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99 Posse

Assieme ai romani Assalti Frontali, la 99 Posse è stata la principale protagonista di quel breve ma intenso periodo storico-sociale conosciuto come "la stagione delle posse". Il gruppo si forma a Napoli nell'autunno del 1991, come espressione diretta del centro sociale autogestito Officina 99 (aperto pochi mesi prima, il 10 maggio). Discografia e Wikipedia

Me and Bobby McGee - Janis Joplin (1971)

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Che strana, la vita. La piu grande cantante rock dei suoi anni, e per me una delle più grandi di sempre, che raggiunge una sola volta il primo posto delle classifiche dei singoli, e solo dopo morta. Non solo: lo fa con una canzone molto bella, ma molto country (genere con il quale Janis aveva avuto a che fare in gioventù, ma che non aveva mai cantato) di Kris Kristofferson, ottimo artista, autore e attore. In realtà, la versione di Janis è country solo nella base e nella strumentazione ma non nell'attitudine, perché Janis arricchisce il viaggio dell'io narrante con nuances rock e un incredibile pathos che allontana Me and Bobby McGee dall'oleografia quasi nashvilliana dell'originale. La storia è bellissima: L'io narrante rievoca un viaggio in autostop con Bobby (che nella versione di Kristofferson era una donna), con lui che canta il suo blues, lei che suona l'armonica e il tergicristallo che scandisce il tempo. E un viaggio dove i protagonisti non hanno niente ...

Bon Iver – Sable, Fable (2025)

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di Chiara Crisci  Che colori insoliti hanno questi Bon Iver!? In quale inedita stagione della vita ci trasportano? Justin Vernon parla di “SABLE, fABLE” come di un momento di svolta, della fine di un capitolo della mitologia dei Bon Iver e dell’inizio di un altro, il prossimo, forse l’ultimo. Questi nuovi Bon Iver, in effetti, sanno del tenue tepore in una mattina assolata di Aprile, il mese di uscita del loro quinto album in studio, edito da Jagjaguwar e coprodotto da Vernon e Jim-E Stack, che giunge dopo un silenzio discografico di 6 anni. E “SABLE, fABLE” è, in effetti, un disco strano, complesso e composito, difficile da inquadrare e descrivere, simbolico e quasi “fonosimbolico” in ogni dettagliatissima scelta artistica ed estetica, diviso tra polarità e dicotomie, ombre e luci, colori e suoni che tracciano un processo di espiazione e elevazione fino al nirvana, all’estasi, lasciando il peso sulla strada per abbandonarsi alla leggerezza. Tutto è costruito sulla dualità di tonal...

Generazioni

(…) Quel giorno, vicino a me, era seduto un ragazzo che poteva essere mio figlio, un ventenne all’incirca, forse più giovane ancora. Aveva delle cuffiette e ascoltava musica a un volume spasmodico, al punto che udivo distintamente la sua musica anch’io. (…) Stava ascoltando London Calling dei Clash il mio album preferito. La grande musica è tale perché non ci stanchiamo mai di ascoltarla, non ha etichetta, è eterna, inossidabile, galleggia (anzi naviga!) sulla miseria dei tempi, vi resiste incondizionatamente. (…) Potete immaginare che emozione sentirlo riemergere dall’MP3 di un ragazzo che nel 1979 non era ancora nato. In casi come questi pensi che il tempo non si fermi soltanto per la musica, ma si fermi anche per te e ti consenta di fluttuare sugli istanti come sospeso, stabilendo così una sorta di fratellanza universale tra gli uomini, al di là delle singole età anagrafiche. «London Calling!» dico al ragazzo sorridendo. «Cosa dice?» urla senza nemmeno togliere le cuffiette....

The Cure – Disintegration (1989)

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di Silvano Bottaro Non riesco ad immaginare quanto sarebbe vuota la mia vita senza i miei dischi, soprattutto certi dischi, a cui sono particolarmente affezionato. Raramente ho avuto dei “colpi di fulmine” ed ho imparato a conoscere le opere molto lentamente, anche dopo mesi di ascolti. Con Disentegration è stato diverso, mi è piaciuto sin dal primo ascolto. A mio parere è di molti, questo è il miglior album dei Cure, per alcuni, di ogni tempo. Con ogni probabilità lo si può inserire nella miglior trilogia insieme a Pornography (1982) e Bloodflowers (2000). Ancora una volta Robert Smith e la sua band riescono a sorprendere. Disintegration è un’opera decadente, un manifesto dark, un disco che se lo avesse inciso Baudelaire lo avrebbe chiamato “I fiori del male”. I dodici brani di Disintegration producono 71 minuti di suoni ammalianti, carichi di forti sentimenti, con un sound inquietante, triste, a volte spettrale. Sembra proprio che questo sia l’ultimo disco di Smith, come s...

