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Visualizzazione dei post da luglio, 2022

David Sylvian

David Sylvian (1958 - vero nome David Batt) si fa conoscere fra il 1978 e il 1982 come cantante dei Japan formazione che passa senza soluzione di continuità dalla dance più modaiola a un rock d'autore dalle molte finezze. Artefice del rinnovamento è proprio David Sylvian, che con gli anni muta la propria immagine e da androgino amato dalle teenager si trasforma in sperimentatore dalla poetica sensibilità. Discografia e Wikipedia

Jeremy Ivey - Invisible pictures (2022)

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 di Fabio Cerbone  Tre dischi nell’arco di altrettanti anni, Jeremy Ivey è diventata una delle voci più credibili di quel mondo di mezzo che si muove fra rispetto per la tradizione e cronaca attuale del rock’n’roll. Continuerà, gioco forza, ad essere collocato un po’ nell’ombra rispetto alla carriera lanciata della compagna Margo Price, per la quale Jeremy rimane il fedele chitarrista nella band e la spalla ideale nella parte compositiva, ma Invisible Pictures e così i suoi predecessori reclamano qualche attenzione maggiore per un musicista che dimostra una dose di eclettismo superiore alla media di quel mondo Americana in cui frettolosamente potrebbe essere inquadrato. Lasciatosi alle spalle un “annus horribilis”, colpito seriemente dalla malattia del Covid, poi risorto a nuova vita anche grazie all’arrivo della prima figlia avuta da Margo, Jeremy Ivey mette da parte il piglio politico e sferzante di Waiting Out the Storm (2020), album elettrico dalle vibrazioni Paisley Underground, s

Purple Rain: la consacrazione rock di Prince

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di Luca Divelti Cosa poteva andare storto? L’offerta di aprire due concerti dei Rolling Stones al Los Angeles Coliseum era un’occasione troppo ghiotta da farsi scappare: poteva finalmente giocare nel campo dei grandi, accanto a Mick Jagger che, volendolo con sé, legittimava tacitamente il suo status di stella nascente. E Prince si sentiva davvero una stella: a soli ventitré anni aveva già quattro album alle spalle e l’attenzione di critica e pubblico di colore, che gli riconoscevano un talento incredibile e un carisma invidiabile. Quindi in quel tardo pomeriggio del nove ottobre 1981, sicuro dei suoi mezzi e della sua fidata band, il giovane rampante di Minneapolis si apprestò a salire sul palco, assolutamente impreparato alla catastrofe che si stava delineando. I fan degli Stones, contrariamente a ciò che immaginava, non lo accolsero bene (per usare un eufemismo) e dopo poche note soltanto iniziarono a riversargli addosso insulti razzisti, boati e a lanciargli contro lattine, cibo e o

The Dream Syndicate - Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions (2022)

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di Maria Teresa Soldani La seconda vita dei Dream Syndicate, dopo la reunion del 2012 post-Paisley Underground, ci riserva sempre soprese. La prima, in questo ulteriore capitolo, è il passaggio di testimone dalla psichedelia "a briglia sciolta" del precedente "The Universe Inside" (ANTI-, 2020) al cantautorato più popolare, perfettamente rappresentato dalla proemiale "Where I'll Stand", addomesticando in qualche modo anche i bagliori, così come le asperità, presenti invece nei primi due dischi di questa seconda fase della carriera della band, "How Did I Find Myself Here?" (ANTI-, 2017) e "These Times" (ANTI- e Epitaph, 2019). Si ha anche l'impressione che Steve Wynn e soci abbiano trovato una quadra oltre le loro influenze più familiari - come Velvet Underground, Byrds e Neu! - e abbiano rinfrescato il loro sound guardando a una generazione più giovane, tra Sonic Boom e War On Drugs. Oltre le roboanti rincorse kraut-psichedelich

Lost in Transmission No. 70

Charlie Musselwhite – Mississippi Son (2022)

