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Visualizzazione dei post da ottobre, 2018

Phoria - Saving Us A Riot

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Frontperson – Frontrunner (2018)

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di Gianfranco Marmoro Matrimonio artistico inaspettato, quello tra Kathryn Calder (New Pornographers) e Mark Andrew Hamilton (Woodpigeon), nato da un incontro casuale tra i due musicisti avvenuto nei corridoi di uno studio di registrazione. Il progetto Frontperson mette a confronto due aspetti diversi del panorama musicale indie canadese: da una parte un collettivo pop che ha sfornato almeno un trittico di album adorabili, dall’altra un artista da anni relegato a uno status di cult-musician che gli sta decisamente stretto. Non va dimenticato che nei New Pornographers militano personaggi la cui carriera solista è stata altrettanto interessante e stimolante (Neko Case, A.C. Newman, Daniel Bejar), ed è quindi naturale che otto lettori su dieci si chiederanno: Mark Andrew Hamilton, chi è costui? Se i New Pornographers si sono contraddistinti per una naturale attitudine al perfect-pop, i Woodpigeon sono sempre stati più inclini al dettaglio lirico e strumentale, autori di un folk-po

Leonard Cohen

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Pixies, Guida per principianti

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Qualunque indie-rock band degli ultimi 20, 30 anni conosce i Pixies. Anche quella improvvisata, messa su da un tuo amico. La loro ispirazione si diffonde, inarrestabile, da anni. Senza avere intenzione di smettere. Ma se tutti questi gruppi prendono le mosse dai Pixies, nessuno è mai riuscito a prendere il loro posto. Non ci sono riusciti neanche loro dopo lo scioglimento all’inizio degli anni ’90. Si formano, intanto, nel 1986 a Boston dall’amicizia tra Joey Santiago e Charles Michael Kittridge Thompson IV. (Si erano conosciuti a Porto Rico.) Più avanti, quest’ultimo diventerà più semplicemente Black Francis. O Frank Black, a seconda dei progetti. Entrano poi nel gruppo Kim Deal, al basso, e David Lovering, alla batteria. Per trovare Kim mettono un annuncio. “Cercasi bassista appassionato di Hüsker Du e Peter Paul & Mary“. Si fa avanti la ragazza, anche se il basso non lo sa suonare. Il nome della band viene scelto in modo punk. Si apre il dizionario a caso. Inizian

Elvis Costello & The Imposters – Look Now (2018)

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di Lejla Cassia Era il Giugno del 1986 quando Elvis Costello, recandosi al soundchek per le riprese del live al club londinese Ronnie Scott, in cui si sarebbe esibito quella stessa sera insieme a Chet Baker, Michel Graillier e Riccardo Del Fra, incontrò Van Morrison il quale surrealisticamente gli chiese se potesse partecipare alle prove. Morrison accettò cantando “Send In The Clowns”, con scarso apprezzamento da parte del trombettista statunitense che invece, già da tempo, si trovava in perfetta sintonia con lo stile di Costello. Chet Baker perse la vita in circostanze mai del tutto chiarite, il 13 Maggio di due anni dopo, mentre Patrick MacManus (vero nome del cantautore londinese) continuò la sua ascesa, tanto in solitaria quanto con i suoi innumerevoli progetti collaterali, diventando uno degli artisti più influenti del panorama mondiale post eighties. Look Now, registrato tra Hollywood, NYC e Vancouver, arriva a cinque anni di distanza dal progetto collaborativo Wise Up G

Hindi Zahra - Imik Si Mik live

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Kurt Vile – Bottle It In (2018)

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di Riccardo Zagaglia «Sotto la maschera di una placida o bonaria indifferenza nasconde un’astuzia vigile e sottile». La definizione di sornione è il modo migliore per descrivere la personalità che traspare dalla musica, dalle parole, dalle interviste e dai videoclip di Kurt Vile. Impossibile non immaginarlo sulle strade di Philadelphia con il ghigno stampato in faccia mentre osserva, divertito, le amenità della vita. Padre di famiglia (lo vedete mentre fa le facce buffe alle figlie, vero?), a quasi 39 anni Kurt è un uomo arrivato, immerso nelle proprie passioni in modo genuino e incredibilmente umano. Eppure è sempre presente una sorta di irrequietudine di fondo, perché – pur mirando costantemente al relax cosmico – la mente dell’americano sembra non riuscire a fare a meno di raccogliere ogni minimo input esterno per dare linfa ad un perenne stream of consciousness confuso e tentacolare. In questo senso il passaggio «I was on the moon but more so, I was in the grass. So I was chill

Blur - Think Tank (2003)

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Autore della copertina dell'album "Think Tank", settimo in studio della band inglese Blur pubblicato il 5 maggio 2003, è l'artista Banksy, uno dei maggiori esponenti della Street Art. L'opera realizzata mostra due amanti che si abbracciano con in testa due elmi da palombaro, rivelando il condizionamento dei sentimenti di tutti gli esseri umani afflitti dalle innumerevoli barriere.

