Alanis Morissette – Such Pretty Forks In The Road (2020)
E’ inutile nascondersi dietro a un dito: per noi cresciuti negli anni ’90 “Jagged Little Pill” di Alanis Morissette ha significato qualcosa di importante nelle nostre vite. Alle 17 su Mtv c’era Select, un programma dove scorrevano i video più importanti della settimana, e tra un Marilyn Manson e una Celine Dion appariva la leggendaria macchina con le quattro passeggere, vestite in stile tipicamente working class, che animavano Ironic.
Non è un pippone nostalgico questo, lo sa il sottoscritto e – dopo anni e anni di girovagare in cerca di maturità – lo ha capito anche Alanis, che sulla strada dei festeggiamenti per il venticinquennale del disco ha pensato bene di scrivere un musical. Era il 2018 quando la songwriter di Ottawa ha deciso di rimettere insieme pezzi e ricordi dei suoi vent’anni, ridisegnando in qualche modo il percorso fatto a suo tempo per scrivere i pezzi di Jagged. In quelle settimane è nata una canzone nuova, Smiling, primo embrione di un disco nuovo ma comunque inserita nella scaletta del musical.
“Such Pretty Forks in the Road“, per dirla con terminologia ostetrica, è legato a “Jagged Little Pill” da una sorta di cordone ombelicale, e quel pezzo nuovo, che apre il disco, non è l’unico elemento di collegamento. Tutto il lavoro è stato infatti elaborato e inciso di pari passo alla fase finale dei lavori dell’allestimento del musical, quindi va da sé che l’ispirazione si lasci trasportare nostalgicamente nelle atmosfere di metà anni ’90.
Se la starting track somiglia a un viaggio nel tempo, la successiva Ablaze – che parla di maternità in un meraviglioso crossover temporale – segue a ruota in modo convinto. Una sterzata di modernità (anche radiofonica) si ha con il singolo Reasons I drink, alla quale segue Diagnosis, un altro ricordo legato al parto e sottolineato dal sempre suggestivo abbinamento di piano e archi. Su una simile falsariga – con in più una soffice drum machine – si muove la fatalista Missing the miracle.
Al giro di boa ecco Losing The Plot e Reckoning, un dittico contraddistinto dalle sonorità “notturne”, dopodiché l’atmosfera si alleggerisce con Sandbox Love. Ancora vissuto quotidiano – alla Desperate Housewives – nella ballad Her, mentre con Nemesis si torna sì a respirare quell’aria Nineties, ma in ambiente dancefloor. Ciò denota la versatilità compositiva di Alanis e del suo team, composto per l’occasione dal co-autore di musica e testi Micheal Farrell e da Alex Hope e Catherine Marks alla produzione. Si chiude con la malinconica Pedestal, una ballad che parla di un amore finito.
Tirando una riga, “Such Pretty Forks In The Road” si può definire un disco nostalgico ma non in senso negativo. I richiami alla colonna portante della discografia di Alanis e un po’ a tutte le sonorità tipiche degli anni ’90 sono abbastanza evidenti, ma c’è anche da dire che quello è il suo stile e i suoi fans (e non solo) la amano per questo.
Considerato che l’ultimo lavoro in studio – “Havoc And Bright Lights” del 2012 – non era male ma forse risentiva troppo dell’urgenza di comunicare le emozioni provate nel diventare madre, possiamo definire “Such Pretty Forks In The Road” il vero disco della maturità di Alanis. E’ concepito (è proprio il caso di dirlo) senza affanni, in modo ragionato ma al tempo stesso con quella sfrontatezza tipica dei vent’anni, tornata in mente durante le celebrazioni di “Jagged Little Pills”. E’ questa la Alanis che vogliamo ascoltare, ed è esattamente da qui che deve ripartire.
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