile così arioso, o disponibile a fraseggi ritmici e continui cambi armonici ("A River Runs Wild"). C'è, nelle canzoni del francese, un costante senso del movimento che permea le molteplici stratificazioni acoustic-folk delle composizioni. Sarà merito del vibrante fingerpicking alla Leo Lottke ("By A Thread") o del potente eppur garbato romanticismo che riesce a convincere perfino i detrattori del genere ("Moonlit Visit").

Un disco come "Years In Marble" ha tutte le peculiarità di un manufatto artistico fuori dal tempo, quasi alieno in un panorama di mediocri ed eccellenti imitatori che non hanno ancora trovato un proprio linguaggio. L'ennesimo trionfo creativo di Raoul Vignal.

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