Rolling Stones - Exile On Main Street (1972)
Uno degli album più leggendari, seminali e storici di tutti tempi viene registrato in esilio (da cui il titolo). Infatti nel 1971 il Governo Britannico indaga i Rolling Stones di evasione fiscale. I 4 con notevole nonchalance in tutta risposta si spostano in Francia. Mick Jagger si trasferisce a Parigi con sua moglie Bianca, gli altri (Mick Taylor, Bill Wyman, Charlie Watts) in costa azzurra, mentre Keith Richards affitta una incantevole villa a Villefranche-sur-Mer, vicino a Nizza, che si chiama Nellcôte. In mancanza di uno studio di registrazione “all’altezza” nella zona, Richards insieme al produttore Jimmy Miller e ai due leggendari ingegneri del suono, Andy e Glys Johns, improvvisa studio di registrazione la cantina della villa. A questo punto iniziano leggende di ogni tipo su come avvenissero le registrazioni, e soprattutto in quale stato psicofisico, fatto sta che il soggiorno per le registrazioni fece la fortuna dei pusher locali e delle libertine: è certo che spesso il gruppo non suonava nè registrava insieme, e Wyman visto l’andazzo se ne andrà dalla band. Sia come sia, il disco fu remissato ai Sunset Studio di Los Angeles. Quando esce nel maggio del 1972, Exile On Main Street è un doppio LP dove gli Stones celebrano, quasi ad immergercisi totalmente, le radici del rock, soprattutto la musica nera americana. Vuoi per l’informalità delle sessioni, vuoi per la creatività sfrenata del periodo (ricordiamoci che Exile chiude il periodo d’oro degli Stones), il sound del nostri è sporco, ruvido, ma è perfetto per il canto slabbrato e sfrontato di Jagger e Richards. Il disco non ha avuto un singolo di successo come nei precedenti, ma nell’insieme è di una solidità e di una qualità incredibili. Il riff midtempo di Rocks Off apre le danze, poi passano ad omaggiare Chuck Berry (uno dei pilastri simbolici della loro musica) con Rip This Joint, Casino Boogie ha un testo che si rifà al cut-off di William S. Burroughs, che fu ospite della villa di Richards in quel periodo. Tumbling Dice è il primo capolavoro, il primo brano dove il rock si fonde con i superbi cori in stile stax sound, e si dice fosse stato scritto da Richards mentre giocava a dadi con una corista, Clydie King. Sweet Virginia è una dolce ballata country, quasi bucolica, Torn And Frayed ha un piano honky tonk accattivante e delicato. Non ci sono momenti deboli: Happy fu registrata in primo tempo solo da Richards, Miller e il fidato sassofonista Bobby Keys, Let It Loose è una ballatona con cori soul da pelle d’oca e accendini accesi ai concerti, All Down The Line è il più classico brano rock alla Stones, Shine A Light, che era stata donata in via embrionale a Leon Russell qualche anno prima (Get A Line On You, del 1968), qui viene rivestita in modo scintillante e diviene un loro classico, e fu usata come titolo da Martin Scorsese per un magnifico documentario concerto dedicato a questa band immortale. Come in tutti i dischi degli Stones di questo periodo, il brano finale è un gioiellino: Soul Survivor ha uno dei micidiali riff di Richards e gronda black music, chiudendo un disco che definire epocale è poco. Non è geniale come lo fu Let It Bleed (1969), tossico e devastato come Sticky Fingers (1971) ma Exile On Main Street è il loro lavoro più ambizioso e musicalmente grandioso della loro carriera ultra-cinquantennale, il disco forse meno inglese e più americano. Va ricordata, perchè componente centrale nel mito del disco, la copertina: un collage di foto in bianco e nero di Robert Frank che ritraevano freak e persone fotografate dal barbiere, spezzoni d Super 8, impaginati da Norman Seeff e John Van Hamersveld. Il retro ritraeva gli Stones mentre mangiano, sbadigliano, leggono il giornale, e contiene dei versi delle canzoni tutto giustapposto a frammenti di testi delle canzoni contenute nell'album: Uno dei più famosi dice: Io ti ho dato dei diamanti, tu mi hai attaccato una malattia. Che sembra una dichiarazione di intenti.
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