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Visualizzazione dei post da dicembre, 2018

Top Ten 2018 #1

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Jonathan Wilson - Rare Birds

Duke Ellington

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Duke Ellington, Paris, 1958. Herman Leonard. Gelatin silver

Top Ten 2018 #2

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Femi Kuti - One people, one world

Top Ten 2018 #3

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Sidi Tourè - Toubalbero

Blind Melon - Three Is a Magic Number

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Top Ten 2018 #4

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Nathaniel Rateliff e The Night Sweats – Tearing At The Seams

Top Ten 2018 #5

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Bombino - Deran

Classifica 2018

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1) Jonathan Wilson - Rare Birds - Leggi 2) Femi Kuti - One people, one world - Leggi 3) Sidi Tourè - Toubalbero - Leggi 4) Nathaniel Rateliff e The Night Sweats – Tearing At The Seams - Leggi 5) Bombino - Deran - Leggi 6) Marianne Faithfull – Negative Capability - Leggi 7) Ben Howard – Noonday Dream - Leggi 8) Glen Hansard - Between Two Shores - Leggi 9) Alejandro Escovedo – The Crossing - Leggi 10) John Mellencamp – Other People’s Stuff - Leggi 11) Van Morrison – The Prophet Speaks - Leggi 12) Dave Matthews Band – Come Tomorrow - Leggi 13) Maisha – There Is A Place - Leggi 14) Van Morrison And Joey Defrancesco – You’re Driving Me Crazy -  Leggi 15) Elvis Costello and The Imposters – Look Now - Leggi 16) Rosanne Cash – She Remembers Everything - Leggi 17) Ry Cooder - The Prodigal Son - Leggi 18) Ovlov – Tru - Leggi 19) Tom Rush – Voices - Leggi 20) John Prine – The Tree Of Forgiveness -  Leggi 21) Old Crow Medicine Show – Volunteer - Leggi 22) Lanco – Hallelujah Ni

Top Ten 2018 #6

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Marianne Faithfull – Negative Capability

Top Ten 2018 #7

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Ben Howard – Noonday Dream

David Bowie - Aladdin Sane (1973)

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La foto sulla copertina dell'album "Aladdin Sane" del cantautore britannico David Bowie pubblicato il 13 aprile del 1973, è opera del fotografo inglese Brian Duffy, uno dei 100 fotografi professionisti più influenti di tutti i tempi, con la collaborazione del make-up artist Pierre Laroche. La foto fu scattata a gennaio del 1973 ed è la più celebre immagine di Bowie nella quale venne ritratto in un primo piano a torso nudo, con una strana goccia poggiata sulla scapola sinistra, i capelli rossi, gli occhi socchiusi e sul viso disegnato l'iconico fulmine rosso e blu. Il manager dell'artista, Tony Defries, talmente soddisfatto del risultato, decise di rendere ancora più brillanti i colori insistendo con la RCA di riprodurre la copertina con un inedito sistema a sette colori che richiedeva l’intervento di una tipografia di Zurigo. In Italia, al fine di anticipare al massimo l'uscita dell'album la RCA decise di distribuire la prima tiratura con una copertin

Top Ten 2018 #8

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Glen Hansard - Between Two Shores

Top Ten 2018 #9

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Alejandro Escovedo – The Crossing

John Mellencamp – Other People’s Stuff (2018)

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di Fabio Cerbone  John Mellencamp alle prese con il canone americano, questo potrebbe essere il sunto di Other People's Stuff. Il canone è quello delle radici folk e blues, l'anima della tradizione che soffia da sempre sulle stesse ballate di John e su un percorso artistico che, soprattutto in anni recenti, si è fatto più convintamente fedele a quello che Mellencamp stesso chiama "The Great American Songbook", un filo rosso che da Woody Guthrie e passando per Dylan e Springsteen arriva a bussare alla sua porta. Peccato però che non si tratti affatto di una novità discografica, semmai di una provvisoria, superflua raccolta di cover che pesca fra materiale già edito (e ben noto ai suoi estimatori), rarità sparse (ma non indispensabili) negli anni, fra tributi e documentari, e una sola vera registrazione inedita, la riproposizione di quella Eyes on the Prize che fece bella mostra nel 2010 alla Casa Bianca, durante le celebrazioni per il movimento dei Diritti Civili.

