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Visualizzazione dei post da agosto, 2020

Bright Eyes – Down In The Weeds (2020)

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di Silvia Cinti Il 2020 si sta rivelando nonostante tutto un anno pieno di uscite discografiche e questo è un bene. La musica non deve arrestarsi. Il 21 agosto è uscito, per la label Dead Oceans, il nuovo album dei Bright Eyes intitolato “Down in the Weeds, Where the World Once Was”. Nel 2011 era uscito il nono lavoro “The People’s Key” poi una lunga pausa. Dopo una fase complicata in cui ha dovuto affrontare diversi problemi personali il leader Conor Oberst ha ricaricato le batterie per poi riunirsi ai suoi fedeli amici e colleghi musicisti Mike Mogis e Nathaniel Walcott. Dopo One And Done, Persona Non Grata e Forced Convalescence, Mariana Trench è stato il quarto singolo che ha anticipato la pubblicazione di questo atteso disco che presenta un sound più maturo, ambizioso e creativo rispetto ai precedenti lavori della band statunitense. Dopo l’intro insolita Pageturner’s Rag è con il brano Dance And Sing che l’ascoltatore riesce subito a cogliere l’impronta compositiva d

Bruce Springsteen - The River (1980)

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Quando uscì questo doppio album, qualcuno ipotizzò fosse zeppo di riempitivi. Invece quello che stava passando era un periodo di profonda ed intensa creatività. Bruce Springsteen è un mito della musica anche per questo. Dopo quel capolavoro che fu Darkness On the Edge Of Town (1978, uscito tre anni dopo il mitico Born To Run anche per problemi legali con il suo vecchio management) Springsteen insieme alla sua banda di amici musicali, la E-Street Band (in quel periodo così composta: Roy Bittan alle tastiere, Clarence Clemons al sax, Danny Federici all’organo, Garry Tallent al basso, Steve Van Zandt alla chitarra, Max Weinberg alla batteria) scrive canzoni su canzoni, che suona dal vivo durante le date del tour che segui la pubblicazione di Darkness On the Edge Of Town. Per dire The Ties That Bind, quella che suonerà più spesso, avrebbe dovuto essere anche il titolo del suo nuovo disco. Ma Bruce e i suoi compari capirono che il momento era delicato, le persone vivevano uno scontento

La storia del debutto di Janis Joplin

di Lorenzo Mambella Con la sua voce graffiante e le sue intense interpretazioni, Janis Joplin è stata una cantante di rilievo. Entrata nel club 27, ha vissuto una vita inquieta, fatta di droghe e alcol, una volta fuggita definitivamente da quella che lei stessa chiamava “prigione”, ovvero Porth Arthur (Texas). In questo articolo cercheremo di seguire la storia del debutto di Janis Joplin. LA STORIA DEL DEBUTTO DI JANIS JOPLIN: L’INIZIO DI TUTTO La Joplin viene descritta come una ragazza inquieta fin dalla sua adolescenza, periodo in cui si avvicina al blues. Durante la sua esperienza nella scuola superiore, sviluppò un notevole interesse per il disegno, e solo in un secondo momento per la musica folk e blues, che cantava con i suoi compagni nei club di Austin. Il periodo del college è quello più turbolento per Janis Joplin, che non riuscirà mai a terminare gli studi. Trascorrerà il suo tempo in diversi comuni, esibendosi principalmente nei club delle varie città. E’ qui c

Neil Young - On the beach (1974)

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di Silvano Bottaro Se si escludono le estemporanee night-session di Tonight's the night , On the beach è il lavoro più drammatico, triste e doloroso di Young, ma anche quello meno negativo. Neil Young mette a nudo le sue esperienze facendone un punto di forza realizzando sei incubi agghiaccianti, tetri ed impenetrabili e due rifugi malinconici per il cuore. Storie di morte raccontate da chi è sopravvissuto, ricordi vicini e lontani che vengono rivisti con significati rivelatori. On the beach è una introspezione esistenziale con evidenti sottintesi psicoanalitici in un misto di irreale e quotidiano, di bisogno-abbandono, dove per la prima volta Neil Young vive la sua vita e le sue esperienze in prima persona. E' l'impronta esasperata e vera del suo personale modo di intendere il blues: una musica cruda, chitarre sporche e lancinanti, ritmiche squadrate ed essenziali e su tutto la voce cruda di Neil che tesse frenetiche immagini surreali, suonate e interpretate esclus

