Post

Visualizzazione dei post da marzo, 2024

Sergio Cammariere

Dopo una lunga gavetta nel circuito dei locali jazz della capitale, sul finire degli anni '80 il crotonese (ma romano di adozione) Sergio Cammariere avvia un sodalizio con il cantautore Roberto Kunstler, inaugurando allo stesso tempo l'attività di autore di colonne sonore, per il teatro e per il cinema. Discografia e Wikipedia

Last of the rock stars - Elliott Murphy (1973)

Immagine
L'America che cantava Elliott Murphy agli inizi degli anni settanta sapeva già di alienazione. "Mr. Blue", come sarà poi definito negli anni a venire per la malinconia che da sempre investe le sue canzoni, anche se guidata dal rock 'n' roll, si faceva portavoce di un'altra generazione perduta, cresciuta con il Vietnam, con mille sconvolgimenti sociali, una Lost Generation di uomini che hanno volontariamente camminato lontano dalla strada maestra pur di non gettare alle ortiche i propri ideali. Elliott Murphy cantava le profonde contraddizioni di quell'America con il cinismo di Lou Reed, le atmosfere di Bob Dylan e l'attitudine di Bruce Springsteen. (M. Cotto - da Rock Therapy)  

Charlie Parr - Little Sun (2024)

Immagine
di Gianfranco Callieri Nato ormai più di mezzo secolo fa nella Mower County del Minnesota, zona orientale dello stato (al confine con lo Iowa) dalla quale non si è mai spostato, nonché origine di improvvidi paragoni con un certo Bob Dylan, Charlie Parr ha impiegato metà della propria vita per costruirsi una fama da outsider assoluto del country-blues, intento a registrare (una pletora di) dischi nelle condizioni più improbabili e scricchiolanti, devoto alle configurazioni più arcaiche e spartane della cosiddetta old-time music. Figlio di operai, entrambi sindacalisti nell’industria della carne, il musicista avrebbe potuto sin qui essere scambiato, almeno a giudicare dai suoi numerosi e spesso stropicciati lavori, per uno dei folksinger sbucati dalla collezione a 78 giri di Harry Smith, l’eclettico collezionista cui si deve la celeberrima Anthology Of American Folk Music (1952), primo e insuperato tentativo di dare ordine, struttura e sistemazione alla musica popolare degli Stati Uniti

In ricordo di George Martin: lo Zio Scarafaggio

Immagine
 di Riccardo Bertoncelli  Se Brian Epstein fu “il papà” dei Beatles, per usare il termine affettuoso coniato dagli stessi figlioli, Martin è stato lo zio saggio e complice; chiamato da subito a consigliare, a controllare, fondamentale trait d’union fra il mondo a colori di quei geniali scapestrati e il bianco-e-grigio dei burocrati delle Industrie Elettriche Musicali. Produttore scrupoloso e arrangiatore di talento (basterebbe il ricordo famoso di Yesterday o di Eleanor Rigby), stimolato dai suoi pupilli a vere e proprie missions impossible; come la famosa volta che John gli chiese di suturare due versioni di Strawberry Fields Forever non solo diverse ma proprio con un altro tempo e lui eseguì, con forbici, pecetta e dito sul nastro, consegnando quel brano alla storia – le necessità pre-tecnologiche aguzzavano l’ingegno. Martin era già qualcuno quando i Beatles arrivarono, nel 1962, anche se non c’è dubbio che senza di loro oggi non saremmo qui a scriverne. Era entrato alla EMI nel 195

Patti Smith - Twelve (2007)

Immagine
di Silvano Bottaro La nostra sessantunenne Patti Smith non sente i segni del tempo, e ci regala questo bel disco di cover. E' facile pensare che un disco di cover sia un disco di comodo, un'uscita obbligata da contratti discografici, il riempire un vuoto creativo, insomma tutto fuorché un'opera vera e propria. No, niente di tutto questo. questo è un disco puramente voluto e sentito dalla nostra. Patti Smith ha sempre amato rifare brani di altri autori, nella sua carriera ne ha inciso abbastanza, con le canzoni degli altri riesce a dare il meglio di se, riesce a plasmarli come fossero opere sue. Per il titolo del disco non ha passato notti insonni, si chiama Twelve, dodici, come il numero delle canzoni incise. Sull'interpretazione invece, l'ex sacerdotessa punk ha fatto molto, cercando di ricreare e far sue alcune perle della storia del rock. Queste dodici canzoni ci accompagnano per un'ora di musica piacevole, molto godibile. Un cd che sono convinto

