John Cale – Mercy (2023)

di Antonio Pancamo Puglia “Io una leggenda vivente? È come una saponetta in una doccia senz’acqua: non serve proprio a niente. Fare la leggenda vivente è un modo precario di guadagnarsi la vita. È una fuga davanti alle responsabilità”. Ci eravamo lasciati con queste parole undici anni fa, in un’intervista concessa allo scrivente (e pubblicata sul mensile JAM, ottobre 2012) in promozione di Shifty Adventures in Nookie Wood, allora suo ultimo capitolo in studio prima di questo Mercy (se si eccettua M:FANS, del 2016, rework radicale del classic album Music For a New Society). Pur avendone i titoli, al sig. John Cale, classe 1942 e un discreto curriculum alle spalle, non è mai interessato davvero vivere di gloria riflessa. Se c’è un minimo comune denominatore in una carriera che ha attraversato sessant’anni di rock e dintorni, è l’aver tenuto fede, sempre, all’imperativo categorico impostosi sin dagli inizi: provare, riprovare, sovvertire, utilizzare i linguaggi musicali sottomano alla cos