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Visualizzazione dei post da maggio, 2018

Chet Baker, Guida per principianti

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Intimista, seduttore, malinconico. Se dovessimo descrivere con tre aggettivi Chet Baker lo delineeremmo così. Genio e sregolatezza, il trombettista fu (come Miles Davis) tra i più conosciuti della musica jazz, in particolar modo del filone “cool jazz” -più fresco e rilassato- tra la fine degli anni ’40 e gli inizi degli anni ’50. Chi era Figlio di chitarrista, nacque nel 1926 nello stato americano dell’Oklahoma. Si avvicinò alla musica in tenera età frequentando i cori della chiesa. Approcciò ad uno strumento musicale quando il padre gli regalò un trombone, ma era di dimensioni enormi per il piccolo Chet, si optò a quel punto per una tromba dalla quale non si staccò fino alla fine dei suoi giorni. Carriera Entrò a far parte delle fila di Gerry Mulligan, tra il 1952 e il 1954, nella formazione del pianoless quartet in cui venne a crearsi un’affinità di dialogo tra sax baritono (Mulligan) e tromba (Baker), ma ben presto i litigi spezzarono il legame: Mulligan si se

Bombino - Deran (2018)

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di Gianmarco Giannelli Se l’attaccamento alle proprie origini si misurasse con la maestria con cui si suona uno strumento, basterebbero un paio di riff per comprendere come Goumar Alcomtar, in arte Bombino, sia in maniera esistenziale, e non solo anagrafica, figlio del Niger e della cultura Tuareg. Bombino, oltre a essere un chitarrista sopraffino (forse uno dei migliori sulla piazza), è uno di quegli artisti ontologicamente portato a ricoprire un ruolo sociale e politico grazie alla sua arte per la sola ragione che la fa. Quando all’interno di un sistema musicale centrato su determinati Paesi dell’Europa e sugli States, un artista africano riesce non solo a farsi conoscere, non solo a fare sold out in tour mondiali, ma a imporsi come punto di riferimento nel mondo della musica dettando le sue regole a un genere, come quello del rock, vuol dire che si ha per le mani qualcosa di veramente rivoluzionario. Nonostante un’indubbia qualità musicale, per gli artisti africani è dura conqui

Alcune canzoni del 1977 #12/16

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“Sir Duke”, Stevie Wonder Il singolo uscì nel marzo 1977, tratto da un disco pubblicato ad autunno 1976, e arrivò al primo posto negli Stati Uniti e al secondo nel Regno Unito. “The king of all Sir Duke” è il grande jazzista Duke Ellington (“Sir Duke” è il nome di un suo disco del 1946).

Trembling Bells – Dungeness (2018)

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di Ignazio Gulotta È sempre una grande gioia ogni ritorno sulle scene della band scozzese, alfiere del miglior folk rock oggi sulla piazza ed erede della stagione d'oro del genere, per intenderci quella di Fairport Convention, Steeleye Span e dello psych folk dell'Incredible String Band. Un'attività discografica quella dei Trembling Bells che dal loro debutto nel 2009 è stata intensa e ricca di autentiche perle: da “The Constant Pageant” a “The Marble Downs” e “The Bonnie Bells of Oxford” (gli ultimi due registrati insieme al songwriter americano Bonnie 'Prince' Billy), a “The Sovereign Self” la discografia della band fondata dal batterista Alex Neilson si è sempre mantenuta su livelli ottimi. Peccato soltanto che non abbia ancora avuto il riconoscimento che certamente merita, restando il loro un nome di culto ristretto, almeno nel nostro Paese, a un non esteso gruppo di estimatori. Eppure la loro è una musica di grande fascino, ricca di pathos e capace di trasc

1968, la prima volta dei Pink Floyd in Italia

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di Alessio Bardelli 18 aprile 1968: una decina di giorni dopo l’annuncio ufficiale dell’uscita di Syd Barrett dal gruppo, i Pink Floyd sono in Italia per la prima volta per suonare nella capitale. La band inglese è attesa al Piper Club di Via Tagliamento il 18 e il 19 aprile (per due concerti al giorno). In un locale storico, punta di lancio per artisti come Patty Pravo, Equipe 84 e moltissimi complessi beat degli anni ’60, i Pink Floyd faranno il loro debutto in Italia. Ma cosa era arrivato in Italia della musica dei Pink Floyd fino alla primavera del 1968? Da noi venne pubblicato solo il primo singolo See Emily Play / Scarecrow del 1967, che vendette non molte copie, ed è oggi rimane una rarità tra i collezionisti. Timida ma comunque presente la stampa italiana nel 1967: la rivista Ciao Amici nel settembre 1967 pubblicò un pezzo sulla band inglese dal titolo “Anche la musica come droga” firmato da Otis Pencill, in cui l’associazione “musica = droga” viene fatta forse

