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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

Massimo Zamboni - La mia patria attuale (2022)

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di Michele Brigante Sanseverino Esiste davvero l’Italia o è solamente una mera espressione geografica? Esistono davvero gli italiani? Ha senso cercare la nostra coscienza comune? Riusciremo a vedere oltre le lande desolate nelle quali senti solo urlare i cani? Riusciremo ad andare oltre questo sciagurato “mare nostrum” di delusioni brucianti e promesse mancate? Sapremo svincolarci e liberarci dal disordine, dal cinismo, dalla paura e dall’ignoranza che sembrano condannarci a restare, per sempre, proni e piegati, in balia dei peggiori governi e di una classe politica che è incapace di guardare con fiducia costruttiva al futuro, incapace di offrire prospettive alternative, incapace di uscire dai soliti schemi mentali e dai soliti luoghi comuni, ma si ostina a vivere nella menzogna di uno sterile, paranoico e frustrante eterno presente, pur di conservare i propri privilegi e la propria posizione? Vi sono abitudini e atteggiamenti che appaiono quasi impossibili da sradicare, eppure, cammin

Smashing Pumpkins

La band nasce a Chicago nel 1988 per la precisa volontà di Billy Corgan (1967). E' proprio Corgan, infatti, a reclutare uno a uno gli altri membri sulla base della propria personalissima visione del gruppo. Ecco dunque il chitarrista James Iha, aspetto asiatico e look androgino, la bassista Jimmy Chamberlin, icona del perfetto american boy. Discografia e Wikipedia

Storia della musica #6

Il folk rock  L’influenza delle “nuove” sonorità importate dall’Inghilterra durante la British Invasion non tarda a farsi sentire nella musica dei cugini americani: uno dei primi risultati è la nascita del folk-rock. Al centro del movimento musicale c’è di nuovo Bob Dylan: elettrificato su “Bringing It All Back Home” (1965) che perde in parte la matrice folk andando a spostare il proprio baricentro musicale verso il rhythm’n’blues, ( ma si trattava pur sempre di un rhythm’n’blues in cui la straordinaria verve lirica di Dylan predominava su di ogni altra cosa), coverizzato dai Byrds su un disco dello stesso anno in cui si possono ritrovare tutti gli elementi che diventeranno distintivi del genere: “Mr. Tambourine Man”(1965), farcito di trasposizioni in chiave elettrica e rock di molti dei pezzi folk di Dylan stesso, tra cui la stessa “Mr. Tambourine Man” e “All I Really Want To Do”. Ma se lo stile compositivo di quest’ultimo riecheggia in tutto il disco, anche nelle canzoni originali, a

Grace Cummings - Storm Queen (2022)

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 di Alberto Campo Australiana di Melbourne, Grace Cummings è attrice di teatro e cantautrice. In quest’ultima veste pubblica in questi giorni il proprio secondo album, che segue a poco più di due anni di distanza Refuge Cove, realizzato per l’indipendente locale Flightless, i cui titolari si convinsero a finanziarlo avendola ammirata destreggiarsi con “It’s All Over Now, Baby Blue” in un video domestico. Allude ora a Dylan un verso di “Raglan”, invece: “Sto qui a guardare il disco che gira, di nuovo Highway 61”. È una quieta ballata a tinte fosche nella quale si riverbera l’eco del folk irlandese che il padre ascoltava in casa: «Mi piace perché conduce a luoghi oscuri e drammatici», ha spiegato l’interessata. Altrove il tono è meno grave, ad esempio nell’essenziale “Two Little Birds” e in “Always New Days Always”, aggraziato madrigale in aperto contrasto con il precedente “Heaven”, incipit dell’opera dove l’accento blues stentoreo e arrochito della voce – affine a certe interpretazioni

Heroin - The Velvet Underground (1967)

