di Chiara Crisci Che colori insoliti hanno questi Bon Iver!? In quale inedita stagione della vita ci trasportano? Justin Vernon parla di “SABLE, fABLE” come di un momento di svolta, della fine di un capitolo della mitologia dei Bon Iver e dell’inizio di un altro, il prossimo, forse l’ultimo. Questi nuovi Bon Iver, in effetti, sanno del tenue tepore in una mattina assolata di Aprile, il mese di uscita del loro quinto album in studio, edito da Jagjaguwar e coprodotto da Vernon e Jim-E Stack, che giunge dopo un silenzio discografico di 6 anni. E “SABLE, fABLE” è, in effetti, un disco strano, complesso e composito, difficile da inquadrare e descrivere, simbolico e quasi “fonosimbolico” in ogni dettagliatissima scelta artistica ed estetica, diviso tra polarità e dicotomie, ombre e luci, colori e suoni che tracciano un processo di espiazione e elevazione fino al nirvana, all’estasi, lasciando il peso sulla strada per abbandonarsi alla leggerezza. Tutto è costruito sulla dualità di tonal...