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Visualizzazione dei post da marzo, 2023

Algiers - Shook (2023)

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 di Elena Raugeri  Dopo un manifesto programmatico come il loro terzo album There Is No Year del 2020, in cui storicizzavano di fatto se stessi, esprimendosi al meglio in sound e vis sociopolitica, gli Algiers hanno confezionato il loro quarto, sempre su Matador, cambiando le carte in tavola, cioè virando dal punto di vista musicale verso un crossover post-90s e allargando la loro line-up a quattro a quella di una vera e propria crew, con il coinvolgimento di numerosi ospiti. Ospiti eterogenei che rispondono ai nomi di Big Rube (The Dungeon Family), Zack de la Rocha (Rage Against The Machine), billy woods, Backxwash, Samuel T. Herring (Future Islands), Jae Matthews (Boy Harsher), LaToya Kent (Mourning [A] BLKstar), Nadah El Shazly e altri ancora. Franklin James Fisher e soci sono tornati a casa, ad Atlanta, reduci dallo sfinimento bidirezionale di tour e pandemia, e hanno reso universale il loro messaggio, trasformando una voce, o per meglio dire una visione, in una pluralità di lingue

We're an American Band - Grand Funk Railroad (1973)

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Primo brano dei Grand Funk Railroad, popolarissima band degli anni settanta. David Fricke, giornalista di "Rolling Stone", una volta disse che non era possibile parlare del rock di quel decennio senza parlare di loro. Unendo con piglio proletario boogie, rock duro e funky, conquistarono consensi anche presso gli orfani della psichedelia e i metallari meno oltranzisti.  La "Sweet Sweetm Connie" è Connie Hamzy, decantata da tutte le rockstar per le sue abilità a letto. Negli anni sessanta e nella prima metà dei settanta non c'era nessuno, nel mondo del rock, che non la conoscesse o non ne avesse sentito parlare. (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Van Morrison - Tupelo Honey (1971)

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di Silvano Bottaro Il titolo non tragga in inganno: non si tratta di un omaggio ad Elvis, nativo di Tupelo, Mississippi. Tupelo Honey è una ricercata qualità di miele, a cui Van paragona la sua dolce Janet. Tutto i testi, qua, vertono sullo stesso tema: miele ed amore. In quanto a "radiofonicità", questo è il seguito di Moondance, ma è un disco tutto diverso. E' un tipico prodotto del periodo, sulla scia dei successi di James Taylor e Carole King. Van si diverte a fare il cantante romantico, e ci riesce incantevolmente bene, circondato da un'orda di validi strumentisti. Il soul lascia lo spazio al country, gli arrangiamenti si sprecano, i coretti femminili non si risparmiano. Dal punto di vista della musicalità e della produzione, questo disco soddisfa ampiamente. Delle composizioni spicca solo l'iniziale "Wild Night", una melodia facile su un ritmo contagioso, con la quale Van dimostra la sua abilità nello scrivere pezzi da classifica e la sua inc

Song To The Siren - Tim Buckley

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di Diego Bertelli È stato quando è cominciato a cadere un’altra volta tutto a pezzi. Una cosa che succede con regolarità, lasciandomi inquieto, ogni volta con la paura di non tornare più indietro. I secondi sono infiniti. C’è un mostro che ha il mio volto. L’unica cosa che mi calma quando mi vedo così allo specchio è una canzone dedicata a un altro mostro. Un mostro antico e fatale, la sirena. Si intitola Song to the Siren e la canta Tim Buckley. È così ironico pensare che la maggior parte della gente si immagini quell’essere così bello. Per una strana sovrapposizione, anche quando si pensa a Ulisse che si fa legare dai suoi compagni alla nave per udirne il canto, è divenuto comune immaginare le sirene come suadenti figure femminili con la coda di pesce. E invece le sirene nell’antichità sono geni della morte, hanno un volto di donna ma il corpo di un rapace, assomigliano alle arpie. Sarà anche questo peculiare fraintendimento che rende quella canzone la mia guarigione. Quando mi guard

Pitchtorch - I Can See the Light From Here (2023)