Top Ten 2018 #10

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John Mellencamp – Other People’s Stuff

Al Kooper

Eclettico e influente musicista, soprattutto lungo tutti i '60. Al Kooper (1944) inizia appena tredicenne come membro dei Royal Teens, la cui Short Short arriva nei Top 10 USA. Lasciato il gruppo si fa notare come sessionman, tecnico del suono e autore. Nel 1965 la sua This Diamond Ring, affidata a Gary Lewis & The Palyboys giunge fino al primo posto e grande successo. Discografia e Wikipedia

Van Morrison – The Prophet Speaks (2018)

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di Paolo Panzeri Van Morrison non molla di un centimetro e non si ferma più. Solo sei mesi fa aveva pubblicato “You’re Driving Me Crazy”, con il supporto dell’organista jazz Joey De Francesco. Sei mesi fa, però, erano sei mesi fa, era il passato. Ora, prima della fine dell’anno, è in arrivo il suo secondo disco del 2018, “The Prophet Speaks”. Due sono anche gli album che aveva pubblicato nel 2017. Uno ne uscì nel 2016 e un altro ancora nel 2015. Non sappiamo cosa sia scattato nel cuore e nella testa del leone di Belfast – se poi è scattato qualcosa - da portarlo a tenere questo notevole ritmo di pubblicazione. Ad onor del vero, Van è sempre stato musicista prolifico e la sua discografia lo testimonia. Vero anche che questi suoi ultimi album non sono composti interamente da brani inediti, bensì, in buona parte, dalle sue versioni di canzoni scritte e interpretate in precedenza da altri. Una formula che oltre a ridurre l’impegno di scrivere e proporre nuovi brani possiede il pregio d

L'uomo che ha fatto conoscere il blues al mondo: Alan Lomax

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Durante un’esibizione in Virginia del 1997, Bob Dylan rese omaggio a un uomo presente fra il pubblico, praticamente sconosciuto al resto degli astanti: "C’è un distinto gentiluomo qui, fra voi… voglio presentarvelo, si chiama Alan Lomax. Non so quanti di voi abbiano sentito parlare di lui. È qui, ha fatto un viaggio per venirmi a trovare. Ci frequentavamo anni fa. Ho imparato molto, allora, e Alan… è stato uno di quelli che ha rivelato i segreti di questo genere di musica. Perciò, se c’è qualcuno che dobbiamo ringraziare, è lui. Grazie, Alan." Il “genere di musica” di cui parlava Bob Dylan—il cui idolo Woody Guthrie divenne celebre proprio grazie a Lomax—è, in senso ampio, il “folk” americano. E senza Alan Lomax, secondo l’opinione di Brian Eno, “è probabile che non ci sarebbero stati l’esplosione del blues e dell’R&B, né i Beatles né gli Stones né i Velvet Underground” di Lou Reed, Nico e Warhol. Un’opinione sensata: Lomax è stato uno dei più grandi etnomusicolo

Arthur “Art” Blakey

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Francis Wolff Art Blakey’s A Night In Tunisia session, August 7, 1960. Arthur “Art” Blakey (October 11, 1919 – October 16, 1990) Gelatin silver print

Sonny Rollins - Saxophone Colossus (1956)

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Max Gordon, il leggendario proprietario del Village Vanguard, uno dei jazz club più famosi del mondo, ne ha visti passare di giganti del jazz. E di Sonny Rollins scrisse: “i critici e gli appassionati hanno pareri molto discordi sulla bravura di alcuni musicisti jazz, ma non su Sonny Rollins. Lui è il più grande, il più grande sax tenore della sua generazione”. In effetti siamo di fronte ad una delle parabole artistiche più luminose della storia del jazz, e di uno degli ultimi giganti ancora viventi.  Theodor Walter Rollins nasce a New York nel 1930, da una famiglia di origini caraibiche. Si appassiona subito al sassofono, e la sua adolescenza si forma con i più grandi maestri, negli anni del Bop. Fa una gavetta, per ogni appassionato un percorso dei sogni, con divinità come Miles Davis, Thelonious Monk, Bud Powell, Max Roach… persino Charlie Parker. Inizia a suonare il sax imitando altri giganti, soprattutto Parker e Dexter Gordon. Con The Bird suona il sax tenore, pur di accomp