The Jesus And Mary Chain - Glasgow Eyes (2024)

Immagine
di Tommaso Iannini «La gente dovrebbe aspettarsi un disco dei Jesus and Mary Chain e questo è certamente ciò che è Glasgow Eyes.» Grazie Jim, in quanto a tautologie noi “critici” andiamo forte, ma se anche gli artisti da questo punto di vista ci danno una mano è più un indizio di mala sopportazione o di solidarietà? Qualunque sia la motivazione, questa esternazione di Jim Reid è a suo modo illuminante. La chiave di lettura di questo nuovo disco dei Jesus and Mary Chain è da un lato la più semplice. Ma una volta che siamo tutti d’accordo che Glasgow Eyes porti la firma riconoscibile dei suoi autori, cosa ci si aspetta allora da un disco dei fratelli Reid? Un sound? Veramente ne hanno cambiati almeno tre o quattro: Psychocandy è stato quello che è stato, Darklands aveva volutamente un altro suono, Automatic un altro ancora, per non parlare di Stoned and Dethroned. E per limitarci ai tempi più recenti questo non è nemmeno un remake di Damage and Joy, l’unico altro album nato dalla reunion

Norah Jones - Visions (2024)

Immagine
 di Andrea Campana Pubblicato a quattro anni di distanza dal precedente “Pick Me Up Off The Floor” del 2020 – se non si conta l’album natalizio “I Dream Of Christmas” del 2021 – “Visions” è il nono lavoro in studio di Norah Jones e arriva a più di vent’anni di distanza da quello storico “Come Away With Me” (2002) che rimane un blueprint per il soft-jazz canoro delle ultime due generazioni. Cresciuta con la musica in famiglia, figlia d’arte di Ravi Shankar, in un ventennio e più la Jones si è distinta con produzioni delicate e raffinate ma anche occasionalmente audaci ed eclettiche, come con il memorabile “Little Broken Hearts” (2012), prodotto in collaborazione con Danger Mouse, che ha marcato un deciso allontanamento dal jazz. Per non parlare dell’avventura durata un album di “Foreverly” (2013), incentrata su cover di brani tradizionali realizzati in stile folk nientemeno che con Billie Joe Armstrong dei Green Day. Insomma, in tanti anni Norah Jones ha saputo spaziare tra le note, anc

Juri Camisasca

Nato nel 1951 a Melegnano, nei pressi di Milano, Roberto "Juri" Camisasca esordisce nel 1974 grazie all'interessamento di Franco Battiato, conosciuto ai tempi del servizio militare, che gli produce l'esordio "La finestra dentro", pubblicato dalla Bla Bla di Pino Massara: si tratta di un disoc atipico, in cui il chitariista e cantante mette in campo le proprie ossessioni attraverso testi tra il grottesco e il surreale. Discografia e Wikipedia

Tupelo - Nick Cave and the Bad Seeds (1985)

Immagine
Parabole e rivisitazioni del Vecchio Testamento, apocalisse che si allarga nel tempo ed entra nello spazio del privato, piogge che scorrono come i fiumi e storie attraversano come lampi il grigiore della vita, morti violente che si insinuano rapide. Nick Cave, australiano di Melbourne, ha sempre innaffiato i suoi campi musicali con acque malate, oscure, ossessive, accompagnato da un gruppo fedele che nel nome moltiplica la voglia di crescere i fiori del male di vivere: Bad Seeds, "semi cattivi". Tupelo è un brano che paga i suoi tributi all'omonima canzone di John Lee Hooker e, per il " Looka yonder! Looka yonder!", iniziale, a Lead Belly (questa la grafia corretta voluta da Huddie William Ledbetter e riportata pure sulla sua tomba, anche se molti lo ricordano come Leadbelly). (M. Cotto - da Rock Therapy)

Black Crowes - Happiness Bastards (2024)