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 di Yuri Susanna  Non ricordo nemmeno più quando, prima di oggi, mi sia capitato di recensire l’album di una band italiana, tanto poco frequento la scena autoctona. Per questo I Can See the Light from Here arriva alle mie orecchie come una sorpresa, piacevole e appagante. I Pitchtorch – gioco di parole che getta un ponte tra la funzione del diapason e quella della torcia – fanno dell’eclettismo la cifra della propria offerta musicale. Un eclettismo che non viene esibito con pose autoreferenziali ma, umilmente, si piega al servizio delle canzoni. Già, perché questo è sicuramente un disco che nasce da una studiata ricerca sui suoni (ci riconoscerete senza troppo sforzo una tendenza trasversale verso la psichedelia, ancorata però a una certa sensibilità alternative anni ’90) ma è anche, e soprattutto, un disco di canzoni, e in questa capacità di mantenere la scrittura all’interno di una forma riconoscibile e fruibile risiede probabilmente la forza che eleva i Pitchtorch dalla massa della

Wall of Voodoo

I Wall of Voodoo nascono a Los Angeles sul finire degli anni '70. L'obbiettivo dell'ideatore del progetto, Stan Ridgaway, è di raccontare storie di gente comune mediante la musica. L'agenzia Soundtracks nata per realizzare colonne sonore, è in ordine cronologico il primo passo in quella direzione. In realtà, Ridgway e il suo amico Marc Moreland non riescono a trovare ingaggi per la propria organizzazione. Discografia e Wikipedia

Storia della musica #32

 Il post punk inglese dal goth rock al post funk Con il termine post punk ci si riferisce normalmente a gruppi che portano avanti il discorso musicale cominciato dal punk e lo portano in direzioni musicali nuove, andando tendenzialmente ad identificare l’area inglese del fenomeno new wave: è importante capire che se, fin da subito, in America il del punk-rock era solo uno dei tanti frutti sbocciati dall’ondata del 1975-77, con, accanto ai Ramones artisti come Television e Suicide, in Inghilterra i suoni che emergono nel 1977 sono quelli dei Sex Pistols e dei Clash, cioè del punk in senso stretto: solo così si può spiegare e capire il fenomeno della new wave inglese che ha sempre il punk come suono e punto di partenza e che, nonostante la fusione con la lezione musicale di gruppi storici della tradizione inglese come David Bowie e Roxy Music e le sperimentazioni con generi più esotici, come il dub e il kraut rock, mantiene una sua impronta caratteristica che si fa sentire in tutte le su

Robert Forster - The Candle and The Flame (2023)

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 di Carmine Vitale Non è un ritorno che fa rumore quello dell’ex Go-Betweens, Robert Forster. Torna in sordina a distanza di quattro anni dalla buona prova Inferno – salutata su queste pagine come un’opera sostanzialmente pop con coordinate dalle parti di Nick Cave e R.E.M.- e con una storia nuova da esorcizzare più che raccontare. Sì perché The Candle and The Flame, per Forster, rappresenta non tanto un ‘semplice’ ritorno quanto un album necessario se non altro per allontanare fantasmi e ricucire i pezzi di una quotidianità fagocitata da uno spauracchio anche più inquietante del disastro pandemico: il cancro diagnosticato alla moglie Karin proprio durante le fasi di gestazione del disco (2021). Presupposti che farebbero pensare ad un’opera a tinte fosche e che invece, in appena nove brani, riesce a trasmettere il desiderio di voler risollevare, accarezzare, curare, abbracciare con profonda delicatezza. Un viaggio salvifico che vede la collaborazione dei sodali Scott Bromiley, Luke McD

Vocal - Madrugada (1999)

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La levità dei Madrugada, il colore degli impressionisti, il tepore rassicurante della musica che guarisce l'anima, il profumo antico dei dischi che ti salvano al vita. I Madrugada sono stati una meravigliosa alba di Norvegia, anche se nella loro musica non c'era nulla di nordico. In vocal (che qui vince al fotofinish sull'egualmente splendida Higher) si respira a pieni polmoni l'aria d'America. L'epico opening di chitarra introduce suggestioni carismatica di Silvert Hoyem (che a tratti evoca il Re Lucertola) guida come fari nella notte attraverso atmosfere superbamente oblique, aperte, eppure con un senso immanente di possibile tragedia, a metà tra i vecchi Triffids e il Wicked game di Chris Isaak. (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Van Morrison - Moondance (1970)