Mellon Collie and the Infinite Sadness - The Smashing Pumpkins

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Il doppio album della band di Billy Corgan è diventato il simbolo e anche l’apice della loro intera carriera. Le immagini associate ad esso sono diventate un must come i costumi di epoca vittoriana nel video Tonight Tonight, la testa rasata del cantante o la sua t-shirt nera con la scritta Zero. Il creatore dell’artwork è John Craig, illustratore di Pittsburgh che attraverso il collage e la sovrapposizione delle bozze inviategli via fax da Corgan ha dato vita all’intero booklet. L’immagine di copertina di Mellon Collie and the Infinite Sadness è ispirata al dipinto di Raffaello, Santa Caterina d’Alessandria e a La Fedeltà di Jean-Baptiste Greuze.

Half Waif – Lavender (2018)

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di Michele Corrado È difficile sentirsi a casa, se ti chiami Nandi Rose Plunkett. La raffinata chanteuse, autrice dei testi e delle eleganti tessiture di synth di questo trio di Brooklyn, ha trascorso la sua gioventù in quel di Williamstown, Massachussets. Una cittadina relativamente tranquilla: ottomila anime, un abbondante novanta per cento delle quali bianche. Non proprio il migliore dei posti per la figlia di una rifugiata indiana e un irlandese. E così ecco le discografie delle varie Bjork, Kate Bush e, perché no, Imogen Heap diventare l’accogliente riparo da un ambiente circostante magari non proprio ostile, ma certamente scomodo. Un rifugio destinato a influenzare con potenza una produzione incentrata, chiaramente, sul tema della ricerca di un posto dove sentirsi davvero a casa. “Lavender” è il terzo disco degli Half Waif e, oltre a lavorare su una maggiore ricercatezza delle trame sonore, aggiunge al tema della ricerca di una dimora una commossa palette di ricordi dell

Ella Fitzgerald: Guida per principianti, ecco chi era la first lady of song

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Oltre 100 milioni di dischi venduti, 59 anni di carriera, 250 album, 13 Grammy Awards, oltre cinque minuti consecutivi di scat (improvvisazione di fraseggi musicali pronunciando parole senza significato reale): sono questi i numeri stupefacenti di un’artista straordinaria che ha scritto delle pagine indimenticabili della storia della musica jazz e non solo. Ella Fitzgerald è una delle cantanti più conosciute al mondo che seppe sfruttare al massimo le capacità delle sue corde vocali utilizzandole come se stesse pizzicando le corde di uno strumento. E’ nota per le sue abilità di scat: poteva andare avanti per vari minuti, anche oltre 5, senza essere mai banale e coinvolgendo con suoni sorprendenti. La tecnica venne utilizzata da grandi come Louis Armostrong e Dizzie Gillespie. Nacque nel 1917 in Virginia e trascorse tutta l’infanzia in orfanotrofio. Il debutto avvenne a 17 anni. Sfumato il sogno da ballerina, il canto arrivò per caso dopo una deludente performance di danza a

Accadde oggi...

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1947: Nasce a Cannes, Francia, Patrick Erard Djivas, bassista prima degli Area poi della PFM. 1967: Nasce a Abingdon-on-Thames, UK, Phil Selway, batterista dei Radiohead. 1968: Prima esibizione live di Jimi Hendrix in Italia, al Piper di Milano. Il 24 e il 25 suona al Brancaccio di Roma, il 26 al Palazzo dello Sport di Bologna. 1978: Inizia a Buffalo, New York, il tour di Bruce Springsteen per "Darkness on the edge of town" 1980: Esce in Gran Bretagna per la Island Records "11 o'clock tick tock", il secondo singolo degli U2; il primo, "Another day", era uscito solo in Irlanda il 26 febbraio 1980 su etichetta Columbia, per la quale la band aveva già pubblicato nel settembre del 1979 l'EP "Three". Fonte