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"Non c'è molto da dire. Non è possibile rimanere folgorati dal suono, delicato, ma primitivo, dalla tensione che si alza e abbassa in continuazione. E' un brano scioccante, di quelli che non lasciano indifferenti. Voglio dire, non esistevano molte canzoni degli anni sessanta che non avevi il coraggio di far ascoltare a tua madre. Heroin è una di queste. I Velvet Underground erano geni assoluti". Basterebbero queste parole di Nick Cave a fotografare Heroin . Aggiungiamo quelle di Lou Reed, che scrisse Heroin nel 1964, come provocazione e ribellione alla casa discografica per la quale lavorava come songwriter che gli aveva chiesto di scrivere dieci brani in stile: "Considero Heroin e le canzoni del primo album come una sorta di esorcismo". (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Tinariwen - Emmaar (2014)

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di Silvano Bottaro Dopo l'ennesimo ascolto di Emmaar, il parallelo con Tassili, ultimo lavoro uscito nel 2011, è inevitabile. Il gruppo maliano che ha fatto, e continua a far conoscere la cultura tuareg in giro per il mondo, con questo disco, non si discosta di molto dal suo predecessore. Due sono soprattutto gli elementi in comune: deserto e messaggio. Il primo è stato registrato nel deserto algerino, Emmar invece, in quello nord americano del Joshua tree. Il messaggio: la musica come strumento di ribellione. Il suono invece, pur restando nell'"area" del blues rurale, una delle massime espressioni della musica afro-americana, è leggermente più elettrico, a differenza di Tassili, più acustico. Titolari di un nuovo genere musicale chiamato Tishoumaren, ovvero la musica degli ishumar: ishumar, che significa disoccupato, si riferisce alla generazione di giovani esuli touareg che hanno abbandonato il loro territorio prostrati dalla siccità e dalla repressione del

Folk Show: Episode 94

Elvis Costello – The Boy Named If (2022)

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di Gianfranco Marmoro Quarantacinque anni di attività, più di trenta album pubblicati. Con un tale curriculum Elvis Costello è uno di quegli artisti che non devono più dimostrare nulla, soprattutto dopo aver riconquistato in parte l'ispirazione e l'agilità creativa degli esordi. Il recente processo di rinascita del musicista britannico ha trovato in verità sostegno nel passato: Elvis Costello è prima tornato sul luogo del delitto perfetto commesso con Burt Bacharach ("Look Now", 2018), e ha poi riattivato quella curiosità intellettuale che gli ha permesso di passare indenne il confine tra il secondo e il terzo millennio ("Hey Clockface", 2020). Con "The Boy Named If", il musicista londinese compie il passo più coraggioso e arduo, rielaborando la giovinezza e l'irruenza degli esordi, operazione concettualmente semplice ma non priva di ostacoli, portata a termine con il sostegno dei fidi Steve Nieve (tastiere), Pete Thomas (batteria) e Davey Fara

Small Faces

Assieme agli Who, gli Small Faces sono il gruppo mod per eccellenza, con rabbia e grinta in scena e beat "progressivo" in studio. Il gruppo si forma a Londra nel 1965. Steve Marriott (1947 - 1991) proviene dai Moments, ha già inciso alcuni singoli per la Decca (fra cui una cover di You Really Got Me) e ha partecipato al musical Oliver, nel 1963) Discografia e Wikipedia

Cat Power - Covers (2022)

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 di Francesco Luongo A 4 anni dal suo ultimo album in studio, Cat Power opta per un ritorno alle cover. La stessa scelta che la portò a sfornare i 2 precedenti lavori “The Covers Record” (Matador, 2000) e “Jukebox” (Matador, 2008). Chan Marshall in questo lavoro sceglie di reinterpretare 12 brani che tagliano trasversalmente varie epoche musicali e generi anche piuttosto lontani tra loro. Lo fa in maniera personale e varia ma mantenendo sempre una coerenza di stile, una classe riconoscibile. La prima parte del disco è quella più “moderna”, si apre con una Bad religion di Frank Ocean dai suoni eterei, poi c’è il pop raffinato di Lana del Rey e quello e dei Dead man’s bone. In mezzo a queste tracce Cat Power reinterpreta anche se stessa ed ecco che la sua “Hate” tratta da “The greatest” diventa “Unhated”, riaccendendo così una luce in fondo a quel tunnel. Pair Of Brown Eyes dei Pogues è un inno di voci che si mescolano solo all’organo, creando un atmosfera mistica, quasi una preghiera. D