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di Silvano Bottaro Tutti i critici reagirono entusiasticamente ad Astral Weeks. La rivista Rolling Stones lo nominò album dell'anno. Tutte belle parole, intanto Van era costretto a chiedere i soldi in prestito per mangiare. Infatti le vendite erano di appena 15.000 copie ed i discografici, forti di contratti capestro, bloccavano i pagamenti dei suoi diritti. Ancora oggi Van aspetta le sue royalties di "Brown Eyed Girl"! Passarono due anni prima che arrivasse il disco successivo. Van era pieno di dubbi e diffidava del mondo dell'industria discografica. Scoprì che, se le sue canzoni fossero state trasmesse per radio, avrebbe ricevuto le royalties direttamente dalla BMI (l'equivalente della nostra SIAE). Abbandonò le sperimentazioni e decise di fare della semplice musica soul, dove le canzoni avrebbero mantenuto la canonica forma strofa-ritornello. La svolta sarà sbalorditiva, ma non si può dire che Van si svende. Non è il tipo di fare qualcosa che non senta suo o

Visions of Johanna - Bob Dylan

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 di Lorenzo Mei Siamo nel 2020, l’anno più del cazzo della nostra vita. Per ora. È la mattina di Pasqua. Siamo confinati nel recinto dei nostri condomìni o, per chi ha culo, nel parco delle nostre ville con piscina e campo da tennis. Io ho culo, ma non così tanto. Settantatré metri quadri già finiti di pagare, un giardino troppo piccolo per prenderlo sul serio, due terrazzi. È una bella giornata, è il 12 aprile, e su uno dei terrazzi batte il sole. Io e Gloria apparecchiamo fuori, su un minuscolo tavolinetto di legno. Pollo arrosto, vino rosso di Montalcino, e patate, sempre troppo poche. Ma prima di mangiare lo stereo è acceso. Normalmente non sarebbe una notizia, ma in questo tempo di pandemia sì. A marzo, mentre il numero dei morti cresceva in ogni bollettino serale, a un certo punto ho perso le due passioni che più amo nella vita: la musica e i libri. Non sono riuscito per settimane a leggere niente, né ad ascoltare i miei dischi. Per leggere mi mancava la concentrazione, la capaci

Van Morrison - Moving on Skiffle (2023)

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di Massimo Quarti  Taluni lo chiamano con appellativi poco carini. “Dinosauro rantolante” è uno di quelli che mi è rimasto impresso e mi ha fatto particolarmente sorridere, perchè ascoltando l’ultima uscita di Van Morrison, quello che mi è arrivato e mi ha colpito e vivificato, decisamente non mi sono sembrati i respiri ansimanti propri degli agonizzanti. Anzi, le ventitre cover, tre delle quali di Hank Williams, ma poi troviamo anche Lead Belly, Big Bill Broonzy, Woody Guthrie, sono rianimanti. “Moving On Skiffle” è composto da brani risalenti a prima della nascita del rock ‘n’ roll, canzoni di un mondo di persone che aiutavano persone e contribuivano a sostenere intere comunità tramite azioni. Infatti lo “skiffle” è un vecchio termine che si usava come sinonimo dell’espressione americana  “house rent party”, letteralmente “festa per l’affitto della casa”. In pratica, nelle comunità afro-americane della Chicago di cento anni fa, si usava organizzare intrattenimenti musicali al fine di

Tom Waits

Tom Waits (1949) nasce a Pomona, in California, e si accosta alla musica grazie al padre, che gli insegna le prime note sul pianoforte. Appena quattordicenne, deve cominciare a guadagnarsi da vivere (i genitori si sono separati qualche anno prima) facendo il lavapiatti e poi il portiere all'Heritage, un folk club di Los Angeles. Discografia e Wikipedia

