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Visualizzazione dei post da giugno, 2022

Quando Miles Davis fu percosso dalla polizia americana

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 di Luca Divelti “Lo vedi quel nome in alto? C’è scritto Miles Davis! E sono io!” Il poliziotto che gli intimava di allontanarsi dal marciapiede di fronte al Birdland, il locale a Broadway dove si stava esibendo con il suo gruppo, non sembrava particolarmente colpito da quella affermazione e neppure dall’insegna. O forse, più semplicemente, non gli importava affatto. Probabilmente vedere quel nero vestito di tutto punto che accompagnava a un taxi una ragazza bianca lo aveva indispettito: come si permetteva quell’ometto di atteggiarsi con così tanta confidenza con una del colore sbagliato? E poi perché non si limitava ad andarsene come gli era stato ordinato, come facevano tutti gli altri, consentendogli così di riprendere la ronda notturna e soprattutto di ristabilire il giusto senso delle cose? Ma Miles Davis lo fissava dritto negli occhi, con quello sguardo penetrante che non solo non sembrava affatto sottomesso, ma addirittura lo sfidava apertamente. La discussione intanto declinava

Pretty Archie - Pretty Archie (2022)

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Con l’uscita del suo nuovo album omonimo, Pretty Archie è abbastanza fiducioso che il mix unico della band di musica folk, americana, bluegrass, alt-country della costa orientale attirerà un pubblico più ampio che mai. Celebrando il decimo anniversario con quello che è probabilmente il loro miglior lavoro fino ad oggi, i membri della formazione hanno pubblicato il disco a metà febbraio tramite Curve Music/Warner. Questo è il sesto lavoro dei Pretty Archie, ed è uno di cui sono giustamente orgogliosi, perché rappresenta un grande balzo in avanti nell’evoluzione del sound del gruppo. ‘Sento che ciascuno dei nostri altri dischi è stato un passo avanti rispetto al precedente, ma questo è sei passi avanti’, ha detto il bassista/cantante/cantautore Colin Gillis. ‘Siamo orgogliosi di tutto ciò che abbiamo realizzato, ma questo è a un livello diverso’. Il famoso produttore e ingegnere Mark Howard, il cui curriculum costellato di star include il lavoro con Bob Dylan, Willie Nelson, U2, Tom Wait

Lost in Transmission No. 66

Judy Collins - Spellbound (2022)

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Dopo avere fatto, per cinquanta e passa anni, sopratutto l'interprete, Judy Collins ci propone un album con composizioni sue. Un disco fatto ed inciso solo ed unicamente con materiale scritto di sua mano. Primo disco scritto e prodotto ( assieme al fido Alan Silverman ), completamente da lei. Registrato assieme ad Ari Hest, il cui disco fatto assieme a Judy (Silver Skies Blue) era stato nominato ai Grammys nel 2016, e con il multi-instrumentalist Thad DeBrock (Duncan Sheik, Nelly, Jonas Brothers), il bassista Zev Katz (Marc Anthony, Elton John, Billy Joel), ed il batterista Doug Yowell (Suzanne Vega, Joe Jackson, Duncan Sheik).  Nel corso della sua lunga carriera, Judy Collins ha sempre mostrato un gusto impeccabile. Nel suo storico album del 1967, Wildflowers, ha presentato una straordinaria collezione di pezzi originali insieme a quelli di nomi non ancora noti al pubblico dell’epoca come Joni Mitchell e Leonard Cohen, oltre a una coraggiosa selezione di canzoni di Jacques Brel e

Strawbs

Dave Cousins e Tony Hooper, compagni di Università a Leicester, suonano negli Strawberry Hill Boys (che prendono il nome dal distretto di Londra dove provano) con un repertorio di bluegrass e folk ispirandosi a Peggy Seeger e a Earl Scruggs. Dopo una breve esperienza con il mandolinista Arthur Phillips, ingaggiano il bassista Ron Chesterman e la cantante Sandy Denny e si ribattezzano Strawbs. Discografia e Wikipedia

Lyle Lovett - 12th of June (2022)

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 di Marcello Matranga Sono sincero. Lyle Lovett mi è sempre piaciuto, e non poco. Autore di alcune delle canzoni più belle tra quelle che hanno costeggiato i confini di un country songwriting allungandosi al Jazz  quando è entrata in scena la Large Band, in realtà includendo anche Blues, Folk, Swing. Non pago di tutto ciò, Lovett ha svolto anche un'intensa carriera di attore, con ruoli di rilievo in films e TV series (mi viene in mente The Bridge). E stato sposato con la splendida Julia Roberts. Insomma la vita gli ha dato delle belle soddisfazioni. Il tutto con una classe immensa, frutto di una talento cristallino e di una modestia sorprendente.Mettete il tutto insieme, ed avrete uno dei musicisti più amati del panorama musicale americano. Chiuso il contratto che lo ha legato alla MCA/CURB fin dagli inizi della sua carriera, Lovett approda adesso ad un'altra label di tutto rispetto, la Verve Records. E questo debutto non poteva essere migliore. 12th Of June è un disco personal