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La leggenda della musica Charlie Musselwhite, nata nel Mississippi, cresciuta a Memphis, vincitrice di un Grammy Award, ha pubblicato “Mississippi Son”, il suo nuovo lavoro su Alligator Records, il 15 aprile. Musselwhite è famoso in tutto il mondo come un maestro armonicista, un esperto, vero cantante raccontante e cantautore originale radicato nel profondo della tradizione blues. Come molti dei suoi fan sanno, è anche un chitarrista country blues di grande profondità, calore e finezza. In ciascuna delle 14 canzoni di “Mississippi Son”, di cui otto originali potenti e crudi, la voce dritta dall’anima di Charlie e il suono dell’armonica blues profondo sono il perfetto contrasto al suo lavoro di chitarra ingannevolmente semplice e ipnotico, che presenta in ogni traccia. Essendo tornato di recente in Mississippi dalla California settentrionale, il nostro ha registrato questo disco a Clarksdale, proprio nel cuore del Delta. La sua voce onesta e piena di sentimento, come il suo modo di suon

Supertramp

Strano fenomeno del pop leggero, i Supertramp nascono senza successo in Inghilterra alla fine degli anni '60 grazie alle elargizioni di un fan benefattore e si affermano soltanto dieci anni più tardi in America con uno degli album più venduti della storia del rock. Il gruppo ha origina nel 1969, quando un rampollo di una ricca famiglia olandese, Stanley August Miesegas, appassionato del rock, si prende a cuore le sorti di Rick Davies (1944). Discografia e Wikipedia

Mary Gauthier – Dark Enough to See the Stars (2022)

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  di Renzo Nelli Mary Gauthier ritorna a quattro anni dall’ultimo LP con Dark Enough To See The Stars Dopo quattro anni dal bellissimo Rifles And Rosary Beads Mary Gauthier esce con la sua opera ultima: Dark Enough To See The Stars. Il titolo la dice già abbastanza lunga sulle intenzioni e sull’atmosfera e quel “dark” non deve ingannare: si tratta di quella oscurità “positiva” che permette, appunto, di far risaltare per contrasto ancor più la luce delle stelle. Tuttavia pur sempre di oscurità si tratta, provocata soprattutto dalla scomparsa di persone care, colleghi e amici a cui Mary era assai legata: primi fra tutti John Prine e Nanci Griffith. Le tematiche How Could You Be Gone si chiede la Gauthier nel brano più malinconico del disco, non a caso l’unico ad avvalersi degli archi – violino e viola – di Michele Gazich, da anni suo compagno di avventure musicali. E proprio il dolore per la scomparsa degli amici, ormai metabolizzata in rimpianto e nostalgia, è il Leitmotiv del disco, co

La canzone per la libertà e redenzione di Bob Marley

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 di Luca Divelti Chris Blackwell non era del tutto soddisfatto del materiale che stava ascoltando: il produttore sentiva che mancava qualcosa che desse maggiore profondità all’album che Bob Marley stavano registrando insieme ai Wailers e parlò francamente, mostrando la sua evidente delusione. La band non la prese bene, ma rimase comunque in silenzio di fronte a quella che sembrava una bocciatura, mentre Bob sorrise lievemente, senza accennare ad alcuna protesta, accettando le critiche del discografico che gli aveva aperto le porte successo. La reazione di Bob Marley era probabilmente figlia della consapevolezza di avere già pronto quanto richiesto dal capo della Island Records, l’etichetta che nei primi anni settanta lo aveva strappato a suon di sterline dai troppi contratti capestro in cui il giovane artista giamaicano si era invischiato, per farne poi una stella internazionale. Il giorno successivo di quella tarda primavera del 1980 Bob si ripresentò da Blackwell con una cassetta dem

Andrew Bird – Inside Problems (2022)

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  di Giovanni Davoli “My Finest Work Yet” (2019) si presentava ambizioso fin dal titolo, ma centrava probabilmente l’obiettivo dichiarato. Nei successivi tre anni Andrew Bird non è rimasto con le mani in mano, producendo un album natalizio prima e un lavoro con Jimbo Mathus poi. In entrambi i casi non sembrava aver eguagliato il suo “migliore lavoro finora” ma glielo avevamo perdonato, attendendolo a una nuova prova solista di tracce originali. “Inside Problems” è altrettanto esplicito fin dal titolo: dopo aver trattato problemi comunitari nel 2019, l’opera è ora rivolta a quelli personali dell’artista. In particolare, ai suoi pensieri notturni. Anche in questo disco risalta la cura posta in fase di produzione e d’ingegneria del suono. Il disco suona benissimo e fortemente analogico, grazie alle registrazioni effettuate in presa diretta con la sua band “chitarra, basso e batteria” e al suo violino. Violino che fa la parte del leone in Eight, forse il pezzo più interessante del disco: u