Storia della musica #31

 La New Wave americana  Il termine new wave viene usato dalla letteratura musicale coi significati più svariati: per alcuni ad indicare tutto quello che segue all’esplosione punk, per altri a circoscrivere la controparte più intellettuale del fenomeno post-punk, per altri ancora comprenderebbe l’intero fenomeno cominciato a New York nel 1975, punk, post-punk, goth e compagnia ne sono sottocategorie: ognuna di queste convenzioni ha i suoi pro e i suoi contro e tale confusione è solo un’ulteriore segnale della quantità di stili e innovazioni che si innestano nel suono del rock a cavallo tra i due decenni. Noi ci teniamo l’ultima definizione, ma fissiamo le nostre regole, ennesima forzatura nel gioco delle scene e delle discendenze: consideriamo cioè la new wave un fenomeno parallelo al punk, che trova le sue principali radici ed influenze musicali negli esperimenti dei Velvet Underground e nel rock progressivo tedesco e che comincia a mostrare i primi segni di vita nella New York di Tele

Murder Capital - Gigi's Recovery (2023)

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di Maria Teresa Soldani e Michele Corrado Quando nel 2019 le due band dublinesi Fontaines D.C. e Murder Capital fecero il loro ingresso sulla scena, rispettivamente con "Dogrel" (Partisan, 2019) e "When I Have Fears" (Human Season, 2019), vennero giustamente salutate come due realtà estremamente promettenti della scena post-punk, nonché di quell'Irlanda che tanto stava dando alla musica alternativa degli ultimi anni. I tre anni successivi non sarebbero però potuti essere più diversi per le due band. Mentre i Fontaines D.C., con ormai tre album all'attivo e un paio di tour trionfali in giro per il mondo, erano sul punto di diventare delle star, i più schivi Murder Capital se ne sono stati praticamente fermi, concentrati sulla ricerca di un nuovo sound per far funzionare qualcosa di differente dalla solita comfort zone dove schizzavano riff, creando così una rinnovata alchimia e un inedito equilibrio tra la tessitura, gli arrangiamenti e la presenza esuberante

I Will Follow - U2 (1980)

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Gli U2 appena oltre i cancelli dell'alba. Esordirono in un anno difficile, segnato da due eventi luttuosi: l'uccisione di John Lennon e la fine del punk. La prima morte portava con sè la fine degli ideali, il sogno del mondo unito di Imagine e Give Peace a Change , la seconda veicolava la sensazione spiacevole che l'essenzialità avrebbe presto lasciato campo aperto (come effettivamente fu) alla cultura dell'effimero e al trionfo dell'immagine. Gli U2 con la loro spinta di romanticismo e ribellione, di entusiasmo e protesta, furono benzina nel motore stanco del rock, quello che lontano dal punk stentava persino a mettere le marce alte. (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Van Morrison - Astral Weeks (1968)

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di Silvano Bottaro Sin dall'epoca dei Them Van passava ore ed ore, da solo o in compagnia, a cantare, comporre ed improvvisare con la chitarra. Improvvisava non solo le melodie, ma anche le parole sul momento. In questo modo cercava di tirar fuori dall'inconscio la materia prima delle sue composizioni. Le stesse avevano una struttura libera, senza la divisione fra strofa e ritornello. Da questa esperienza venne fuori il suo nuovo stile di cantare, che non spero di riuscire a descrivere. E' necessario ascoltarlo. Le canzoni si dilatano, e a volte si fermano su una frase o una sola parola ripetuta una decina di volte. Nell'economia dello stream-of-consciousness questa ripetizione corrisponde alla mente che si perde dietro i suoi pensieri. Per molti ascoltatori la cosa assumerà un'altra dimensione: quelle sono parole magiche che, se ripetute, hanno il potere di guarire i dolori dell'anima. Le parole delle canzoni di Van assumono il loro pieno significato solo

The Last Great American Dynasty - Taylor Swift 

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di Eva Barros Campelli Se sei come me, hai sempre scritto, da che ne hai memoria. Non l’hai fatto per il semplice atto di scrivere, o perché immaginavi storie e volevi raccontarle; né l’hai fatto per comunicare con qualcuno che già conoscevi o che volevi conoscere. Hai scritto per amore, e perché non c’era nessun altro a cui dire questa cosa, che potesse capire. Se sei come me, ti fidi degli altri. Li ascolti attentamente, li interrompi a fatica, preferisci dare piuttosto che ricevere o prendere spazio; e siccome li ascolti attentamente, sai che gli altri leggono la realtà intorno a loro come uno specchio dei propri drammi interiori. Sai che quando una persona ti dice che non si fida degli altri, è perché non si fida di se stessa. Se sei come me, sbagli molto ma ti piace sbagliare, in fondo, perché sai perdonarti e di conseguenza perdonare. Perché hai bisogno di sbagliare, per poter capire meglio cos’è davvero giusto. Perché credi ancora nel cambiamento, nel tuo e in quello degli altri