Van Morrison And Joey Defrancesco – You’re Driving Me Crazy (2018)

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di Valerio D'Onofrio L’eroe di “Astral Weeks” sta vivendo un periodo di grande prolificità con addirittura tre nuovi Lp nell’arco di appena sei mesi. A settembre era la volta di “Roll With The Punches”, a dicembre quella di “Versatile” e ora la collaborazione col polistrumentista jazz Joe DeFrancesco. Una prolificità che non fa certamente rima con creatività ma con una riproposizione di classici della tradizione blues e jazz rivisti senza grandi stravolgimenti. Un’operazione palesemente vintage che sarebbe stata tale persino sessanta anni fa. Un Van Morrison che si autocita con alcune cover jazzate di suoi stessi brani, ad esempio “The Way Young Lovers Do”, tratta dal capolavoro "Astral Weeks" - che in questa versione perde gran parte della frenesia boogie/jazz degli esordi - o in “Have I Told You Lately”, tratto dall’album del 1989 “Avalon Sunset”, non proprio della fase migliore della sua carriera. Detto questo, non si può non segnalare la gradevolezza di vari

Alcune canzoni del 1977 #11/16

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“Year of the cat”, Al Stewart Una delle più belle e originali canzoni pop degli anni Settanta – prodotta da Alan Parsons – a cominciare dal titolo e dal verso che parla di “aggirarsi per strada come Peter Lorre” (che fu un grande attore tra gli anni Trenta e Cinquanta). Dal libro Playlist di Luca Sofri: “Onamoninfromabogarmùvi. La canzone meritevolmente più nota di Al Stewart (per la gran parte del mondo, l’unica canzone nota di Al Stewart) ha un’introduzione di pianoforte memorabile e un andamento da dopopranzo più che da mattino, con un ritornello che lo increspa appena, e poi lascia proseguire il dondolìo, l’assolo di chitarra, l’assolo della seconda chitarra, l’assolo del sassofono, e tutto il meraviglioso resto”.

Cream, Guida per principianti

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Nel panorama della musica rock ci sono gruppi o musicisti che nonostante abbiano avuto una carriera breve sono stati in grado di influenzare generazioni di appassionati, fino ai giorni nostri. Come ad esempio i Guns N’ Roses o Jeff Buckley. Per ogni conoscitore di musica blues che si rispetti, i Cream sono un gruppo indimenticabile, anzi un supergruppo (etichetta che viene data ai gruppi in cui tutti i componenti sono virtuosi dello strumento). Nati a metà degli anni sessanta, sono riusciti a influenzare musicisti del calibro di Jimi Hendrix, il cui modo di suonare, senza la band inglese, non sarebbe stato lo stesso. Prima che esplodessero i Rolling Stones e gli Who, il suono che faceva più “rumore”, quello più potente era il loro. Tradizionali (con i loro pezzi autenticamente blues) ma anche carichi di una dose di originalità i Cream, ad esempio, hanno rivoluzionato la classica struttura delle canzoni che prevedeva l’alternarsi di strofa e ritornello. Inoltre, erano famos

Frances The Mute - Mars Volta

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Frances The Mute segna la seconda collaborazione della band con Storm Thorgerson, designer e fotografo britannico noto soprattutto per i suoi lavori con i Pink Floyd. L’artwork, curato insieme a Peter Curzon, Dan Abbott, e Bill Thorgerson, porta il suo marchio di fabbrica con immagini finemente dettagliate e realistiche che si sposano con un concept album che trae ispirazione dal ritrovamento di un diario abbandonato in una macchina. Il risultato è così vicino al surrealismo di Magritte che il confine tra ispirazione e citazione diviene molto labile.