Lost in Transmission No. 69

Chris Bathgate - The Significance Of Peaches (2022)

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  di Gabriele Benzing L’Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che Euridice non sa. (Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò) Orfeo guida una Oldsmobile dell’85. Un carro funebre immacolato per varcare i cancelli degli inferi. Euridice lo attende tra i fiori di pesco, immobile nella sua veste candida. L’oltretomba ha le sembianze dei filari di un frutteto. Al centro del campo troneggia un vecchio organo a pompa, e lì accanto il cantastorie ripete il suo monito: “Don’t look back”. La memoria e l’oblio, l’amore e la morte, la terra e il cielo: nel video di “Don’t Look Back” ci sono tutti i temi del nuovo album di Chris Bathgate. Il primo dopo cinque anni di silenzio, perché il songwriter americano ci ha abituato ormai a seguire un tempo dilatato, che sembra non conoscere la compulsività degli algoritmi. Il ritmo delle stagioni della vita, sempre in attesa di un compimento: “Ain’t it strange how the things we’ve done/

Sun Ra

Musicista fra i più geniali del Novecento, Herman "Sonny" Blount (1914 - 1993) meglio noto al mondo come Sun Ra (che in antico egiziano significa Re Sole), è uno dei personaggi più influenti su tutta un'iconografia rock che lo ricorda e lo cita esplicitamente e in maniera indotta: dalle Mothers Of Invention di Frank Zappa alla Magic band di Captain Beefheart, dai Pere Ubu a Eugene Chadbourne. Discografia e Wikipedia

Xavier Rudd - Jan Juc Moon (2022)

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di Giuseppe D'Amato Xavier Rudd ha due qualità formidabili che lo distinguono dalla media: la prima è che non indossa quasi mai le scarpe per via del suo rapporto viscerale con la natura, la seconda è che riesce a scrivere brani semplici, spontanei, talvolta persino prevedibili, e che tuttavia risultano sempre piacevoli e vanno dritti al punto. Il suo è un campionario folk-blues venato di contaminazioni con un occhio di riguardo per la cultura aborigena, che gli scorre dentro sin dai tempi dell'album d'esordio “To Let” (2002) per via del patrimonio genetico. Con questo decimo “Jan Juc Moon” lo sciamano di Torquay, sud-est dell'Australia, aggiunge anche un po' di elettronica fai-da-te al suo già agguerrito strumentario, confermandosi uno degli one-man band più creativi e affidabili degli ultimi anni sia in studio che dal vivo, dove è solito destreggiarsi con chitarra, stompbox, tamburi, armonica a bocca, didgeridoo e tutta una serie di arnesi che ha imparato a manegg

Animals: l’album più politico mai fatto dai Pink Floyd

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di Luca Divelti Nel gennaio del 1977 i Pink Floyd davano alle stampe Animals, successore di Wish You Were Here e The Dark Side Of The Moon. La situazione del gruppo all’epoca, nonostante i grandiosi successi degli album precedenti, non era delle più felici. Gli attacchi continui e insolenti da parte degli esponenti del movimento Punk avevano intaccato la sicurezza e la tranquillità dei componenti del gruppo, che si sentivano oltraggiati e non capivano il perché venissero insultati come “dinosauri del rock”. Inoltre le registrazioni del disco rivelarono agli altri membri del gruppo (più di quanto loro non volessero ammettere) l’ormai definitiva acquisizione di un ruolo centrale e preponderante da parte di Roger Waters, che non si accontentava più del ruolo di coautore e di primus inter pares. Il successivo The Wall sarebbe stato il primo vero disco di Roger Waters e dei Pink Floyd, con i componenti del gruppo superstiti (Rick Wrightfu licenziato dal bassista) limitati a supporting cast.