Perché i Beatles si chiamano così? La storia del nome della band

di Lorenzo Mambella Il gruppo leggendario di Liverpool, The Beatles, ha segnato un passo fondamentale nella storia della musica. La band è stata formata principalmente da John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, e Ringo Starr, nel corso della sua storia. Con i loro 186 brani registrati, la maggior parte di questi scritta dal duo Lennon-McCartney, viene da chiedersi perchè i Beatles si chiamano così e cosa voglia dire il loro nome, scopriamolo insieme. PERCHÈ I BEATLES SI CHIAMANO COSÌ? LA STORIA DIETRO IL NOME Le origini del nome ufficiale della band, sono da ricondurre ad un ex membro dei Beatles, Stuart Sutcliffe. Egli fu il bassista della band e decise di abbandonare il progetto per dedicarsi ai propri studi artistici, purtroppo nel 1962 morì a causa di un aneurisma cerebrale. Fu proprio Sutcliffe a suggerire il nome “Beatals” a John Lennon, quest’ultimo lo modificò ulteriormente per richiamare il termine “beat” (battito o ritmo), così venne a formarsi il nome Beatles

Van Der Graaf Generator - Pawn Hearts (1971)

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Quando nel 1967 un gruppo tra i più influenti e magnifici della storia del rock europeo scelse come nome una sua invenzione, il fisico americano Robert Van De Graaff è appena scomparso. La sua invenzione, il generatore di Van De Graaff (un generatore elettrostatico in grado di accumulare una notevole quantità di carica elettrica in un conduttore, creando tra questo ed un elettrodo di riferimento, solitamente messo a terra, un'altissima tensione) fu lo spunto per un gruppo di studenti universitari di fisica e scienze per nominare la loro band: per un errore di stampa però la prima pubblicazione esce come Van Der Graaf Generator, ma Peter Hammill (voce e chitarra), Nick Pearne (tastiere) e Chris Smith (batteria) sono contenti lo stesso. In breve Pearne e Smith se ne vanno e vengono sostituiti da Robert Banton (organista e polistrumentista, un genio) Keith Ellis (basso) e Guy Evans (batteria). I Van Der Graaf sono pieni di idee e di tensioni e dopo The Aeresol Grey Machine Ellis s

Folk Show: Episode 32

La storia dei primi anni di David Bowie

di Giovanni Gabban Il 2019 è l’anno del 50esimo anniversario di Space Oddity. L’11 febbraio 2019 è stato pubblicato un libro dal titolo At The Birth Of Bowie, scritto da Phil Lancaster, ex batterista che si unì ai Davy Jones & The Lower Third, uno dei primissimi gruppi del White Due nel lontano 1965. Siamo distanti ancora dalle hit degli anni ’70 che lo resero celebre in tutto il mondo, ma si poteva già notare la sua unica personalità. Forse quel periodo, insieme agli ultimi 10 anni di carriera, rimane il più scuro. Ma vediamo di scoprire qualcosa in più sulla nascita di David Bowie e i primi oscuri anni. DAVIE JONES & THE LOWER THIRD, GLI ESORDI David Bowie non era ancora David Bowie. Egli conservava ancora il suo vero nome, David Jones, nel 1965 quando aveva appena 18 anni. Un giovanissimo cantante, sassofonista, interprete e cantautore. Phil Lancaster, il batterista della band, racconta che la band era alla ricerca di un cantante, dopo l’abbandono del frontman prec

Janis Joplin

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Esiste, nell’immaginario pop, quello che è stato denominato il “club 27”, di cui fa parte anche Janis Joplin. Tutti i componenti del club, e non sono pochi, hanno in comune un destino tragico e una singolare coincidenza: sono morti a 27 anni. Hanno dissipato l’esistenza in un vortice di musica, fama e sostanze psicotrope. Janis Joplin oggi avrebbe 75 anni, ma per tutti noi resta una giovane hippie dalla voce indimenticabile. Era nata il 19 gennaio 1943, a Port Arthur, Texas. In quella cittadina provinciale e conservatrice, cantava già a qualche festa di amici della high school, pezzi di Odetta e Bessie Smith. A Port Arthur la sua passione per Jack Kerouac, i beatnik e la musica dei neri erano motivi sufficienti per attirarle antipatie e insulti, in aggiunta ai crudeli sfottò per l’acne che le segnava il viso. Appena ventenne partì per San Francisco, ma dovette tornare in Texas dopo essersi messa nei guai: troppi pasticci con le droghe e pure un arresto per taccheggio. Dopo a