John Hiatt – The Eclipse Sessions (2018)

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di Massimo Perolini Giunto al ventitreesimo album in studio nell’arco dei quarantacinque anni di carriera che sono intercorsi dalla pubblicazione del suo primo singolo, John Hiatt si dimostra ancora una volta capace di confezionare un disco nell’arco di pochi giorni e accompagnato da un piccolo combo, cosa che in precedenza gli era magistralmente riuscita all’altezza di “Bring The Family”. Universalmente riconosciuto come un capolavoro che giungeva a coronare uno dei percorsi più lunghi (tredici anni) mai registrati verso un successo annunciato, il lavoro del 1987 era frutto di un’ispirazione scaturita da un periodo costellato di disgrazie che oggi non sono dimenticate, ma ormai lontane. La nuova vita del cantautore di Indianapolis iniziava allora, col contributo di Ry Cooder, Jim Keltner e Nick Lowe, e oggi lo ritroviamo a ridosso di un sessantaseiesimo compleanno che lo vede finalmente rallentare (il precedente, splendido, “Terms Of My Surrender” era roba di quattro anni fa), c

Albert King

Albert Nelson (1923 - 1992) nasce in una famiglia numerosa da genotiri dediti al canto e alla predicazione in chiesa, radici familiari che torneranno a galla quando tra la fine dei '40 e i primi '50, fa parte del quartetto gospel The Harmony Kings. Giovanissimo impara a suonare la batteria e chitarra, esibendosi occasionalmente. Discografia e Wikipedia

Seafret - Overtime

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Colter Wall – Songs Of The Plains (2018)

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di Davide Albini Colter Wall fa sul serio. Dopo la rivelazione dell'omonimo album lo scorso anno, si ripresenta a stretto giro con un disco che ne ribadisce le coordinate di integrità e scarna bellezza acustica, leggermente "sporcato" da qualche ritmica più accesa e da essenziali ricami sonori. Ha soltanto ventitrè anni Colter, non finisce di stupirmi questo dato, ma la sua voce arriva da un tempo indefinito, azzarderei che si tratta di un classico, proprio per questa sua caratteristica di mostrare più esperienza e profondità di quanto possa avere visto e conosciuto un ragazzo della sua età. Songs of the Plains è concepito come un'ode appassionata alla sua terra, la grande distesa del Saskatchewan, regione del Canada poco popolata e percorsa da quella che lì chiamano wilderness. Colter d'altronde è figlio di un famoso governatore della regione ed evidentemente ha assimilato l'amore per questi luoghi, sia in senso culturale, sia in quello più strettamente

18 ottobre 1961: nasce Wynton Marsalis

Wynton Learson Marsalis (New Orleans, 18 ottobre 1961) è un trombettista jazz e compositore statunitense. A sei anni Wynton ricevette in dono la prima tromba dalle mani di Al Hirt, ma il primo serio approccio alla musica risale all’età di 14 anni, quando vinse un premio cittadino con l’esecuzione del Concerto per tromba in mi bemolle maggiore di Haydn e, due anni dopo, con il Secondo concerto brandeburghese di Bach. Nel 1981 viene chiamato dal pianista Herbie Hancock, che lo porta in tournée con il suo quartetto. Nel 1982 firma un contratto con la Columbia Records e pubblica il suo primo disco con il suo nome. Dal 1982 al 1985, Winton suona in quintetto insieme al fratello Branford, al pianista Kenny Kirkland, al bassista Charnett Moffett e al batterista Jeff “Tain” Watts. Pian Piano il suo stile si va collacando sulla scia del Miles Davis e a ventidue anni viene già considerato il jazzista più famoso del momento. Riceve numerosi premi tra cui il Grammy Award come miglior trombettista

Phosphorescent – C’est La Vie (2018)