Mohammed's radio - Warren Zevon (1970)

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Difficile spiegare a un adolescente di oggi che cos'era una radio libera, ma libera veramente. Si era in pochi, quasi sempre in un sottoscala o in una cantina. Due tavoli, un giradischi e un mangiacassette, un microfono e una luce che diventava rossa quando andavi in onda. Quella non mancava mai. Quella luce era la tua vita. Si accendeva, tu prendevi fiato e cominciavi a parlare, come non esistesse altro che lei, la radio, e te. E vedevi il mondo, là fuori, mai piccolo, mai così bello. Mohammed's radio è una bellissima canzone di Warren Zevon, dove la radio pirata di Mohhammed rappresenta l'unico sollievo per un gruppo di persone aggredite dai problemi della vita quotidiana. (M. Cotto - da Rock Therapy)

Van Morrison - A Night in San Francisco (1994)

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di Silvano Bottaro Venticinquesima pubblicazione discografica del nostro "The Man", A Night in San Francisco è un doppio album dal vivo registrato al Masonic Auditorium di San Francisco (California), il 18 dicembre 1993 e al The Mystic Theater di Petaluma (California), il 12 dicembre 1993. I due dischi contengono 22 brani (14 + 8) più un 23° aggiunto come bonus track: Cleaning Windows / The Street Only Knew Your Name , registrata il 17 dicembre 1993 sempre al Masonic Auditorium di San Francisco (California), nella ristampa in CD del 2008. A night in San Francisco è un piccolo gioiello. E' un piccolo gioiello perchè Van Morrison con questo disco raccoglie tutta la sua arte e la mette in scena con una energia, ed una creatività, che pochissimi altri artisti al giorno d'oggi sono in grado di esprimere. E lo fa in maniera tranquilla, senza troppe tecnologie e trucchi, solamente cantando alcune delle sue più belle canzoni ed un pugno di classici senza tempo del

Folk Show: Episode 93

Jake Xerxes Fussell - Good And Green Again (2022)

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 di Gianfranco Marmoro La musica americana ha smesso da tempo di guardare al futuro, gli ideali delle canzoni di protesta sono diventate fonti di riflessioni al pari della letteratura, perdendo parte di quella energia rivoluzionaria che ne aveva decretato la genesi. Mentre una generazione di musicisti guarda al passato con nostalgia, fanno categoria a sé quei narratori della cultura popolare più remota che, come novelli Alan Lomax, raccontano la vita moderna attraverso il passato, reinventandone la valenza politica e sociale. Giunto al quarto album, Jake Xerxes Fussell si conferma come l’archivista più lucido della musica folk/blues americana, erede di quel linguaggio musicale che Ry Cooder ha trasformato in arte. “Good And Green Again” è un altro straordinario racconto di vita reale, una raccolta di vecchie canzoni alle quali il musicista dona nuova vita, reinventandone la forza poetica, spesso accostando brani diversi ma dalla natura semantica affine. Uno stuolo di musicisti di prim’

Sly & the Family Stones

Originario di Dallas, Texas, trasferitosi con la famiglia in California durante gli anni '50, Sylvester Stewart (1944) studia teoria, composizione e tromba al Vallejo Junior College ottenendo un piccolo successo locale con Long Time Away, appena sedicenne. Col fratello Freddie (1946) forma gli Stewart Brothers. Discografia e Wikipedia

PFM - Live In Japan 2002 (2002)