Il 17 agosto moriva Claudio Lolli

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Capitava di ascoltarlo nella leggendaria Osteria della Dame a Bologna, prima dei concerti di Francesco Guccini. Claudio Lolli è stato uno dei cantautori simbolo della scena italiana degli anni 70. Si è spento a 68 anni, dopo una malattia. Era nato a Bologna nel 1950 e venne portato alla Emi proprio da Guccini: il suo stile divenne immediatamente riconoscibile, simbolo dell'insoddisfazione più profonda e letteraria della canzone politica post '68. Il suo primo disco, Aspettando Godot del 1972, era uno dei più evidenti segnali della volontà della discografia di inestire sui portavoce della protesta giovanile più radicale e incupita. Lolli si rivelò subito come un personaggio vero, capace di trasformare in canzoni la malinconia del vivere quotidiano. Così come il successivo Un uomo in crisi, che conteneva anche un brano dedicato ad Antonio Gramsci, Quello lì, e un deciso inno antimilitarista come Morire di leva. Le canzoni erano aspre e gli arrangiamenti ridotti ed

Folk Show: Episode 31

Daniel Blumberg – On & On (2020)

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di Gianfranco Marmoro E’ successo di nuovo: l’inquieto poeta ha lacerato un altro straordinario affresco armonico fino a farne grondare il sangue. Ormai scolorito, pallido, Daniel Blumberg con “On & On” affonda ancor di più le mani in quel caos creativo sperimentato nelle varie tournée al seguito del precedente gioiello “Minus”. Il meccanismo perfetto brevettato con Billy Steiger, Tom Wheatley, Ute Kanngiesser e Jim White è ancora protagonista del processo di reinvenzione del poco confortevole ma intenso lirismo country e neoclassicheggiante del musicista londinese, questa volta accompagnato anche dalle strabilianti invenzioni a base di field recording dell’artista e poetessa gallese Elvin Brandhi (vero nome Freya Edmondes), compagna di viaggio in alcune recenti esibizioni live in Italia. Ed è proprio dal rapporto del musicista con la performance sul palco che scaturisce l’analisi della nuova creazione di Blumberg, atto indissolubile dalle variegate e turbolente esibizion

Perché i Doors si chiamano così? La storia dell'origine del nome

di Bruno Santini Una delle band che ha più influenzato la storia della musica, determinandone un deciso cambiamento, è stata sicuramente quella dei Doors. Quando si parla della formazione rock statunitense non si può fare a meno di citare i grandi capolavori come People Are Strange e Light My Fire, non ci si può dimenticare del grande Jim Morrison né, tantomeno, di quanto sia stato determinante nella sua storia il suo personaggio. Tale importanza inizia dal nome stesso, un concentrato di filosofia e poesia che rispecchia in pieno l’animo dei Doors. Ma perchè la band si chiama così? LA TESI DI LAUREA DI JIM MORRISON E LA NASCITA DEI DOORS Si può far iniziare la storia dei Doors da un momento specifico, diverso rispetto alle altre band. Se nella maggior parte delle formazioni la componente fondamentale è affidata all’amicizia tra due o più membri, che decidono di dar vita a un progetto non disponendo di mazzi specifici, nel caso dei Doors la storia parte da una sostanziale delu

Fontaines D.C. – A Hero’s Death (2020)

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di Claudio Lancia Prologo: Life ain't always empty Sono trascorsi appena due anni e mezzo da quando Niall Byrne, il 6 gennaio del 2018, sulle colonne dell'Irish Times spargeva parole al miele su una band irlandese che aveva all'epoca realizzato giusto qualche traccia "esplorativa", ma di qualità così stupefacente da colpire l'attenzione di critica e pubblico locali. Era poco più di un trafiletto, nel quale si faceva notare quanto nel primo singolo del giovanissimo quintetto, "Liberty Belle" (dal nome di un pub frequentato da studenti), l'accento da dubliner di Grian Chatten risultasse autentico e riconoscibile. L'acclamatissimo "Dogrel", l'album d'esordio dei Fontaines D.C., pubblicato oltre un anno più tardi, nell'aprile del 2019, veniva inaugurato pronunciando proprio la parola "Dublin", a dimostrazione di un legame saldo con la terra d'origine e con la città natale. Oggi i Fontaines D.C., nonost

Folk Show: Episode 30

Alanis Morissette – Such Pretty Forks In The Road (2020)

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di Paolo Esposito E’ inutile nascondersi dietro a un dito: per noi cresciuti negli anni ’90 “Jagged Little Pill” di Alanis Morissette ha significato qualcosa di importante nelle nostre vite. Alle 17 su Mtv c’era Select, un programma dove scorrevano i video più importanti della settimana, e tra un Marilyn Manson e una Celine Dion appariva la leggendaria macchina con le quattro passeggere, vestite in stile tipicamente working class, che animavano Ironic. Non è un pippone nostalgico questo, lo sa il sottoscritto e – dopo anni e anni di girovagare in cerca di maturità – lo ha capito anche Alanis, che sulla strada dei festeggiamenti per il venticinquennale del disco ha pensato bene di scrivere un musical. Era il 2018 quando la songwriter di Ottawa ha deciso di rimettere insieme pezzi e ricordi dei suoi vent’anni, ridisegnando in qualche modo il percorso fatto a suo tempo per scrivere i pezzi di Jagged. In quelle settimane è nata una canzone nuova, Smiling, primo embrione di un disco