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di Giulia Rossi «Sono stato ubriaco per dieci anni / pensando che così tutto si sarebbe sistemato / ma queste pietre sono pesanti»: il settimo disco di Matthew Houck, in arte Phosphorescent, nasce da qui, da questi versi di These Rocks, settima traccia di C’est la Vie che arriva a distanza di cinque anni da Muchacho, il disco che lo ha consacrato come un degno erede dei maestri ai quali viene abitualmente associato (Will Oldham, Willie Nelson e Paul Simon). Sul talento di Phosphorescent nessuno ha mai nutrito dubbi, anche ai tempi in cui vendeva soltanto 15.000 copie. I dubbi erano semmai su come avrebbe fatto Matthew Houck, con quel timbro vocale così adatto al folk e al country, e quel buon gusto negli arrangiamenti, a distinguersi da tutto il resto, a sfuggire alla banalità, a darsi una identità precisa. L’impressione è che, a un certo punto, lui per primo se ne sia fregato e che gli sia venuto del tutto naturale scrivere queste nuove canzoni, senza stare per forza dentro certi

Vinicio Capossela, Guida per principianti

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Qualche anno fa amavo incontrare ragazze che non conoscevo, poi mi è piaciuto più ballare, poi mi è piaciuto l’asfalto, i motel, gli amici, mi è piaciuto soffrire, mi è piaciuto inventare, mi è piaciuto il fascino delle divise. Dopo, hanno iniziato a interessarmi i mostri, la mitologia, la religione, le pietre, il russo, il cinese, gli inni, l’esercito della salvezza, i racconti di natale e la birra in frigo. In questo breve elenco, stilato durante un’intervista strampalata alle Invasioni Barbariche, si può leggere un’introduzione a Vinicio Capossela. Quello che è stato definito da molti, il “Tom Waits italiano”. Capossela è però qualcosa di molto diverso. Di unico. Dentro il suo mondo c’è spazio (e molto) per l’influenza del maestro di Pomona, ma non solo. La sua biografia, di pari passo con la sua ricerca musicale, è quella di un vagabondo. Fin da subito vive una situazione paradossale: nasce in Germania da genitori emigrati ma sente la mancanza dei luoghi dei suoi, in I

Lars Danielsson & Paolo Fresu – Summerwind (2018)

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di Danilo Di Termini Lars Danielsson è un contrabbassista svedese, già leader a metà degli anni ‘80 di un gruppo con Dave Liebman, Bobo Stenson e Jon Christensen e con otto album all’attivo per l’etichetta tedesca con svariati musicisti tra i quali Tigran Hamasyan, Magnus Öström, Arve Henriksen, Nils Petter Molvær. L’idea di affiancargli il ‘nostro’ Paolo Fresu – non nuovo alla formula del duo, basti pensare alle sue collaborazioni con Furio Di Castri, Uri Caine e Ralph Towner – è proprio del produttore della ACT Siggi Loch, l’uomo che nel 1992 decise che la città di Monaco poteva permettersi anche un’altra etichetta jazz oltre all’ECM. Anche se il disco inizia con una superba versione di “Autumn Leaves” questo resta l’unico standard eseguito, non considerando tali né “Sleep Safe And Warm” del compositore polacco Krzysztof Komeda (l'inquietante ninna nanna di “Rosemary’s Baby” che qui ritrova soavità e dolcezza in una versione per flicorno e violoncello), né l’arrangiamento del

Dave Matthews - The Stone

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Beck - Sea Change (2002)

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L'artwork dell'album "Sea Change" del cantautore americano Beck porta la firma dell'artista Jeremy Blake, mentre in fase di design e direzione creativa le firme sono del graphic designer Kevin Reagan e dello stesso Beck. "Se Change" fu lanciato sul mercato con quattro copertine differenti, su tutte il volto in primo piano dell'artista è lo stesso ma cambia la fantasia pittorica realizzata da Blake per ognuna di loro, riuscendo così a dare diverse personalità all'album e stuzzicando fan e collezionisti ad a acquistare più copie.

The Lemonheads - It’s A Shame About Ray (1992)

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Quando alla fine degli anni ‘80 a Seattle stava nascendo il grunge, sull’altra parte degli Stati Uniti, a Boston, un’intera schiera di band riscriveva, partendo dalla lezione del punk americano (che fu musicalmente molto più interessante di quello europeo) una musica rock venata di pop che prese il nome di bubblegum rock. Tra i massimi esponenti ricordiamo i leggendari Pixies, i Dinosaur Jr, i Throwing Muses e il gruppo capitanato da Evan Dando, i Lemonheads. Dando prese il nome del suo gruppo nato alle superiori da una marca di caramelle, e il giorno dopo il diploma registra con Ben Deily e Jesse Peretz il primo EP, seguito a breve dal primo LP per la Taang!, Hate Your Friends (1987): un hardcore fresco, che si ispira anche ai Ramones e agli Hüsker Dü, e che colora di tinte accese lo spleen giovanile dei testi.  Dando è un vulcano, e si divide con i Blake Babies, altro gruppo bostoniano, dove incontra Juliana Hatfield, che diventerà la sua “fidanzata” (stava scritto proprio così

