Friday I'm In Love - The Cure (1992)
The Cure esordiscono con suoni disossati e inquietanti, atmosfere desolate ed estranianti, opponendo all'allora imperante punk un nichilismo dark e un atteggiamento decadente da brividi. Dopo una cover deviante e stralunata della hendrixiana Foxy Lady, cominciarono a incalzare e incantare il loro pubblico, in una parabola non sempre irreprensibile, ma mai banale. Qualità fuori dall'ordinario abitavano l'uomo dal nome comune: Robert Smith, genio e sregolatezza, leader assoluto, poeta adorato dagli orfani di Ian Curtis. In una carriera dall'arco bello e teso, i Cure hanno alternato, e a volte mescolato, melodrammi dark e ampi giri d'orizzonte rock, sonorità orientaleggianti e adattamenti letterari (da Camus, ad esempio), sintetizzatori e ballate dolcissime, psichedelia assortita e primi esempi di gothic rock, filastrocche infantili e digressioni latine, estemporanee fughe funky e romantici archi.
Friday I'm in Love sarà anche una «dumb love song», come l'ha definita Robert Smith, ma è perfetta proprio perché assurda, ottimistica e lontana dal repertorio dei Cure. «La gente pensa spesso a noi come ai leader del Movimento della Malinconia, ma io scrivo canzoni a seconda del mio stato d'animo. Quando ho composto Friday I'm in Love, dovevo essere convinto che il mondo fosse un luogo bellissimo dove niente di sbagliato può accadere».
Smith era così poco abituato a questo genere di canzoni, dove non esiste turbolenza e il volo arriva tranquillo a destinazione, che passò lunghi momenti di panico subito dopo averla scritta, spaventato dalla possibilità di aver inconsapevolmente rubato a qualcuno la progressione di accordi.
Friday I'm in Love sarà anche una «dumb love song», come l'ha definita Robert Smith, ma è perfetta proprio perché assurda, ottimistica e lontana dal repertorio dei Cure. «La gente pensa spesso a noi come ai leader del Movimento della Malinconia, ma io scrivo canzoni a seconda del mio stato d'animo. Quando ho composto Friday I'm in Love, dovevo essere convinto che il mondo fosse un luogo bellissimo dove niente di sbagliato può accadere».
Smith era così poco abituato a questo genere di canzoni, dove non esiste turbolenza e il volo arriva tranquillo a destinazione, che passò lunghi momenti di panico subito dopo averla scritta, spaventato dalla possibilità di aver inconsapevolmente rubato a qualcuno la progressione di accordi.
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