Peach & Quiet - Beautiful Thing (2023)

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 di Paolo Baiotti  Nel 2019 il duo Peach & Quiet ha esordito con un Ep seguito un anno dopo dall’album Just Beyond The Shine. Domiciliati sulla costa ovest del Canada, Jonny Miller e Heather Read hanno sorpreso ottenendo attenzioni e consensi nelle classifiche folk/roots americane ed europee. Adesso è il momento di Beautiful Thing, una raccolta di dodici brani autografi in cui Americana, country e rock si mischiano con un pizzico di pop e psichedelia, con una cura per gli impasti vocali che ricorda l’epoca del rock californiano di Laurel Canyon. Prodotto dall’esperto Steve Dawson (Allison Russell, Matt Anderson, Jim Byrnes, Kelly Joe Phelps, Deep Dark Woods…) nei suoi Henhouse Studios di Nashville, il disco si avvale dell’apporto determinante dello stesso Steve alla chitarra elettrica, alla pedal steel e alla slide, nonché di un nucleo di esperti turnisti locali: Chris Gestrin (tastiere), Jeremy Holmes (basso) e Gary Craig (batteria). Pur essendo insieme da soli quattro anni sia in

Violent Femmes

Nel 1980 a Milwaukee, Wisconsin, Gordon Gano (1963) figlio di un predicatore protestante e nativo di New York, incontra Brian Ritchie (1960) bassista appassionato di John Coltrane e Syd Barrett, e Victor De Lorenzo (1954), batterista jazz di origini siciliane. Con un nome ispirato a una marca di assorbenti (i Femmes, appunto), lo strano terzetto fa gavetta in piccoli club, bar e angoli delle strade. Discografia e Wikipedia

Storia della musica #30

 Le altre scene punk Insieme a New York e Londra la terza capitale del punk è Los Angeles (per la verità anche nella vicina San Francisco il fenomeno comincia a prendere piede con band come Avengers e Nuns che però si sciolgono ancor prima di incidere un album). In “Gi” (1979) dei Germs di Paul Beahm ci sono già molti elementi tipici dell’hardcore: canzoni da un minuto e mezzo, a inseguire una ritmica isterica e un cantato che delle melodie dei Pistols ha tenuto solo gli urli e i lamenti; è un suono che nel giro di un anno si diffonderà a macchia d’olio, (non solo in America), partendo proprio dalla California di Dead Kenedys e Black Flag. Completamente diverso il discorso musicale che riguarda gli X: dove i Germs esasperano e portano alle estreme conseguenze la musica dei Pistols, il gruppo di John Doe, composto al contrario della maggioranza dei gruppi punk da musicisti navigati, in “Los Angeles” (1980) inserisce nei propri pezzi elementi di rockabilly e country, cura con attenzione

H.C. McEntire - Every Acre (2023)

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 di Fabio Cerbone  Tra rinnovamento e tradizione, Heather McEntire conferma il ruolo di nuova portavoce del folk americano nato fra le terre antiche dell’Appalachia, lei che è cresciuta in North Carolina, educata da una famiglia evangelica in un ambiente molto conservatore, ma presto resasi indipendente e alla ricerca di una propria identità. Testimone orgogliosa della comunità LGBT+, donna omosessuale che ha dovuto affrontare un percorso di realizzazione e indipendenza non privo di ostacoli, compresa la sua battaglia contro la depressione, H.C. McEntire ammette candidamente di scrivere canzoni per esorcizzare la vulnerabilità e i luoghi oscuri che emergono dai suoi conflitti interiori, mettendoli però in parallelo alla bellezza dei paesaggi naturali della sua terra e al battito musicale che è proprio di quelle latitudini. Da qui il legame con il gospel, la country music, quella sorta di “soul appalachiano” che attraversa le sue disadorne ballate, a maggior ragione in Every Acre, terzo