John Coltrane: misticismo, innovazione e orgoglio nero

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 di Luca Divelti “Alla fine, ciò che conta non sono gli anni della tua vita, ma la vita che metti in quegli anni.” Abraham Lincoln “Questo pomeriggio ci siamo riuniti nella quiete di questo santuario per pagare l’ultimo tributo di rispetto a queste meravigliose bambine di Dio. Sono entrate sul palcoscenico della vita appena qualche anno fa, e nei pochi anni vissuti su questa scena mortale, hanno vissuto degnamente. Ora cala il sipario; vanno verso l’uscita; il dramma della loro vita terrena si conclude. Esse sono ancora destinate a quell’eternità da cui sono venute. Queste bimbe – innocenti e bellissime – sono state le vittime di uno dei più vili e tragici crimini mai perpetrati contro l’umanità.” Con queste parole dense di dolore e commozione il Reverendo Martin Luther King iniziava il suo elogio funebre il 18 settembre 1963 a Birmingham, in Alabama, durante le esequie di Carol Denise McNair, Addie Mae Collins e Cynthia Diane Wesley. Pochi giorni prima, quattro membri del Ku Klux Kla

Calexico – El Mirador (2022)

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 di Lorenzo Montefreddo I confini non sono che simboli. Invece che pensarli come dei limiti, mi piace immaginarli come una finestra aperta su qualcosa (Joey Burns) Benché nell’attuale fase storica la parola confine evochi suggestioni meno poetiche, per Joey Burns, co-leader dei Calexico insieme al batterista John Converino, quella citata sopra è la definizione di frontiera: un luogo che vive solo sulle mappe ma è, nella visione di Burns, un’occasione per sviluppare ibridi culturali e un’opportunità per creare nuovi immaginari. Un concetto chiaro su cui, da 25 anni, la band di Tucson ha costruito tutta la sua poetica, dall’esordio “Spoke” passando per il disco rivelazione “The Black Light” del 1998 fino all’uscita  del 2020 "Seasonal Shift". Nell’ultima produzione la finestra a cui fa riferimento Joey Burns sembra però più rivolta a Sud, aprendosi sia sul Messico, come sempre, che sul limitrofo Centro America. “El Mirador” è stato registrato a Tucson in casa del tastierista Se

Lost in Transmission No 65

The Smile – A Light For Attracting Attention (2022)

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Come è accaduto su larga scala, e non soltanto in ambito musicale, la pandemia e i conseguenti lockdown hanno modificato dinamiche e abitudini quotidiane. Il progetto The Smile, probabilmente, non sarebbe esistito senza le misure per la protezione della sanità pubblica: Jonny Greenwood e Thom Yorke hanno infatti cominciato a lavorare “a singhiozzo“, come ricorda il chitarrista, “su una serie di canzoni che avremmo voluto portare a termine“. Le difficoltà di spostamento e di riunione hanno fatto sì che non venisse coinvolto nessun altro Radiohead se non loro due, che è anche la ragione della denominazione inedita, ispirata da una poesia di Ted Hughes e intesa (precisa il frontman) “non come il sorriso che fa ‘aha’, piuttosto quello di un tizio che ti mente ogni giorno“. Insieme a loro, un batterista virtuoso come Tom Skinner (del collettivo jazz Sons Of Kemet) e l’immancabile Nigel Godrich, unico altro solido legame con la loro band principale. In realtà, le canzoni scritte da Yorke e G

The Stranglers

Hugh Cornwell (1949) prima di laurearsi in biochimica, suona il basso nel gruppo degli Emile & The Detectives del quale fa parte per breve tempo Richard Thompson, futuro membro dei Fairport Convention. In seguito trova lavoro come assistente di laboratorio a Guttenberg, in Svezia, dove forma i Jhonny Sox. Discografia e Wikipedia

Storia della musica #10

La psichedelia Il fenomeno della psichedelia, di cui s’intravedono i primi segnali nel 1965 e di cui si scorge la fine negli ultimi anni del decennio, è l’evento più complesso dei ’60, tanto è fitta la ragnatela di eventi, gruppi e rimandi e tanto è vasta la sua influenza su tutti i frangenti del rock: dal folk-rock al blues-rock, dal garage-rock al pop. Partiamo dalle definizioni che comunemente si danno al genere: una musicale, indica lo stile psichedelico come quella corrente musicale in cui le forme si dilatano in lunghe jam strumentali mutuate dal jazz e in cui le sonorità si arrochiscono di nuovi strumenti e suggestioni: da quelli orientali a quelli elettronici applicati a voci e strumenti; un’altra, di carattere storico, spiega come la musica psichedelica sia nata come sottofondo all’esperienza lisergica o, appunto, psichedelica che deriva dall’assunzione degli acidi; un’altra ancora, filologica, spiega che esistono due ondate psichedeliche: una originale, quella americana e una