Immagine
 di Massimo Quarti L’intenzione dell’album è già interamente nel titolo: “Happiness Bastards”. Infatti, come anticipato nel loro comunicato stampa, “I Black Crowes si lasciano tutte le stronzate alle spalle”, ed è esattamente l’umore che respiriamo appena attaccano le prime note; i ragazzi di Atlanta tornano a 15 anni dall’ultimo album di inediti “Before the Frost… Until the Freeze”, esce oggi “Happiness Bastards” e i fratelli Robinson piantano la bandiera che conferma la riconciliazione già anticipata dalle tournée degli anni appena passati. La carica infuocata di un tradizionale rock ‘n’ roll / rhythm & blues crea la totale identità di questo nuovo lavoro e non si smentisce neanche per un attimo. Ancora una volta, questo è ciò che volevano, questo è ciò che han fatto: scuotere e innalzare anima e corpo dell’ascoltatore tramite qualcosa che, oggi, difficilmente arriva alle nostre orecchie: non c’è da stupirsi, non c’è da aspettarsi la sorpresa dietro l’angolo, c’è solo da alzarsi

Francesco Guccini. Canzone di giugno, n. 80

Immagine
di Riccardo Bertoncelli  Di un tipo così in America direbbero che è “one of a kind”, “di una specie tutta sua”. Il diretto interessato vola più basso: le canzoni, gli è capitato di scrivere, le crea gente “quasi normale/ ma con l’anima come un bambino/ che ogni tanto si mette le ali/ e con le parole gioca a rimpiattino”.  Sarà, ma io sto con gli americani. Guccini non l’ho mai trovato “quasi normale” ma proprio “speciale”, e per tante buone ragioni. Perchè non ha mai sgomitato, anzi, una naturale pigrizia in questo caso provvidenziale lo ha allontanato spesso e volentieri dalla mischia. Perchè non ha mai voluto apparire, diffidando da uomo antico degli Appennini di tutto quello che di moderno e modaiolo è  comparso sulla scena del mondo negli ultimi 50 anni, dal Festivalbar a Facebook. Perchè si è sempre preso i suoi tempi, anzichè farsi fare l’agenda dagli altri; quindi un disco quando veniva e in un anno magari una canzone sola (sembra il mio amico Robert Wyatt). Perchè non è mai sta

John Cougar Mellencamp - The Lonesome Jubilee (1987)

Immagine
di Silvano Bottaro Il ribelle, questo è l’aggettivo che più si addice a J. M. che passa l’adolescenza tra moto, bar, ragazze e gruppi rock, per poi sposarsi a diciannove anni. Dopo vari dischi, più o meno di valore, è con “ scarecrow ” del ’85, disco antecedente a questo, che Cougar , così si fa chiamare all’epoca, arriva al vero successo. I testi rilevano una sincera presa di posizione per i temi d’impegno sociale, soprattutto a favore degli agricoltori in crisi (sarà lui stesso ad organizzare il “ Farm Aid ”. Ma non solo al sociale sono rivolte le sue liriche, sono una miscela di riflessioni, commenti e descrizioni sulla sua condizione di vita presente e un po’ nostalgica, quando ricorda il suo esser stato più giovane. Con questo “the lonesome jubilee ” J. C. si affina soprattutto anche sul piano musicale evolvendosi con elementi soul, tex mex e musica latina e con l’arricchimento di strumenti come il violino, la fisarmonica e il banjo. L'album è di "presa&qu

New Order - Power, Corruption & Lies (1983)

Immagine
4 ragazzi di Manchester fecero una promessa, una volta creata la loro band: se uno di noi fosse andato via, la band sarebbe finita. Probabilmente non pensavamo che l’abbandono di uno dei componenti fosse definitivo. L’infausto 18 Maggio 1980, Ian Curtis, cantante dei Joy Division, viene trovato morto nella sua casa al numero 77 di Barton Street a Macclesfield: suicidio. La band si scioglie in quell’esatto momento, mentre l’album testamento, finito da poco, Closer, regala al mondo l’ultima perla oscura di quella band formidabile. Bernard “Albrecht” Dicken, nome d’arte Bernard Sumner (voce e chitarra), Stephen Morris (basso e voce) e Peter Hook (batteria) cambiano subito nome, e diventano New Order. Sono passati pochi mesi, siamo nel settembre del 1980, quando esce con questa sigla Ceremony \ In A Lovely Place, scritte in precedenza come Joy Division. Ancora confusi, scelgono una tastierista, Gillian Gilbert, e registrano un nuovo singolo, Everything’s Gone Green, che anticipa il primo d