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Le storie musicali dedicate al Giappone, che dopo le Olimpiadi in questi giorni ospita le Paraolimpiadi, la voglio finire raccontandovi dell’amore del pubblico giapponese per la musica progressive: esistono ancora oggi centinaia di fan club dei mitici gruppi del Progressive europeo, e un numero incredibile riguardano le band del progressive italiano. Vuoi per la magnificenza sonora, vuoi per i richiami alla musica classica, amatissima dai nipponici (sebbene lontanissima dal loro culturale musicale autoctono), ogni gruppo deve tantissimo come seguito e vendite al mercato giapponese, per il quale sono uscite edizioni speciali, cofanetti unici e soprattutto tour seguitissimi. Il disco di oggi celebra e illustra come a distanza di decenni dal periodo d’oro del prog le band siano ancora seguitissime. La Premiata Forneria Marconi è stata uno dei gruppi principi non solo della musica progressive italiana, ma mondiale: lo dimostrano il fatto che sia stata l’unica in classifica sia in Gran Bre

Punk e vita

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"Ho incontrato gente a cui il punk ha cambiato il modo di vivere. Mi sento come se avessi letteralmente incontrato ognuno di loro! Ed è la stessa storia anche per tutti loro: abbiamo cambiato il loro modo di pensare e influenzato le decisioni che hanno preso nella vita. Non è stata una faccenda di massa, la folla che assalta il palazzo. Piuttosto, un sacco di individui che hanno afferrato qualcuna delle cose che stavamo strombazzando. Coi Clash è stato come scendere agli inferi e ritornare. Non puoi immaginare cosa abbiamo passato per fare i dischi che abbiamo fatto. Abbiamo dato il 110 per cento, ogni giorno. Ma quando incontri questa gente, persone che ti dicono che hai avuto qualche effetto sulla loro vita, allora senti che ne valeva assolutamente la pena."  (Joe Strummer)

King Crimson - In The Court Of The Crimson King (1969)

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di Silvano Bottaro Probabilmente il solo album "progressive" in grado di entusiasmare anche i detrattori più feroci del genere, e capitolo di spicco di una discografia mediamente buona, In The Court Of The Crimson King segna l'esordio dei King Crimson, creatura del geniale chitarrista inglese Robert Fripp. Con lui, in questa prima di molte incarnazioni, Ian McDonald ai sassofoni e alle tastiere, Michael Giles alla batteria e il paroliere Peter Sinfield, oltre a Greg Lake (basso e voce), che di lì a poco si unirà in trio con Keith Emerson e Carl Palmer. Non sono proprio dei debuttanti, questi musicisti facenti parte dei King Crimson che, partendo alla grande, entrano in studio e superata una falsa partenza (cambiano produttore) in soli otto giorni registrano un album che trasporta tutti - ascoltatori e musicisti - in una dimensione nuova, forse quella del nuovo decennio in arrivo. Cinque le tracce, tutte a loro modo capolavori: a partire da 21st Century Schizoid Ma

Folk Show: Episode 92

Sigur Rós - Ágætis byrjun (1999)

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Il post rock ha avuto un ruolo particolare nella storia della musica degli ultimi 25 anni. Mi basta ricordare qualche avventura in breve: quella di Jim O’Rourke, ex Sonic Youth, e dei suoi esperimenti con i Gastr De Sol; il grande David Pajo, che dopo la fine dei leggendari Slint ha continuato a costruire il genere con i Tortoise (Millions Now Living Will Never Die del 1996 è considerato un capisaldo del genere), con gli Zwan e anche come solista con il curioso nome di Aerial M; alcuni gruppi fenomenali, come gli scozzesi Mogwai, dal suono portentoso, l’ensemble dei Godspeed You! Black Emperor (dai componenti vari, che prendono il loro suggestivo nome da un documentario giapponese in bianco e nero del 1976 diretto da Mitsuo Yanagimachi, che tratta la vita di una biker gang giapponese, i Black Emperors) oppure gli americani Explosions In The Sky, dal successo elevatissimo e dal suono più “rock”, caratteristica che gli ha permesso un successo più ampio e trasversale. Ma voglio chiudere

The Sisters of Mercy

Gruppo storico della corrente dark inglese, i Sisters of Mercy nascono nel 1980 a Leeds per opera di Andrew Eldrich, rimasto negli anni unico portavoce del complesso. Il primo nucleo è formato da Eldritch e Gary Marx (vero nome Mark), con una batteria elettronica soprannominata Doctor Avalanche. Discografia e Wikipedia