Warpaint - Radiate Like This (2022)

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 di Nino Ciglio Ad ascoltare Radiate Like This, sembra incredibile che sia passato mezzo decennio dal precedente album delle Warpaint, Heads Up (2016). La formula è pressoché immutata: dream pop raffinatissimo, impreziosito da innesti che dialogano a volte con la psichedelia, altre con l’R&b. Lo stile con cui questa formula viene messa in scena è altrettanto invariato. Atmosfere sognanti, armonie lussureggianti e strati di calibrata emotività. Le aspettative, quelle relative a una band che è emersa in un periodo (2007-2009) in cui le indie-girl-band con caratteristiche simili erano all’ordine del giorno, anche loro sono rimaste invariate. Quando c’è questa qualità, quest’attenzione ai dettagli, questo gusto da estete del suono, è impossibile non prestare attenzione ai possibili scossoni. Negli ultimi cinque anni, Emily Kokal, Jenny Lee Lindberg, Stella Mozgawa e Theresa Wayman non sono state l’epitome dell’attività, ma non sono nemmeno rimaste ferme. Maternità, progetti paralleli,

Nina Simone: quando il razzismo segna una vita intera

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 di Luca Divelti “Nessuno salirà su di noi se prima non avremo piegato la schiena.” Martin Luther King Eunice aveva un talento per la musica incredibile, mostrato fin dall’infanzia, vissuta nel profondo sud degli Stati Uniti, dove essere di colore era un lusso che si pagava con umiliazioni e discriminazioni quotidiane. Il razzismo riesce ad essere miope anche di fronte alla bellezza ed Eunice ne prese dolorosamente atto durante un recital in chiesa, quando vide i suoi genitori gentilmente invitati ad alzarsi dalle prime file per accomodarsi in fondo alla sala e lasciare spazio ai più meritevoli glutei dei signori bianchi. La ragazzina si mostrò poco tollerante all’oltraggio subito e si rifiutò categoricamente di suonare fino a che suo padre e sua madre non avessero riottenuto i propri posti. La sua grinta e il talento però non sarebbero bastati da soli a farle abbracciare il sogno di diventare una pianista classica: i soldi messi insieme dalla comunità nera e dai suoi genitori per paga

Pere Ubu - Lady From Shangai (2013)

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di Silvano Bottaro Lady From Shangai titolo di un famoso film di Orson Welles del 1947 è l'ultima fatica dei Pere Ubu. Numero quindici della loro discografia, esce a trentacinque anni di distanza da quello che rimane il loro capolavoro, fondamentale, primo disco pubblicato "The Moder Dance", targato 1978. Un'altra opera difficile e complessa uscita da quell'eclettico creativo sessantenne David Thomas, mente e voce del gruppo, unico membro originale della band che, in questi trent'anni ha "danzato" su un tappeto musicalmente tecnologico, "moderno" e rumoreggiante di un suono d'avanguardia. Asciutto, astringente, essiccato, spoglio, sono gli aggettivi che più si sprecano nel cercar di dare una connotazione "scritta" a questo album che Thomas dichiara come "musica da ballo". Sia chiaro, qui di suoni ballabili non c'è n'è nemmeno l'ombra. Sono undici brani di rock sperimentale dove "deformazi

Folk Show: Episode 114 - #StandWithUkraine

The Boomtown Rats – Citizens Of Boomtown (2022)

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 di Marcello Valeri Con pandemico ritardo eccomi a recensire un disco che nessuno si aspettava e, probabilmente, nessuno aspettava: The Boomtown Rats – Citizens Of Boomtown. Diciamolo, nel nostro Belpaese i Boomtown Rats, con i loro 6 album all’attivo escluso questo non hanno mai realmente sfondato a livello di popolarità. Di loro si amò il singolone I Don’t Like Mondays che è divenuto una vera e propria antonomasia spesso usata anche in varie pellicole come sottofondo e che accompagna talvolta anche le orecchie interiori di qualcuno tra gli ultimi minuti della domenica sera e il primo bus il lunedì mattina… I Boomtown dovettero molto della loro popolarità al leader, il Bob Geldof che assurse a celebrità globale con l’organizzazione del Band Aid, ovvero l’iniziativa benefica culmine degli anni 80 iniziata con il singolo all stars Do They Know It’s Christmas Now e proseguita con il broadcast mondiale dei due Live Aid in quasi contemporanea in Inghilterra e America. Da lì in poi, una car