Noori & his Dorpa Band – Beja Power! (2022)

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di Silvano Bottaro La musica come forma di protesta e resistenza è un fenomeno che esiste da tempo immemorabile. In tempi di disordini politici e sociali, è diventato un rifugio vitale per i musicisti. Agisce come una valvola di sfogo per le loro lamentele e convinzioni e un appello clamoroso per il loro pubblico. I risultati sono migliorati se si stabilisce un senso di connessione emotiva tra i due. Questo potere simbiotico è stato particolarmente potente dove gli indigeni sono stati oppressi. Beja Power!, Electric Soul & Brass From Sudan's Red Sea Coast, è un disco che perpetua questa nobile forma di espressione e dissenso. I Beja (pronunciato Bee-Jah) sono un gruppo etnico di circa 1,2 milioni di persone che abitano in Sudan, Egitto ed Eritrea. Scolpiti in geroglifici, sono un'antica comunità, che fa risalire i loro antenati a millenni. Alcuni etnografi credono che siano tra i discendenti viventi dell'antico Egitto e del regno nubiano di Kush. Nella storia recente, h

Lost in Transmission No. 68

Vieux Farka Touré – Les Racines (2022)

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 di Silvano Bottaro Figlio del compianto Ali Farka Touré, ampiamente acclamato come il più grande chitarrista africano di sempre, Vieux Farka Touré incarna l'interpretazione moderna dell'anima del blues in Africa. Le sue melodie urbane ed elaborate e il modo di suonare la chitarra da virtuoso gli sono valsi il soprannome di "Hendrix del Sahara". Vieux si è affermato, nei suoi cinque album da solista fino ad oggi, come un illustre musicista che ha enfaticamente ampliato i confini della musica dell'Africa occidentale. Con questa sua ultima uscita, Les Racines, che si traduce come "Le Radici", il titolo dice tutto, Vieux ritorna con un suono che si ricollega con la musica tradizionale Songhai settentrionale del Mali, introdotta nel mondo intero da suo padre e assegnata all'etichetta occidentale "Blues del deserto". Ali, disapprovava il desiderio di suo figlio di diventare un musicista, anche se lui stesso aveva sfidato i suoi stessi genitori n

Andy Summers

Dopo aver vissuto il suo momento di gloria come chitarrista dei Police, Andy Summers (1942) dice addio al rock e si dedica allo sperimentalismo e alla ricerca, producendo inizialmente due album strumentali con Robert Fripp e uno solista, XYZ, e quindi dedicandosi alla musica new age dopo essersi trasferito a Los Angeles. Qui pubblica Mysterious Barricades con la collaborazione del tastierista David Hentschel. Discografia e Wikipedia

Nduduzo Makhathini – In The Spirit Of Ntu (2022)

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  di Riccardo Talamazzi Un’interpretazione anticonvenzionale del jazz passa per l’inquieta wanderlust che coglie ogni appassionato viaggiatore – anche solo con l’immaginazione –  attraverso tutte quelle regioni del mondo in cui si fa musica utilizzando linguaggi inusuali. Da parecchi anni il Sudafrica offre lo stimolo alle sue variegate voci, dai tematismi caldi di denuncia civile – Miriam Makeba – alla poesia intimista di artisti seminali – Abdullah Ibrahim – alle nuove leve emergenti – Malcom Jiyane – e questi sono solo alcuni dei primi nomi che vengono in mente. Spulciando le note stampa di accompagnamento del pianista Nduduzo Makhathini scopro accanto ai prevedibili titoli professionali – musicista, compositore, improvvisatore –  anche un curioso attributo, quello di “guaritore”. A meno che il termine inglese “ healer ” non abbia altri significati che purtroppo non conosco, devo dire che questo sostantivo mi ha sorpreso. Che la musica, dai tempi di Orfeo, abbia possibilità lenitive

Take On Me: come un video cambiò le sorti degli anni ’80

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 di Luca Divelti Take On Me è stato uno dei singoli di maggior successo negli anni ’80, permettendo alla band norvegese degli A-Ha d’imporsi nell’affollato circolo New Wave del periodo.  La canzone originariamente era intitolata Lesson One ed aveva una diversa impostazione musicale, molto più bluesy e vicina allo stile dei Doors, ma per fortuna del gruppo di Morten Harket, si pensò di abbracciare uno stile più adatto ai tempi e un titolo più accattivante. Il brano, che anticipava l’album Hunting High And Low, uscì nelle radio nel 1984, ma non riscosse particolari apprezzamenti da parte del pubblico, finendo nel gruppo delle tante canzoni che giravano senza spiccare più di tanto. L’orizzonte del fallimento commerciale e del gruppo prima ancora del debutto fece suonare qualche campanello d’allarme nello staff degli A-Ha, che corsero ai ripari. Si pensò di affidare il destino della canzone a un video che fosse capace di sovvertire la situazione e rilanciasse le quotazioni della band, anch