Keith Jarrett

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"E' diventato uno dei più coerenti sostenitori del suono pulito e naturale. Ha studiato a fondo la tradizione del piano jazz per rinnovarla; è diventato con il tempo concertista ricercato, vero e proprio oggetto di culto".   M.  Donà Jarrett è un pianista impeccabile, vero teorico del tocco e del suono. Nel jazz vero e proprio ha lavorato in periodi diversi, negli anni settanta con il quartetto americano con D. Redman , C. Haden e P. Motian , poi con Jan Garbarek , e dal 1983 nello splendido trio con G. Peacock e J. Dejohnette , ancora oggi in attività. Ma la leggenda di Jarrett è cresciuta soprattutto per la sua attività solista, dove il jazz è solo una parte del tutto. L'inizio è con ' Facing You ', del 1972, da allora in poi realizza dischi e concerti in perfetta solitudine, nei quali alterna composizioni, riletture e fantastiche improvvisazioni, in una "formula" che ha convinto e coinvolto un pubblico forte e appassionato, spe...

Steven Wilson ‎– The Overview (2025)

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 di L'Azzeccagarbugli  The Overview è un’opera epica e concettuale di due tracce, in cui porto l’ascoltatore in un viaggio kubrickiano nell’oscurità dello spazio esterno mostrando l’umanità per ciò che realmente è – piccola, insignificante, resa minuscola da distanze cosmiche di miliardi di anni luce” Con queste parole Steven Wilson introduce il suo ottavo album solista che si incentra interamente su quelle che sono le “impressioni” di un uomo, un astronauta o chicchessia che osserva la Terra dallo spazio e ne comprende la finitezza, così come i limiti della stessa umanità. E se ho deciso di aprire questo articolo citando apertamente l’aspetto concettuale di questo album del deus ex machina dei Porcupine Tree, del disco del suo “ritorno al prog” dopo due album sperimentali, di art pop/rock tanto coraggiosi quanto poco riusciti per chi scrive, è perché il tema dell’album è di cruciale importanza per la comprensione dell’opera nel suo complesso. Le due componenti, liriche e musi...

Nomadi

Più di quarant'anni di carriera, una dozzina di dischi di platino, centocinquanta concerti all'anno per una media di cinquecentomila spettatori, centocinquanta fan club sparsi per l'Italia. A snocciolare le cifre relative ai Nomadi sembra di leggere il Guinness dei Primati. La formazione emiliana rappresenta un caso a parte nella storia del rock in Italia. Discografia e Wikipedia

The End - The Doors (1967)

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Magnetici e conturbanti, ai confini della trascendenza e ben oltre le pareti della canzone rock comunemente intesa, i dodici minuti di The End sono tra le pagine musicali più belle e incredibili che siano mai state scritte. The End è un raga-rock che racchiude il senso del vagare filosofico e umano dei Doors e di Jim Morrison, ma anche della loro voglia di sperimentare. C'è tutto e in dosi massicce, in questa litania che rimanda sempre la sua fine, come in un'agonia che prolunga dolore e bellezza. C'è misticismo, Oriente e improvvisazione, alternanza di emozioni e di onde sonore, che si spostano rapide dalla calma del sogno all'incubo più profondo. Ci sono istinti primordiali e disperazione, sentimenti e presentimenti. Cè un canto, magico, semplicemente perfetto e inimitabile, che a volte è insinuante e altre volte epico e maledetto, minaccioso, a volte fratello a volte assassino. Ci sono respiri e silenzi, morte e rinascita, blues e psichedelia, versi figli della beat...

Youssou N’dour – Eclairer Le Monde Light The World (2025)

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 di Marcello Lorrai Certo, oggi la musica africana pullula di tanti nuovi protagonisti e di tanti nuovi generi, in un panorama che in questo millennio ha conosciuto una profonda trasformazione e alla cui continua evoluzione è difficile tenere dietro, fra un’infinità di giovani star, maschili e femminili, molte senza dubbio di talento. Poi però partono le immagini di Noflaay, pescatori senegalesi che a Dakar, all’imbrunire, attaccano i motori e spingono in mare le loro piroghe colorate: e appena Youssou N’Dour comincia a cantare, le cose ritrovano le loro giuste proporzioni. Ecco la magia della voce, il pathos, il carisma, l’unicità di uno di quei rari artisti che sono una categoria a parte, e di fronte a cui tanti successi e personaggi di oggi appaiono più modesti. Il clip di Noflaay, pubblicato in gennaio, ha anticipato il nuovo album del cantante senegalese, doppio titolo in francese e in inglese, Éclairer le Monde – Light the World, che uscirà il 4 aprile: se si deve giudicare d...

E T I C H E T T E

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