Prince And The Revolution - Purple Rain (1984)

Immagine
I fiori sulla copertina, che sono la caratteristica comune ai dischi di Aprile, in questo caso cadono a cascata a lato della sua foto, in sella alla motocicletta. Viola. Il disco di oggi, uno dei più celebri della storia del rock, è un mix inarrivato di creatività, megalomania, successo. Arriva nel momento in cui Roger Nelson, in arte Prince, si sente stretto solo per il mondo della musica. Mondo il quale padroneggia come nessuno all’epoca: a 13 anni il primo gruppo (Gran Central poi Champagne) nella sua Minneapolis, a 19 è già capace di scrivere e autoprodursi un intero disco, caratteristica che la Warner Bros. nota subito: For You (1978), Prince (1979), Dirty Mind (1980) sono tutti scritti, suonati, arrangiati da lui, una sorta di One Man Band che mischia funk e rock, Little Richard con Sly & The Family Stones, che ammicca seducente, tanto che i Rolling Stones lo chiamano ad aprire il loro Tour del 1981. Scrive con un ritmo esagerato, un disco all’anno, nel 1982 arriva addirittur

Alberto Camerini

Nato nel 1951 a San Paolo del Brasile, dove trascorre l0infanzia, Alberto camerini esordisce come sessionman nel 1971, lavorando come chitarrista di studio presso l'etichetta Ariston. Parallelamente, il musicista da vita agli Smog, con Roberto Colombo e a Il Pacco, di cui fanno parte anche Eugenio Finardi e Donatella Bardi: dopo aver preso parte alle regitrazioni di "Volo Magico N° 1" di Claudio Rocchi. Discografia e Wikipedia

Telegraph Road - Dire Straits (1982)

Immagine
La Telegraph Road si estende per 129 chilometri. Si chiama in realtà "Route 24", ed è stata costruita nel Michigan nel 1926, prima della Grande depressione e subito dopo l'avvento del telegrafo, i cui pali si stagliavano nei campi, paralleli alla strada. A Mark Knopfler venne l'idea di prenderla come spunto per raccontare in modo epico e romantico il passaggio dall'America rurale all'industrializzazione. Gli venne in mente mentre era in tour con i Dire Straits eil tour bus viaggiava proprio sulla Telegraph. I pali del telegrafo sembravano canne di un organo, il paesaggio desolato e le poche macchine gli fecero venir voglia di imbracciare la chitarra. E iniziare un'altra odissea sonora ai confini del tempo.   (M. Cotto - da Rock Therapy)

The Bevis Frond - Focus on Nature (2024)

Immagine
di Paolo Baiotti  The Bevis Frond è dal 1987 la creatura di Nick Saloman, uno di quei personaggi dell’underground musicale che fortunatamente ancora esistono e riescono a pubblicare con regolarità dei gioiellini artigianali composti e registrati con passione e capacità. Nick è davvero un personaggio poliedrico, una sorta di guida spirituale del rock inglese degli ultimi quarant’anni: musicista che ha collaborato a molteplici progetti paralleli, proprietario fino a poco tempo fa di un negozio di dischi usati nell’Essex, curatore del magazine Ptolemaic Terrascope e di una label indipendente, dj radiofonico, oggi ritorna a incidere su Fire, a tre anni di distanza da Little Eden, un altro doppio vinile e singolo cd. In Focus On Nature si mischiano le sue svariate influenze a partire da Jimi Hendrix e dalla psichedelia britannica e californiana dei sixties, aggiungendo space rock, pop, hard rock, nomi come Wipers, Disosaur Jr, Big Star e Pavement, con quel fondo di malinconia nella voce e n

Taylor McCall - Mellow War (2024)

Immagine
 di Fabio Cerbone  Una voce che è uno squarcio nei cieli dell’Americana, Taylor McCall al secondo album in carriera centra in pieno il bersaglio, offrendo un disco di dense ballate dove country, rock, gospel e riverberi sudisti si coalizzano per raccontare una storia ispirata dalle sue radici famigliari. In copertina, infatti, è ritratto il nonno di Taylor, colto in uno scatto di molti anni fa, durante la guerra del Vietnam. Alla figura di quest’uomo è ispirato in qualche modo l’intero ciclo di canzoni di Mellow War, a partire dal brano omonimo, che è stato la scintilla che ha dato il via all’intera costruzione del disco. Un legame di vita e di valori che Taylor McCall aveva già ribadito nel suo precedente lavoro, quel Black Powder Soul che aveva contribuito a segnalare questo giovane songwriter - originario di Greenville, South Carolina e trasferitosi nella natura selvaggia del Montana per inseguire le sue passioni per la pesca e l’escursionismo - sull’estesa mappa dei talenti dell’at