Steve Earle - Jerry Jeff (2022)

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  di Gianfranco Callieri «In questo mondo colpevole, che solo compra e disprezza», scriveva Pier Paolo Pasolini nei versi della Religione Del Mio Tempo (1961), «il più colpevole sono io, inaridito dall’amarezza». Ma è un’accusa, quella del farsi spegnere dalla disillusione dilagante e da un incombente senso di vuoto, che di certo non si può rivolgere a Steve Earle. Bollito, secondo alcuni, da una routine ormai composta dal mestiere (e dalla necessità di provvedere al figlio autistico) anziché dall’ispirazione e quindi occupato a produrre, l’una di seguito all’altra, opere assolutamente estemporanee; sempre fedele, secondo chi scrive, all’imperativo di riannodare con costanza i fili del passato, all’obbligo interiore di instaurare un dialogo ininterrotto col proprio immaginario e i suoi elementi costitutivi allo scopo di esorcizzarne ricordi e rimpianti. E così, dopo essersi misurato col blues attraverso una vitalità quasi punk in Terraplane (2015), dopo aver ragionato sullo scorrere de

Lost in Transmission No. 67

Wilco - Cruel Country (2022)

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  di Antonio Paolo Zucchelli A meno di tre anni da “Ode To Joy”, i Wilco sono tornati con questo loro dodicesimo LP: prodotto da Jeff Tweedy insieme a Tom Schick, il disco è stato registrato nel loro studio a Chicago, The Loft, e ha visto i sei componenti della band registrare tutti insieme nella stessa stanza per la prima volta da “The Whole Love” (2011). I ventuno brani sono registrati quasi tutti live e ci sono pochissimi overdub, mentre, per quanto riguarda il genere, come ammette lo stesso frontman, i Wilco sono tornati a esplorare territori country, anche se in maniera diversa rispetto ai loro inizi. Il country del titolo, però, non si riferisce solo al genere musicale, ma anche al loro paese, gli Stati Uniti, che pure vengono definiti come “cruel”: “questo è il paese che amo”, spiega Tweedy, e perciò in queste ventuno canzoni cerca di analizzare le sue problematiche. “I Am My Mother” apre i giochi segnando il tono di questi settantasette minuti, tuffandosi in territori country s

The Style Council

Dopo aver raccolto fama e gloria negli anni del punk con i Jam nel 1983 Paul Weller (1958) all'apice della fama personale, forma gli Style Council, insolita e ambiziosa formazione a due elementi che esplora con successo i territori del cool jazz e del pop soul sofisticato. Con lui è Mick Talbot (1958) già leader dei Moerton Parkas e tastierista per breve tempo con Dexy's Midnight Runners e Bureau. Discografia e Wikipedia

Old Crow Medicine Show - Paint This Town (2022)

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  di Blackswan Vado a memoria, ma per quanto mi sforzi, non ricordo un disco brutto degli Old Crow Medicine Show. Una carriera in crescendo, per intensità e ispirazione, in cui il combo capitanato da Ketch Secor, è riuscito a dare nuova linfa vitale alle radici del suono americano, attraverso un approccio esuberante e grintoso mutuato tanto dalla tradizione quanto dal punk’n’roll. Tornati alla loro ex etichetta (la ATO), dopo un disco, Volunteers, pubblicato per la Columbia, il sestetto di stanza a Nashville, si ripresenta, dopo quattro anni di silenzio (interrotto solo dalla pubblicazione dal notevole Live At The Ryman), con un nuovo album, che è anche il primo registrato nei loro studio e il primo che vede tra le fila della line up i nuovi membri, Jerry Pentecost (batteria, mandolino), Mike Harris (chitarra slide, chitarra, mandolino, banjo, dobro, voce) e Mason Via (chitarra, gitjo, voce). Paint This Town non nasconde i suoi intenti, esplicitati in liriche mai così intense e struttu

E T I C H E T T E

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