David Bowie #2/3

Le poesie, le liriche del disco, sono bellissime, con versi stagliati nella disperazione come lo sono i cut ups di William Burroughs. Per esempio: “Che fantastico abisso di morte”; o “Non seppe mai che cosa lo colpì”; o: “Questo caos mi sta uccidendo”; o: “Le ruote girano e il ventesimo secolo sta morendo”; o: “Questo è ciò che avrei potuto essere”; o: “Non dire a Dio i tuoi piani, è tutto senza controllo”; o: “Ogni mossa è incerta”; o: “Non posso controllare il mio destino”; o: “Abbiamo avuto inizi così promettenti ma abbiamo vissuto vite insopportabili”; o la conclusione drammatica, forse (purtroppo) autobiografica: “Non c'è ritorno”. La sua abilità non gli viene dalla scuola ma dalle sue traumatiche esperienze di vita: da quando a dodici anni il fratello maggiore gli fece leggere Jack Kerouac e conoscere Neal Cassady, Bowie si è chiuso in se stesso e, ha fatto in un'intervista, si è sentito: “emarginato a causa dell'indifferenza dei genitori: questo mi ha fatto scatta...