Los Lobos - La pistola y el corazon (1988)

Immagine
di Silvano Bottaro Raggiunto l'apice del successo commerciale grazie al film e alla canzone "La Bamba" sommato ad un stile musicale personalissimo, il gruppo senza sfruttare l'onda commerciale che li ha resi famosi in tutto il mondo, si lancia coraggiosamente in un'impresa senza precedenti. Un disco totalmente acustico, con sette brani tradizionali e due originali composti da loro. Un album suonato per il puro piacere di esprimersi con la musica che rispecchia decisamente le loro origini, la loro provenienza etnica. I Los Lobos erano dei musicisti "chicani" che si guadagnavano da vivere suonando musica tradizionale messicana nelle sagre paesane. E' giusto ricordare che la cultura e la musica messicana è composta da vari "filoni", tra questi i due più importanti sono: le canzoni chiamate "il corrido", che riportano avvenimenti di cronaca, fatti leggendari, tragedie ed eventi salienti e i canti "mariachis" che gene

Hurray For The Riff Raff - The Past Is Still Alive (2024)

Immagine
 di Fabio Cerbone  Quel passato “ancora vivo” richiama a sé Alynda Segarra, cuore e anima dietro l’appellativo di Hurray for the Riff Raff, un bagaglio di volti ed esperienze personali che hanno rappresentato la sua crescita come individuo e come artista (la musicista si definisce persona non-binaria e da sempre è impegnata sul fronte dei diritti civili delle comunità più escluse), dalle strade del Bronx a quelle dell’infinita e contradditoria America contemporanea. Non è un caso che The Past is Still Alive si chiuda con la voce del padre Jose, scomparso poco prima della realizzazione dell’album, colta in un intenso e tenero minuto di conversazione telefonica con Alynda (Kiko Forever). The Past is Still Alive parla di chi non c’è più e di chi abbiamo lasciato andare, eppure ci accompagna ancora con la sua impronta esistenziale, parla di memoria e di crescita, di passaggi del tempo in un’epoca caotica, rivolgendosi a un paese, gli Stati Uniti, che Alynda ha attraversato con lo spirito a

William Elliott Whitmore - Silently, The Mind Breaks (2024)

Immagine
 di Stefano De Stefano Silently, The Mind Breaks è un album tanto rurale, spoglio, bucolico quanto solido nella scrittura. Il nuovo lavoro di William Elliott Whitmore, il nono nella sua carriera senza considerare due auto produzioni nei primi anni, torna a raccontare ancora una volta storie di un’America disillusa e disincantata, da zaino in spalla alla ricerca di verità e risposte in un mondo che segue leggi e dinamiche strane, storte, contraddittorie. Tematiche cupe ed esistenziali raccontate senza fronzoli: nulla di nuovo se pensiamo a un certo filone di scarno e polveroso storytelling da canzoniere a stelle e strisce, eppure suona così confortante il senso di pacata accettazione e di rifugio nei rapporti umani che sgorga dall’ascolto di queste 10 canzoni. Ancora più radicato nelle traditional roots di un Christopher Paul Stelling, di prossima uscita anche lui, William Elliott Whitmore confeziona un album essenziale, che va dritto al sodo arricchendosi ogni tanto del basso di Ryan B

I Camaleonti

I Camaleonti si formano a Milano nel 1965, al Santa Tecla, uno dei templi della scena lombarda dell'epoca, su iniziativa dei milanesi Riki Maiocchi, Gerry Manzoli e Antonio Cripezzi e dei pugiesi Livio Macchia e Paolo De Ceglie. Il gruppo che inizialmente si fa ciamare Mods, poi Beatnicks, e ha un look che rimanda ai gruppi inglesi dell'epoca. Discografia e Wikipedia

Space Oddity - David Bowie (1969)