Ophelia - Natalie Merchant (1998)

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Natalie Merchant, con un fulgido passato nei 10.000 Maniacs (band di alternative folks-rock che deve il suo nome a un vecchio film dell'orrore), è stata l?Emily Dickinson del rock, voce capace di tramutare l'acqua dolorosa dell'esistenza in vino della melodia. <br>Ophelia è il tassello più colorato del gran puzzle di una carriera da solista spettacolare in quanto a qualità, anche se spesso poco gratificante come riconoscimenti di pubblico. E' il ritmo della vita quello che batte nella sua musica, è resurrezione e palco. Siciliana da parte di padre (il cognome era originariamente Mercante, prima di essere anglicizzato in Merchant), irlandese pwer sangue materno, Natlie ha sempre amato il pianoforte e la velocità di pensiero. (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Van Morrison - Blowin' Your Mind (1967)

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di Silvano Bottaro Una volta fuoriuscito dai Them, Van non tenta di formare un nuovo gruppo, vuole fare il cantautore. Lavora molto per sviluppare un proprio genere ed un proprio stile, mettendo le distanze fra sè ed il passato prossimo. Il suo cammino è tutt'altro che lineare. Viene scritturato da una neonata etichetta americana, la Bang, che vuol fare di lui un cantante commerciale. Il primo tentativo è il singolo "Brown Eyed Girl", una bella composizione con un arrangiamento più morbido di quanto non capitasse con i Them. In pratica Van è costretto a scriverla spinto dalla fame. Il pezzo entra nella top ten USA e la casa discografica cerca di sfruttarne il successo con un album. All'insaputa dell'autore, esce "Blowin' Your Mind", che è soltanto un pasticcio. E' il frutto di un paio di session eseguite senza sufficiente preparazione. Van non aveva voce in capitolo nè su quali pezzi suonare, nè sugli arrangiamenti, nè sulla scelta degli str

Bird On The Wire - Leonard Cohen

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 di Carlo Puddu La porta di Casa Cohen a Hydra, foto di Carlo Puddu Hydra è l’isola greca in cui nel 1960, all’età di 26 anni, Leonard Cohen si trasferì, unendosi alla piccola comunità di artisti bohemien che lì si erano ritirati in cerca di qualcosa di lontano e selvaggio. Come poeta Leonard Cohen stava crescendo in reputazione e nelle condizioni di solitudine di Hydra, aveva in programma di lavorare al suo primo romanzo. Dopo cinque mesi passati in affitto, comprò una casa grazie a 1.500 dollari lasciati dalla nonna, scomparsa da poco. Leonard Cohen passò sette anni a Hydra, qui incontrò uno dei suoi grandi amori, la modella norvegese Marianne Ihlen, scrisse due libri di poesie, completò il suo romanzo “The favourite game” (1963) e soprattutto è qui che cominciò a scrivere le canzoni per i suoi primi due album. Marianne divenne la sua amante e musa, finì ritratta sul retro di copertina del suo secondo disco, “Songs from a room”, seduta alla scrivania nello studio di Leonard a Hydra,

Ben Bedford - Valley of Stars (2023)

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di Domenico Grio  “Valley of Stars è una favola magica, è la fantastica avventura di Hare”, così si aprono le note di presentazione di questo nuovo lavoro, il sesto in studio, di Ben Bedford. I brani non sono stati però elaborati con un’idea unitaria a monte, quanto, piuttosto, come dei bozzetti atti a raccogliere i pensieri estemporanei dell’autore, per lungo tempo volontariamente emarginato nel proprio isolamento artistico (in realtà la decisione di andare a vivere in campagna e staccarsi dal resto del mondo, era nata dalla necessità di curare il suo grave stato ansioso-depressivo). Il fatto che sia venuto fuori una sorta di concept album, è quindi un qualcosa di casuale, frutto certamente dell’inconscia ossessione di Ben per i temi suggeriti dall’osservazione dei paesaggi bucolici in cui si è ritrovato immerso. Ed è proprio la natura la fonte primaria d’ispirazione di questo musicista dell’Illinois, l’humus nel quale trovano corretta ambientazione le sue narrazioni fiabesche. La mus

E T I C H E T T E

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