Lo studio è a pochi metri dal Muro, a Berlino. Dalle finestre si vede una delle torrette che guardano a Ovest; dalla torretta spesso le guardie sbirciano i movimenti dentro lo studio. Sotto, tra lo studio e il Muro, ogni giorno nell'ora di pausa-pranzo un Uomo e una donna, quasi certamente berlinesi, probabilmente adulteri di certo clandestini, si incontrano e si amano su una panchina (solo decenni dopo Bowie ammetterà che, in realtà, l'uomo era il produttore dell'album, Tony Visconti, la donna l'amante di quel tempo). L'idea di «Heroes» (le virgolette sono ironiche spiegherà poi Bowie, non sono veri eroi, questi) arriva cosí, da una storia d'amore condannata all'infelicità. Bowie vive da asceta, anzi, da miserabile: si nutre con un uovo al giorno, abita in un appartamento di Neukölln con Brian Eno, ma è questo ciò che vuole, che cerca. A Berlino, la città che gli salverà la vita, o almeno l'ispirazione. «A quel tempo, là a Berlino, tutti pensavano ch...