Sarah Shook & The Disarmers – Years (2018)

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di Domenico Grio Giunge a distanza di neppure un anno dalla pubblicazione del disco d'esordio, questo nuovo capitolo dell'avventura discografica di Sarah Shook. Ma se Sidelong ci aveva stupito per la freschezza, l'efficacia comunicativa e la capacità di rivitalizzare una scena Americana al femminile piuttosto infiacchita (tranne qualche sporadica eccezione, s'intende), Years ci coglie ancor più di sorpresa, sia perché inaspettato e "prematuro" sequel, sia perché raro e mirabile esempio di "promessa mantenuta". Se è vero, infatti, che dopo l'ascolto del primo lavoro era piuttosto difficile non dare credito a questa ragazzotta del Nord Carolina, è altrettanto vero che era tutt'altro che scontato che la stessa ci consegnasse, per di più in tempi così ristretti, un altro piccolo capolavoro di garage campagnolo, tosto e genuino. Così, piuttosto che dover tristemente attuare un cambio di prospettiva, dovendo affrontare un dibattito sull'

Marc Bolan e i T. Rex, Guida per principianti

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“Non avremmo potuto spiccare il salto senza Marc Bolan. Il folletto che ha aperto la porta”. Queste parole di David Bowie, forse più di tutte, rendono giustizia alla carriera del padre del “glam rock”. Figura esplosiva di ribellione in un’epoca, alla fine degli anni sessanta e inizio anni settanta, in cui nessuno aveva osato tanto. Vestirsi, suonare e rilasciare interviste in un modo così eccentrico, stiloso, “glamour” appunto (da qui il nome della corrente musicale). “Fino ad allora le classifiche pop erano per tutta la famiglia, piene di artisti che emozionavano nonni, genitori e ragazzini. E poi, all’improvviso, comparvero questi personaggi sovversivi come Marc Bolan che […] erano visti come corrotti e […] fantastici”, ha ricordato un altro grande della musica Morrissey. Un movimento culturale che dopo Bolan vedrà tra i suoi maggiori esponenti il già citato Bowie, e poi Alice Cooper, Bryan Ferry, Lou Reed, Rod Stewart, John Cale, Queen e Sparks. Marc è stato il primo a indo

Damien Jurado – The Horizon Just Laughed (2018)

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di Stefano Capolongo È un attitudine consolidata, quella di Damien Jurado, di mettere in musica i propri ricordi, i pensieri più articolati e i propri sogni. Dal 2012 al 2016, la trilogia di Maraqopa (Maraqopa, Brothers and sisters of the eternal son e Visions of us on the land) aveva rappresentato il punto più alto della sua fuga dal mondo, della riflessione sull’Io e dell’immersione in americanissime ambientazioni sci-fi dove perdersi in maniera più o meno risolutiva e onirica. La collaborazione con il producer Richard Swift, presente già in St. Bartlett e in tutta la trilogia, aveva arricchito questo mood escapista con soffici passaggi psych e delicati zig-zag tra immagini legate indissolubilmente al folk americano degli anni sessanta. L’idea di un uomo nuovo in maggiore sintonia col mondo già presente in Visions of us…(«I lost my mind so i stepped out for a time / Went for a walk on a long road to unwind / I met myself there, saying, “go home”») si fa sostanza pura nel nuo

Alcune canzoni del 1977 #10/16

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“Com’è profondo il mare”, Lucio Dalla Non era una canzone che poteva competere in successi commerciali con altre in questa lista, nemmeno in Italia, ma rimase una delle cose più originali e influenti di quell’anno: “Siamo noi, siamo in tanti, ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti, dei linotipisti. Siamo i gatti neri, siamo i pessimisti, siamo i cattivi pensieri e non abbiamo da mangiare” (nel disco c’era un’altra grande canzone di Dalla, “Quale allegria”, e la popolare “Disperato erotico stomp”).

Parker Millsap – Other Arrangements (2018)

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di Fabio Cerbone Giovane promessa della scena roots dell'Oklahoma, cresciuto nel clima religioso familiare della Chiesa Pentecostale, diviso fra eterno conflitto di peccato e redenzione, come ogni buon figlio del profondo sud ha sperimentato, Parker Millsap era e resta una delle voci più trascinanti dell'attuale scena Americana. La sua stirpe è la stessa dei Jason Isbell e Sturgill Simpson, insomma, di quella generazione che sta riscrivendo le regole della tradizione tra fedeltà e sguardo sul futuro, che nel caso di Millsap significa evidenziare le sue radici country gospel, l'accento rurale del blues e quella commistione che uscì da Memphis sulle ali del rock'n'roll, il tutto immerso nelle visioni gotiche e tormentate di un ragazzo che come il buon vecchio Jerry Lee Lewis e altri prima di loro ha dovuto combattere le tentazioni del diavolo. Così quanto meno facevano intuire i due precedenti lavori, l'omonimo esordio su scala nazionale e il più che accat