The Stooges

James Jewel Osterberg nasce nell'aprile del 1947 a Ann Arbor, nel Michigan. Il suo primo gruppo sono gli Iguanas, con i quali suona per alcuni mesi la batteria attorno al 1964. La band, dedita a una rozza miscela di blues e r'n'b, pubblica il singolo Monall Don't Why, ristampato nel 1978 in Inghilterra. Nel 1965 il giovane Osterberg, che nel frattempo è entrato nella formazione dei Prime Movers, lascia Detroit alla volta di Chicago in cerca di nuove esperienza musicali. Discografia e Wikipedia

Arcade Fire - We (2022)

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 di Fabrizio Siliquini Quando gli Arcade Fire hanno annunciato il nuovo album per il 2022 il mio primo pensiero è stato che per la band fosse arrivato il momento più complicato della loro carriera, da “Funeral” a “Reflektor” il loro percorso era stato brillante e anche di crescita, creando un immaginario da big band e allo stesso tempo alimentando un successo che non intaccava una percezione di band intellettuale e al di sopra del mainstream. Nel 2017 ecco che arriva il primo passo falso, “Everything Now“, che nelle intenzioni doveva essere un album capace di fare contenti un po’ tutti, si rivela come privo di grandi motivi per esaltarsi, il singolo omonimo ha una sua certa ariosità coinvolgente, “Creature Comfort” poteva essere un ottimo apripista per un album danzereccio e allegro, ma nel complesso l’album non convince la critica e soprattutto i fan storici. A dirla tutta oggi “Everything Now” sembra un tentativo fallito di intraprendere una nuovo percorso iniziato con il più riuscit

Louis Armstrong, in arte Satchmo: la storia di We have all the time in the world

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 di Luca Divelti “Se qualcuno è stato un maestro, quello è Louis Armstrong”  Duke Ellington Louis Armstrong si era presentato piuttosto malmesso all’incisione del brano: John Barry aveva voluto che a interpretare la sua We have all the time in the world fosse il grande jazzista, sicuro che Armstrong fosse in grado di caratterizzare al meglio la canzone e darle un’impronta degna del grande performer. Il trombettista non era stato considerato come prima scelta per il tema musicale di Al servizio segreto di sua Maestà, il nuovo film di James Bond, che vedeva lo storico passaggio di consegne tra l’iconico Sean Connery e il fugace George Lazenby per i panni del protagonista: la produzione preferiva volti e nomi più sulla cresta dell’onda, come Nancy Sinatra o Tom Jones, e si domandava se il vecchio Louis fosse davvero capace di polarizzare ancora l’attenzione e rendere We have all the time in the world un pezzo da classifica. La salute del jazzista era infatti malferma da tempo: dal 1967 in

Yo La Tengo - Fade (2013)

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di Silvano Bottaro Di tanto in tanto capita di ascoltare un album di cui non si ha voglia di parlare temendo un confronto tra di esso e le proprie parole. Questo succede quando un disco comunica qualcosa non appena comincia a suonare e subito uno si sente partecipe delle emozioni dell'artista e gli regala candidamente le proprie, e anche dopo aver ascoltato un solo brano hai la certezza che tutto il resto sarà buono. Questo è uno di questi. Vicini al trentesimo anno di attività (si sono formati nel 1984), i Yo La tengo pubblicano il loro sedicesimo album in studio che porta il bel titolo di Fade ovvero "dissolvenza". Il trio composto da Ira Kaplan (chitarra, piano, voce), Georgia Hubley (batteria, pianoforte, voce) e James McNew (basso, voce), non ha mai amato la luce dei riflettori dello show business e proprio per questo non hanno mai avuto un grande successo commerciale diventando quindi una band di culto. Tra le band più interessanti degli ultimi vent

Folk Show: Episode 113

Kurt Vile - (Watch My Moves) (2022)

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di Paolo Ciro Dice Wikipedia che nel 2014 il gigantesco murale realizzato un anno prima a Philadelphia in onore di Kurt Vile venne ricoperto di vernice bianca per mano di uno zelante cittadino impaurito dalla possibilità che l'opera attirasse altri graffiti nel quartiere. Dopo essere stato identificato, il tizio ammise di aver fatto una cosa decisamente stupida e lo staff di Vile ripristinò il disegno, che nel frattempo era diventato la copertina di "Wakin' On A Pretty Daze", un titolo che ancora oggi riassume perfettamente l'approccio di Vile alla materia compositiva. Da sempre, le sue uscite discografiche sono il risultato di un metodo tanto lento nella costruzione (quello di chi si è appena svegliato), quanto adagiato nella foschia post-stordimento della quale Kurt è maestro; un'estetica slow-food applicata alla composizione, che prende forma sull'onda di una prima intuizione e viene poi fisiologicamente assecondata in base a un processo il cui esito è

E T I C H E T T E

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