Aerosmith - Rocks (1976)

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Il primo nucleo di una delle più grandi band del rock americano nasce nei dintorni di Boston nel 1970, composto inizialmente da Steven Tyler (vero nome Steven Victor Tallarico) insieme a Joe Perry e Tom Hamilton, dopo alcune esperienze in gruppi diversi (Tyler dette la sua voce per due singoli qualche anno prima, When I Needed You dei Chain Reaction e You Should Have Been Here Yesterday con William Proud And The Strangeurs). In un secondo momento si aggregano al gruppo Joey Kramer e Ray Tabano, amico d’infanzia di Tyler, che si inventò il logo della band, dopo che Kramer raccontò questa storia: al liceo dopo aver letto Arrowsmith di Sinclair Lewis iniziò a immaginare i nomi migliori per una band contenenti la parola “smith” e gli piacque molto il suono Aerosmith, che non significa nulla, ma fa molto figo. Clive Davis li vede suonare al Max’s Kansas City di New York e li propone alla Columbia Records. Nel frattempo Tabano lascia e la formazione acquista la sua forma classica: Tyler

Alessandro Carrera: "la voce di Bob Dylan" (Feltrinelli)

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Sintetizzare o commentare un libro ciclopico è un esercizio vano, poiché un post altrettanto ciclopico non servirebbe a nulla e certo non potrebbe sostituire la lettura di questo tomo fondamentale per la comprensione di un monumento vivente della storia della musica quale è Bob Dylan. E allora, cercando di essere parchi e misurati, vi dirò che, se non leggerete questo libro, difficilmente potrete avere la misura esatta della complessità del menestrello di Duluth. Del resto il suo autore, Alessandro Carrera non è nuovo a simili imprese: vale la pena ricordare le traduzioni di tutti i testi di Bob Dylan in più volumi, editi qualche anno fa sempre per Feltrinelli. Bastava leggere quei volumi di testi, ma soprattutto le note (che occupano ben più dei testi stessi della canzoni), per rendersi conto che ogni parola scritta da Mr. Zimmerman è una piccola monade, in un universo di riferimenti di estrema complessità. Questo libro non fa che confermare quei riferimenti con l'aggiunta che si

Folk Show: Episode 91

Cowboy Junkies - The Trinity Session (1988)

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La serie di storie di musica che si inaugura oggi, giorno di Pasqua (Auguri!) seguiranno un percorso particolare: ho scelto delle storie di dischi caratterizzate dal modo unico, economico e a volte totalmente improvvisato con cui vennero registrati. Il primo ci porta al 27 Novembre del 1987, dove in una chiesta di Toronto, la Santa Trinità, un gruppo sta iniziando a suonare, usando solo un microfono. Questo gruppo ha le sue origini una decina di anni prima, quando Michael Timmins e Alan Anton formano un duo, gli Hunger Project, e partono per la Gran Bretagna, dove si uniscono ad un gruppo rock sperimentale, i Germinal. Tornati in Canada, Timmins chiama ad unirsi alle sue imprese musicali la sorella Margot e il fratello minore Peter, e formano un gruppo, a cui danno il nome strano di Cowboy Junkies. Inizia qui, siamo a metà anni ‘80, la parabola di uno dei gruppi alternativi più talentuosi della sua generazione, sia per le scelte stilistiche che per canzoni da interpretare. Il primo dis

Elliott Smith

Nato a Omaha, Nebraska, Elliott Smith (1969 - 2003) comincia a fare musica nella band di rock alternativo Heatmiser che però conclude ben presto la propria esperienza dopo una manciata di album. Dal 1996 comincia a comporre le proprie canzoni e a esibirsi in pubblico in scarni set acustici. Dai toni intimistici, lo-fi e depressi, Smith ben incarna la figura del loser e dell'appartenente e quella Generazione X cantata da Kurt Cobain. Discografia e Wikipedia

E T I C H E T T E

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