Pearls Before Swine - Balaklava (1968)

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Nel Vangelo secondo Matteo c’è scritto:”Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi” (Mt 7,6). Da questo brano Tom Rapp prese spunto per chiamare la sua band, i Pearls Before Swine. Rapp è una delle figure leggendarie della musica underground americana: nato in North Dakota in una famiglia di insegnanti, la sua adolescenza è un continuo cambio di città al seguito dei genitori, accompagnato dalla chitarra acustica che gli fu regalata a 6 anni per Natale. Ad otto anni, secondo un ricordo di cui Rapp parlò per tutta la sua vita (terminata nel 2018, a Melbourne), in un Festival per giovani talenti, a Rochester, lui arrivò terzo davanti ad un ragazzo di Duluth, che si faceva chiamare Bobby Zimmerman, che probabilmente era colui che diventerà Bob Dylan. Proprio del folk di Dylan, di Joan Baez, di Guthrie e di Bessie Smith si innamora Rapp, che nel 1965 forma in Florida i Pearls Bef

A Saucerful Of Secrets: il viaggio alchemico dei Pink Floyd

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di Andrea La Rovere Cambridge, primi mesi del 1968 A Cambridge è una delle rare giornate luminose dell’anno; il sole irradia di luce un piccolo studio che il giovane Storm misura a piccoli passi facendo avanti e indietro. Il ragazzo avverte quella tipica sensazione – un misto di eccitazione e paura – che avvolge gli inizi di qualcosa di importante. Con l’amico fraterno Aubrey ha da poco aperto uno studio di grafica, produzione cinematografica e chissà cos’altro; il progetto fatica a ingranare, ma il periodo è di grande creatività, con le varie arti che mai come prima tendono a mischiarsi dando vita a opere totalmente inedite. Forse però, qualcosa si muove; altri giovani amici di vecchia data suonano in una band di cui si parla in tutta l’Inghilterra e uno di questi, Roger, che è andato a scuola con loro, gli ha proposto di curare la copertina del loro secondo album. Storm ha accettato con entusiasmo; potrebbe essere la svolta tanto attesa per lui e Aubrey. Eppure, dopo aver

Elvis Costello - Imperial Bedroom (1982)

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di Silvano Bottaro Il vegano Declan Patrick McManus in arte Elvis Costello è senza dubbio il personaggio chiave del pop britannico. Colui che ha restaurato la melodia a colpi di elettricità. Imperial Bedroom è l'album che più di altri sintetizza la peculiarità della sua scrittura. La sua camera da letto mentale è quanto di meglio il pop costelliano possa offrire. Le canzoni sono complesse, situate in atmosfere easy-jazz, tra pianto e ironia in un scenario avvolgente, non casuale, dove i brani sono un concentrato di dettagli sonori. L'album è zeppo di punte di diamante che definisce nitidamente il suo sforzo creativo e la sua volontà di riconsegnare alla melodia una dignità spesso e volentieri calpestata da regole di mercato. I testi sono tutto meno che banali e consolatori. Costello è uno dei pochi che si rendono conto che il pop non è un fenomeno limitato e introduce delle innovazioni di tipo strutturale e melodico. D'altronde il suo impeccabile gusto estetico ed em

Folk Show: Episode 29

Rolling Stones - Exile On Main Street (1972)

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Uno degli album più leggendari, seminali e storici di tutti tempi viene registrato in esilio (da cui il titolo). Infatti nel 1971 il Governo Britannico indaga i Rolling Stones di evasione fiscale. I 4 con notevole nonchalance in tutta risposta si spostano in Francia. Mick Jagger si trasferisce a Parigi con sua moglie Bianca, gli altri (Mick Taylor, Bill Wyman, Charlie Watts) in costa azzurra, mentre Keith Richards affitta una incantevole villa a Villefranche-sur-Mer, vicino a Nizza, che si chiama Nellcôte. In mancanza di uno studio di registrazione “all’altezza” nella zona, Richards insieme al produttore Jimmy Miller e ai due leggendari ingegneri del suono, Andy e Glys Johns, improvvisa studio di registrazione la cantina della villa. A questo punto iniziano leggende di ogni tipo su come avvenissero le registrazioni, e soprattutto in quale stato psicofisico, fatto sta che il soggiorno per le registrazioni fece la fortuna dei pusher locali e delle libertine: è certo che spesso il grup

E T I C H E T T E

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