Jimi Hendrix - Up From The Skies

Voglio solo parlarvi, non voglio farvi del male, Voglio solo sapere qualcosa delle vostre vite diverse In questa fattoria di persone. Ho sentito che qualcuno di voi ha una famiglia, Che vivete in gabbie alte e fredde, E che qualcuno sta lì a marcire fino alla vecchiaia. È vero? Vi prego, lasciate che vi parli. Voglio sapere quali stanze si nascondono dietro le vostre menti, Vedo forse un vuoto, o sono io che sto diventando cieco? O sono solo i resti di echi e vibrazioni ormai lontane? Frasi come "Amate il mondo" e "Lascia scorrere la tua voglia" È vero? Vi prego, lasciate che vi parli. Lasciate che vi parli. Ho vissuto qua tempo fa, nei giorni del ghiaccio E naturalmente è per questo che sono così preoccupato Sono tornato e ho trovato le stelle in posti diversi Insieme all'odore di un mondo bruciato. L'odore di un mondo bruciato. Bé, forse, forse è solo un cambiamento climatico. Posso apprezzarlo, posso apprezzarlo baby, voglio solo ca

Life is Peachy – Korn

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La copertina di Life is Peachy è affidata al fotografo di Seoul Stephen Stickler, trapiantato in California negli anni 70. L’infanzia minacciata e il male nascosto nelle profondità dell’animo umano sono tematiche molto care alla band di Jonhatan Davis che si traducono in un artwork che ruota attorno all’immagine di un bambino e di un ombra malvagia che troneggia alle sue spalle.

Creedence Clearwater Revival - Cosmo's Factory (1970)

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Cosmo's Factory, il quinto e migliore album dei Creedence, è la quintessenza del Sound Americano; la band californiana riesce non solo a mescolare le sue radici, dal soul al country, dal blues al più sanguigno rock'n'roll ma riesce anche a creare una miscela esplosiva, un suono inconfondibile diretto e spontaneo. Il loro essere fuori dal tempo e dalle mode (camice a quadri, occhialoni con grosse montature contro i vestiti sgargianti degli hippie dell'epoca) è stato il loro punto di forza facendoli diventare i veri precursori dell'american music per tutte le band a venire. Cosmo's Factory è il punto più alto raggiunto nella loro discografia: la magia del singolo Travellin' Band, l'interpretazione da capogiri di Before You Accuse Me (Bo Diddley) insieme alle esuberanti versioni di classici della Sun Record (OobY DooBy di Roy Orbison e My Baby Left Me) sono solo alcuni esempi di una raccolta che non ha nessun calo di tono. I CCR sono capaci anche di ipno

Michel Petrucciani, guida al grande pianista jazz

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Tra i più grandi pianisti che la storia del jazz ricordi (e lo farà ancora per molto, molto tempo) c’è Michel Petrucciani. Musicista francese (ma di origine italiana) dotato di una tecnica, di un fraseggio e di una sensibilità fuori dal comune. Ascoltando un suo brano, o un album intero, ci si lascia cullare dall’emozione che le note di Michel creano. Nella musica in fondo basta soltanto questo, il suono finale che arriva alle nostre orecchie, per decretare la qualità di un artista. Dell’aspetto fisico del suo esecutore non ci importa niente, eppure nel caso di Petrucciani la fisicità ci aiuta a capire meglio il suo incredibile talento e la sua indistruttibile forza di volontà. Michel, fin dalla nascita (1962), è affetto da quella malattia genetica nota come “Sindrome delle ossa di cristallo”, la osteogenesi imperfetta. Questa malattia crea problemi allo scheletro, alle articolazioni, agli occhi e alle orecchie. Questa non permette a Michel di superare, nella crescita, il

Allman Brothers Band - At Fillmore East/ Fillmore Concerts (1971)

