Arcade Fire - Pink Elephant (2025)
di Tommaso Mosole
Dal 2001 gli Arcade Fire sono protagonisti della scena musicale internazionale indipendente, dimostrandosi fin dai primi anni del loro percorso capaci oltrepassare le barriere dell’underground, affermandosi quindi a livello globale, specialmente grazie alla trasversalità della loro musica. I talentuosi ragazzi di Montréal tornano dopo 3 anni dall’uscita di “We” con un nuovo album, “Pink Elephant”, anticipato da una copertina che denota ancora una volta la cura estetica che la band canadese dedica ai propri lavori.
Year of the Snake inclusa, che è il singolo rilasciato come anteprima all’uscita del disco, “Pink Elephant” si compone di 10 tracce. Nel brano citato, la voce di Régine apre la strofa accompagnata da una linea costante di basso in ottave, mentre a eseguire le parti di batteria è per la prima volta Win Butler, dopo l’ufficiale uscita del fratello William dal progetto. Le chitarre giocano qui un ruolo fondamentale, svolgendo parallelamente la funzione ritmica e ambientale della canzone, e creando l’intera scena su cui si dispiegano le voci di Régine e Win. Pink Elephant, la traccia omonima al titolo dell’album, incarna invece quelle sonorità nostalgiche che da sempre caratterizzano gli Arcade Fire. È però Open Your Heart Or Die Trying ad aprire il disco, una ouverture strumentale di sintetizzatori che alterna filtri, oscillatori e risonanze.
Un pezzo che mi ha davvero colpito è Circle of Trust. Un basso-synth accompagna l’intero brano, mentre le voci si alternano a campionamenti di batteria, ping pong sonori e effetti reverse: suona davvero bene. Dall’intro apparentemente banale di drum machine nasce una traccia particolarmente esplosiva. Alien Nation è quella canzone che non vedi l’ora di ascoltare live, e magari per i più fortunati ci sarà pure l’occasione: nel finale si scoppia. Segue Beyond Salvation, nella quale vocoder extraterrestri introducono l’ascoltatore in un mondo tutto nuovo, che non voglio però svelarvi qui. I Love Her Shadow porta note malinconiche-romantiche all’interno di “Pink Elephant”. Anche qui la scelta dei suoni e degli arrangiamenti risulta perfettamente riuscita, e in questo gli Arcade Fire sono una garanzia.
She Cries Diamond Rain sembra quasi riprendere la traccia iniziale, ricreando un ambiente quasi alieno, prima del brano in chiusura, Stuck In My Head. Rullante, qualche tamburello e tanto di effetto panning per chi ascolta in stereo. È un totale crescendo, che rimane appunto nella testa: chiude il tutto egregiamente.
“Pink Elephant” è un bel disco, che sarà sicuramente apprezzato dai fan degli Arcade Fire, ma anche da chi non li ha mai approfonditi o vuole scoprirli per la prima volta. “Pink Elephant” è forse veloce, ma sonoramente denso. Basta un ascolto e sale tutta la nostalgia.
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