Dead Eyes - Adia Victoria

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di Claudio Todesco Beyond the Bloodhounds -  Adia Victoria Disco che gira attorno al concetto d’identità. Adia Victoria è una figlia del Sud. Ora vive a Nashville, ma mamma (di Philadelphia) e papà (di Trinidad) l’hanno cresciuta in South Carolina secondo i precetti della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno col risultato che ora lei canta cose tipo: «I don’t know nothing about Southern belles, but I can tell you something about Southern hell». Qualcuno ha descritto la sua musica come blues gotico, Vogue l’ha inclusa fra le «bellezze che rispondono al grido di battaglia dell’afropunk», qualunque cosa significhi. Ama leggere Flannery O’Connor e Toni Morrison e intanto prende il rock-blues e lo sovverte con energia da garage rocker per scrivere canzoni in cui dice addio alla confusione dei suoi vent’anni. Usa fraseggi originali per cantare di crisi esistenziali e amori conflittuali, raccontare cosa si prova a sentirsi intrappolata, fare l’elenco delle cose che la madre

Mark Knopfler - Privateering (2012)

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L'immagine sulla copertina del settimo album del chitarrista britannico Mark Knopfler dal titolo "Privateering" pubblicato nel 2012, è opera del fotografo Johnnie Pilkington. La foto ritrae un furgone malconcio in mezzo a vecchi pneumatici e un cane randagio in cerca di cibo sotto un cielo cupo. La scelta di questa immagine ha una valenza molto autobiografica per l'artista dovuta al fatto che agli inizi della carriera chi avesse un furgoncino aveva maggiori possibilità di entrare a far parte di un gruppo musicale. Questo mezzo è stato un vero e proprio elemento essenziale nella formazione musicale dello stesso Knoplfer e per questo i veicoli della band hanno avuto sempre un posto speciale nel suo cuore.

Josephine Foster – Faithful Fairy Harmony (2018)

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di Fabrizio Zampighi Josephine Foster è probabilmente una delle musiciste folk più virtuose che si possano ascoltare oggi, per lo meno dal punto di vista vocale. Un timbro unico il suo (certi acuti ci fanno addirittura venire in mente le frequenze che raggiunge uno strumento come il theremin), che ha consentito alla musicista, negli anni, di frequentare affascinanti anticaglie gitane e andaluse o magari la tradizione di Nashville, componimenti poetici rubati alla letteratura e pre-war folk. Una voce che si comporta un po’ come un antiquario appassionato e competente, colto a rimettere a nuovo il materiale su cui opera grazie a una grande eleganza frutto del mestiere e a quelle inflorescenze così vecchio stile ma al tempo stesso personalissime del cantato. La raccolta di«preghiere rituali, lamenti blues, inni vestali e gioiose benedizioni» Faithful Fairy Harmony, in questo senso, non fa eccezione. Anzi, è uno dei dischi-manifesto più eloquenti dello stile di Foster, sviluppato i

The Kinks

I Kinks si formano nel 1963 a Muswell Hill sobborgo settentrionale di Londra. I fratelli Davies, Raymond Douglas (1944) e Dave (1947) e il bassista Peter Quaife (1943) hanno suonato al principio dei '60 in piccoli gruppi locali quali i Ramrods e i Ravens e accompagnato il cantante Robert Wace che diventerà poi loro manager. Discografia e Wikipedia

Paolo Conte, guida per principianti

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Paolo Conte è uno dei cantautori più originali del panorama italiano, e pur non avendo mai raggiunto le vette di notorietà e successo di altri artisti nel nostro paese—a causa del genere che ha sviluppato, il jazz, e della complessità dei suoi testi—rimane uno dei musicisti italiani più apprezzati all’estero. La vita Paolo Conte nasce ad Asti, nel 1937, da Luigi, un notaio con una grande passione per la musica e Carlotta. Durante il periodo del fascismo il padre, nonostante le severe restrizioni del regime nell’importazione di prodotti culturali di origine americana, acquista una serie di dischi jazz provenienti dagli Stati Uniti, e influenza così i gusti musicali del figlio, che nel frattempo sta apprendendo i rudimenti del pianoforte. L’infanzia dell’artista, quindi, è segnata da questo grande ascendente musicale paterno e dal mito dell’epoca d’oro del jazz statunitense. Subito dopo essersi laureato in giurisprudenza, Conte entra come assistente nello studio del padre, m