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Quando salgono sul palco del Fillmore East il 12 e 13 marzo del '71, gli Allman Brothers sono una band in crescita, reduce da due interessanti album in studio che hanno venduto discretamente, ma la fama dei loro concerti è di gran lunga superiore. Duane Allman, chitarrista straordinario per creatività e originalità, è il leader indiscusso; a solo 25 anni ha già participato come session man dei Fame Studios a dischi importanti e pochi mesi prima ha stregato Eric Clapton rivitalizzando le registrazione di Layla di Derek & The Dominos. Il risultato delle due serate è diverso e superiore rispetto a quanto la band ha prodotto fino ad allora: è la perfezione assoluta, una mirabile fusione di rock, blues e soul, improvvisata con una fluidità propria dei migliori jazzisti .Un disco che non si può spiegare, ma si deve semplicemente ascoltare, possibilmente in cuffia per apprezzare l'incredibile fraseggio delle due chitarre (l'apporto dell'altro chitarrista Dickey Betts è

Alcune canzoni del 1977 #9/16

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“Cocaine”, Eric Clapton L’aveva scritta e pubblicata J.J.Cale nel 1976, ma quella che poi è rimasta è la versione di Eric Clapton nel suo disco Slowhand del 1977 (e la versione dal vivo nel doppio Just one night). Uno dei più grandi pezzi rock da concerto della storia. Clapton ha sostenuto che fosse sottilmente contro la cocaina, ma non è che si capisse benissimo, quindi in più occasioni ha evitato di suonarla, per un po’.

Old Crow Medicine Show – Volunteer (2018)

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di Davide Albini A vent'anni esatti dalle loro prime incisioni indipendenti e con un contratto fiammante per il prestigioso marchio Columbia, gli Old Crow Medicine Show sono lanciati più che mai alla conquista della scena Americana, di cui restano uno dei punti di riferimento più nitidi di questi anni. Per festeggiare questo ideale anniversario si regalano un nuovo album, che credo spiazzerà in parte i fan della prima ora e chi li vorrebbe vedere imprigionati nel recinto della roots music più intransigente: Volunteer non rinnega nulla del percorso sin qui affrontato dalla band, sia chiaro, ma aggiunge più chitarre elettriche, più ballate d'autore e una certa verve strumentale arrembante che la produzione in gran solvero di Dave Cobb (sempre lui) esalta a dovere, senza per ciò svenderne l'ispirazione. Il sestetto di base a Nashville aveva già dimostrato di voler sparigliare un po' le carte con la pubblicazione di "50 Years of Blond on Blonde", celebrazi

Robert Johnson

Certamente il più leggendario fra i bluesmen, Robert Johnson (1911 - 1938) rappresenta un formidabile trait d'union fra il blues del Delta e il nuovo stile, a contatto coi centri industriali. I brani del suo repertorio, per quanto ridotto, sono stati pietra di paragone insostituibile per le generazioni successive del blues e anche del rock. Discografia e Wikipedia

Liebe ist für alle da – Rammstein

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Liebe ist für alle da è un album senza mezze misure e compromessi dove la band tedesca tratta temi delicati con toni provocatori, a detta di molti, al limite della decenza. Anche in Italia l’acquisto è stato vietato ai minori di 18. L’artwork nei suoi giochi di luci e ombre trasuda questa stessa violenza. Il lavoro è stato affidato al fotografo di Madrid, Eugenio Recuenco. Le sue influenze classiche si mescolano con anni di lavoro nel campo della moda e della grafica pubblicitaria. Il risultato caravaggesco è di forte impatto. La cura per luci, costumi e location rende le foto fuori dal tempo, più simili a quadri che prodotti usciti da un set fotografico.

Bob Dylan - Blonde on Blonde (1966)

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Mentre il mondo gli chiedeva di tenere fede al suo ruolo di nuova guida spirituale delle nuove masse di giovani americani, nel 1966 Dylan si dimette definitivamente da nuovo santone rock con il suo disco oggi più riconosciuto e celebrato. Cosciente fin dal brano d'apertura della lapidazione a cui andava incontro (everybody must get stoned…), questo Dylan resta ancora oggi il più credibile esempio dell'artista che, sordo alle necessità del proprio ruolo di star, propone con fierezza la propria personale visione della vita. Questo spiega come mai, a parte Just Like A Woman che è canzone nota anche a chi non mastica il verbo Zimmerman, e tolte forse I Want You e Rainy Day Woman (che non mancano mai nei The Best e nei tributi all'autore), il resto di questo doppio album è composto principalmente da ostici e verbosi brani adorati dai fans, ma ben poco masticati dal grande pubblico. Il simbolo del disco è dunque Visions Of Johanna, per molti - ma anche a detta del suo stesso a

E T I C H E T T E

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