Immagine
E' il 1956 quando il padre di David Bowie gli regala una copia di Tutti Frutti , il primo singolo di Little Richard. E' lo spartiacque, l'inizio di una nuova vita. " Tutti Frutti  ha riempito la stanza di colori, energia e di uno scandaloso senso di sfida. Avevo appena ascoltato Dio". Per Bowie non è soltanto una rivelazione musicale, è la speranza di una vita lontana dalla schizofrenia. Suo fratello Terry è tornato da una delle ultime guerre coloniali della Gran Bretagna, nello Yemen, profondamente turbato e distrutto. Un giorno, mentre lui e David camminano verso casa, Terry si inginocchia a terra e comincia a colpire violentemente l'asfalto con le mani. E' convinto di vedere delle crepe che si aprino e fiamme ovunque, come all'inferno. Bowie, che per anni ha avuto il terrore che anche la sua psiche potesse andare in pezzi, si butta sulla musica.  (M. Cotto - da Rock Therapy)

Mol Sullivan - Goose (2024)

Immagine
 di Yuri Susanna  Non si può dire che abbia fatto le cose in modo frettoloso, Mol Sullivan. Goose raccoglie canzoni scritte in un arco temporale lungo, ben quindici anni, da quello che ci raccontano le note stampa. Per di più, l’album è rimasto nel cassetto oltre due anni: le registrazioni risalgono infatti all’ottobre del 2021. Nella canzone che dà il titolo a questo specie di esordio tardivo c’è una domanda, senza risposta, che forse ci spiega i tanti tentennamenti che ne hanno accompagnato la genesi e suona come una chiave di lettura dell’intero album. La songwriter di Cincinnati si chiede: “Am I the swan or just a goose?” (“Sono il cigno o solo un’oca?”). C’è un chiaro riferimento alla favola del brutto anatroccolo, ma la domanda si carica di particolare pregnanza se si guarda alla vicenda biografica di questa promettente autrice, arrivata a incidere finalmente in modo serio le sue canzoni (tentativi di autoproduzione lo-fi risalgono indietro fino al 2012) dopo un tormentato percor

Vera Sola - Peacemaker (2024)

Immagine
 di Gianfranco Marmoro All’inizio erano ombre (“Shades”, anno di grazia 2018), in un attimo messe a fuoco con un’intensità poetica che toglie il fiato: l’America di Vera Sola è uno spaccato inedito, il racconto gothic-noir di una Nashville selvaggia e oscura, che in pochi hanno avuto il coraggio di raccontare. Per “Peacemaker”, la cantautrice americana Danielle Ackroyd (in arte Vera Sola) ha assoldato il co-produttore Kenneth Pattengale (Milk Carton Kids) e uno stuolo di musicisti coi quali scolpire un immaginario sonoro non più circoscritto al dialogo del passato fatto di voce, chitarra e poche sparute vestigia malinconicamente dream-pop che stavano in bilico tra la sensibilità di Marissa Nadler e la solitaria drammaturgia di Leonard Cohen. La scelta di ampliare la struttura strumentale, con band al completo e annesse sezioni d’archi e fiati, va a tutto vantaggio dell’autenticità dei personaggi e delle storie di solitudine, amore e violenza che fanno da sfondo all’album.  Pur pubblica

Area - Arbeit macht frei (1973)

Immagine
di Silvano Bottaro C'è ancora bisogno di commentare un'opera come questa?, di dire chi era ed è diventato per tutti i cultori della musica sperimentale, Demetrio Stratos ? Io credo di si. Basta ascoltare Arbeit Macht Frei , per capirlo. Se pensiamo poi che un genio della sperimentazione musicale, un rivoluzionario dello "strumento-voce", ma soprattutto un uomo dotato di un'umanità fuori dal comune ci ha lasciati, lasciando un vuoto culturale, prima ancora che musicale, incolmabile, sono ancora più convinto del si. Arbeit Macht Frei è una delle cose musicalmente più interessanti che si siano mai realizzate in Italia. Gli Area al di là di certe pretese social -politicizzate, sono il primo gruppo che nella nostra nazione si pone come obbiettivo l'avvicinamento di una grossa fetta di pubblico ad un tipo di musica nuova e non facilmente alla portata di tutti. La struttura portante di questa opera è lo studente di architettura allora ventisettenne D

E T I C H E T T E

Mostra di più