Elton John - Goodbye Yellow Brick Road (1973)

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Reginald Dwight forse non vi dirà nulla, ma è il vero nome di uno dei più grandi artisti della musica di sempre. Lo cambierà quando, giovanissimo, si unì ad un gruppo, i Bluesology, che accompagnavano in Inghilterra i grandi artisti del blues e del jazz americani. Reginald cambia il suo nome di in Elton John in omaggio a Elton Dean, grande sassofonista britannico, e Long John Baldry, uno dei padri del british blues. Inizia così una carriera cinquantennale, che sta per concludersi con un farewell tour in corso. Eppure gli inizi sono tutt'altro che folgoranti, dato che viene ingaggiato per la Dick James Music, notissima casa editrice musicale londinese, a dieci sterline a settimana, scrivendo piccole hit, jingle, anche successi di classifica. Lì incontra Bernie Taupin, paroliere raffinato, delicato e sensibile. Inizia così un duo tra i più grandi e prolifici di sempre. C’è voglia di provarci, ma Empy Sky (1969), prodotto dalla DJM (che manterrà parte dei diritti fino al 1975, face

Jerry Lee Lewis

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Roadkill Ghost Choir - Beggars' Guild

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Edoardo Bennato - Sono Solo Canzonette (1980)

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Nell’ultimo post di questa rubrica, ho indicato Ivan Graziani e il protagonista di oggi come i due simboli della rinascita del rock italiano negli anni’70. Con una sostanziale differenza: Edoardo Bennato a cavallo dei due decenni ‘70-’80 diventerà uno dei cantanti più famosi e di successo della musica del nostro paese. Nato a Napoli nel 1949, giovanissimo inizia ad amare il rock americano portato in città dai militari americani. Con i due fratelli, Eugenio (che diventerà colonna portante della Nuova Compagnia Di Canto Popolare e poi maestro della musica folk tradizionale) e Giorgio, si esibisce nel locali a nome Trio Bennato. Dopo il diploma al liceo artistico, va a Milano per studiare architettura. Incide un 45 giri, Le Ombre, ma quelli sono anni di gavetta, passati anche a suonare da busker con chitarra, armonica, kazoo nelle metropolitane di mezza Europa. Incide brani per Bruno Lauzi, Formula 3 e la Numero Uno, l’etichetta di Mogol e Battisti gli fa incidere un disco nel 1973, N

The National - Boxer (2007)

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Il giorno del matrimonio di Peter Katis era chiaro che tutti i membri della band statunitense "The National" erano tra gli invitati, essendo lui produttore della band stessa oltre che amico di lunga data. L'immagine utilizzata a rappresentare la copertina dell'album "Boxer" uscito sul mercato il 22 maggio 2007, fu una foto scattata proprio durante quel giorno mentre la band eseguiva il brano "The Geese of Beverly Road " presente nel loro precedente lavoro dal titolo "Alligator" del 2005.

King Crimson

Le origini dei King Crimson, formazione principe del rock progressivo britannico, sono quantomai precise. Si conosce infatti la data esatta, annotata da Robert Fripp (1946) chitarrista, fondatore, mente e anima della formazione: 13 gennaio 1969. Discografia e Wikipedia

Jimi Hendrix - Jimi Plays Monterey (1986)

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Da pochi giorni a Genova si è aperta una mostra evento su Niccolò Paganini, dal titolo Paganini Rockstar. Il mago del violino infatti, cito dalla locandina della mostra “è stato una vera e propria rockstar, in tempi in cui il rock neppure esisteva. È il musicista del passato che più di tutti si può accostare, senza esitazioni, alle stelle del rock della nostra epoca: Jimi Hendrix, fra tutte. C’è un prima e dopo Hendrix nella storia della chitarra, e c’è stato un prima e un dopo Paganini nella storia del violino: il rapporto con lo strumento, il virtuosismo, le spettacolari performances in pubblico, i concerti affollati, sono solo alcune delle affinità tra i due, che in tempi diversi e con la stessa straordinaria potenza hanno rivoluzionato la musica”. Il paragone non è affatto ardito, perchè se c’è una costante nelle opinabili classifiche sul Rock è che Jimi Hendrix è stato il più grande chitarrista di tutti i tempi.  Jimi Hendrix arriva al successo non più giovanissimo, dopo un

Jaco Pastorius, il musicista che ha cambiato il modo di suonare il basso

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"Mi chiamo John Francis Anthony Pastorius III e sono il più grande bassista del mondo." Così si era presentato a Joe Zawinul, per convincerlo a prenderlo nella sua band. Non è difficile ammettere che quel ragazzo, sicuramente arrogante e sicuro di sé, avesse un po’ di ragione. Jaco” ha rivoluzionato il modo di suonare il basso. Così come Jimi Hendrix ha fatto con la chitarra. Lo stesso Zawinul avrebbe poi dichiarato: "C’era della magia in lui, lo stesso tipo di magia che c’era in Jimi… Cominciammo a fare il tutto esaurito nelle grandi sale da concerto, ovunque andassimo." La musica: un vizio di famiglia Nato nel 1951 a Norristwon, una piccola città in Pennsylvania, Jaco viene da una famiglia di musicisti. Il nonno e il padre sono due batteristi. Quest’ultimo porta spesso i figli a sentirlo suonare nei locali. Incoraggiandoli anche a salire sul palco. Jaco lo fa volentieri. Quando i genitori si separano, rimane legato al padre, sia da un punto di vi

Rosanne Cash – She Remembers Everything (2018)

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di Fabio Cerbone Per un'autrice e interprete che aveva iniziato la sua carriera all'ombra della grande tradizione di famiglia - spesso ingombrante, quando non insostenibile - Rosanne Cash ha compiuto una maturazione artistica a suo modo imprevedibile. Il ritorno sulle scene negli anni Duemila, con una serie di album dal carattere più riflessivo rispetto agli esordi da stellina neo-country, le ha offerto la possibilità di trasformarsi in una voce adulta dell'Americana, una sorta di madrina che potesse portare la fiaccola per l'intero movimento. Non è un caso che sia stata onorata con premi prestigiosi (e simbolici), buon ultimo il cosiddetto "Spirit of Americana" Free Speech Award, che il circuito di Nashville le ha attribuito per il suo attivismo civile e politico, tra cui l'impegno contro il proliferare delle armi da fuoco e le campagne a favore della comunità dei musicisti nei confronti dei nuovi colossi dello streaming digitale (Spotify e simili).

Roberta Flack

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Anthony Barboza - Roberta Flack, singer, for Essence Magazine, 1970’s Gelatin silver print.

David Crosby – Here If You Listen (2018)

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di Massimo Perolini L’uomo dalle mille contraddizioni, dalle mille collaborazioni (con Stills, Nash, Young, in duo, trio e quartetto, con Pevar e Raymond, che era poi suo figlio naturale ritrovato), uno degli uomini dietro all’epopea Byrds. L’artista che nel 1971, immerso nei fumi e nei suoni lisergici, scaturiti da un’estate magnifica ma già dimenticata, ne chiamava a raccolta i protagonisti per cercare di capire come si chiamasse, torna con un lavoro ancora una volta intitolato come se fosse la parte di un discorso a tu per tu con l’ascoltatore: “Here If You Listen”, “sono qui, se mi ascolti”. Un discorso iniziato, appunto, quarantasette anni prima con “If I Could Only Remember My Name…”, recuperato a distanza di diciotto anni, dopo essersi ritrovato (“Oh Yes I Can”, 1989), ripreso dopo aver percorso mille strade (“Thousand Roads”, 1993) e recuperato in tempi recenti, dopo aver riaffermato la propria identità (“Croz”, 2014), la propria centralità nel panorama westcoastiano (“Lig

E T I C H E T T E

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