Nusrat Fateh Ali Khan

Cresciuto a Lyallpur, nella regione del Punjab in Pakistan, Nusrat Fateh Ali Khan (1948 - 1997) nel corso degli anni diviene uno dei più famosi e rispettati messaggeri del qawwali, la musica tradizionale del Pakistan. La sua carriera inizia ufficialmente nel 1973, anno in cui pubblica una serie di dischi e nastri che lo impongono fra le più importanti star del mondo musicale del Medio Oriente. Discografia e Wikipedia

Jon Licht - Circles

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R.E.M. - New Adventures In Hi-Fi (1996)

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La storia musicale di oggi ha una valenza particolare per me che ne scrivo perché è stato questo il primo disco comprato da me allora adolescente in uno dei negozi di dischi più importanti d’Italia. Questo disco è stato un momento di svolta per quella che è stata considerata, nei precedenti 15 anni, il complesso più interessante e di maggior successo del rock indipendente americano, almeno fino all’arrivo del grunge. I R.E.M. (che prendono il nome dall’acronimo del rapid eye movement, la fase del sonno in cui si sogna) nascono ad Athens, in Georgia alla fine degli anni ‘70, quando Bill Berry (batterista), Mike Mills (bassista), Peter Buck (chitarrista) e Micheal Stipe (cantante) amici del liceo, formano il gruppo. Hanno in comune la passione per le melodie anni ‘60, per la musica psichedelica e per il Jingle Jangle alla Byrds.  Iniziano a suonare e subito hanno un certo successo, tanto che Peter Holsapple dei dB’s li aiuta a firmare il primo contratto discografico. Il primo singol

Tim Buckley

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Joni Mitchell, Guida per principianti

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Al di là dei generi nei quali si è cimentata, ciò che resta inconfondibile è sempre la sua voce. Chiara, potente, virtuosa, e una delle più influenti del mondo della musica. La grande Joni Mitchell. Nata in Canada nel 1943, il suo vero nome è Roberta Joan Anderson. Fin da piccola si dedica allo studio del pianoforte. Schubert e Mozart sono due colpi di fulmine. Il canto arriva dopo. Come era successo per Leonard Cohen, la sua passione è la poesia. Il linguaggio più adatto, all’inizio, a raccontare la sua sensibilità. E poi c’è la pittura. A nove anni, Joni viene colpita dalla poliomielite. “Quel grande dolore mi rese migliore.” L’introspezione e la timidezza di una bambina fragile, fortunatamente incontrano un bravo maestro in grado di prendersene cura. È un insegnante di scuola media. Una figura importantissima per la sua carriera, alla quale Joni dedicherà il suo album di debutto, nel 1968: To Mr Kratzman Who Taught Me To Love Words. Inizia a frequentare i locali e i fes

Gia Margaret – There’s Always Glimmer (2018)

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di Federico Piccioni “There's Always Glimmer”, ossia mezz’ora di musica altrimenti soffiata via dal vento, dispersa chissà dove nelle terre dell’Illinois. Gia Margaret, da Chicago, ha deciso di far ascoltare al mondo questi dodici bozzetti avvolti in una copertina che sembra una tela di Vermeer. La sua musica è anzitutto un volo su una relazione finita. Dodici visioni sentimentalmente post-apocalittiche, talvolta lucide, come quando ripercorre il primo giorno di convivenza insieme (“Smoke”), talvolta meno, come quando le sagome di chi attraversa la luce all’interno degli appartamenti sembrano muoversi come lui (“Figures”). Margaret ricorda e a volte riflette a volte immagina. In quel pianto poco dopo il trasloco, mentre lui è fuori a fumare, c'è il presagio di ciò che sta per succedere, dell’improcrastinabile sgretolarsi di un affetto e dell’inevitabile frantumarsi di un amore. Se "Smoke" è presagio, "Goodnight" è rivelazione. "Trattienimi q

Smoke City - Underwater Love

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Alejandro Escovedo – The Crossing (2018)

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di Gianfranco Marmoro Figlio di immigrati messicani di stanza nel Texas, Alejandro Escovedo è una figura leggendaria della musica americana: protagonista della prima ondata punk americana con i Nuns, poi artefice negli anni 80 di due formazioni seminali dell’alternative rock americano (Rank & File, True Believers), infine solista e occasionale collaboratore di Ryan Adams. La sua è una famiglia di musicisti, con quattro fratelli coinvolti in altre band: Mario nella rock band The Dragons, Javier con i punk rocker The Zeros, e i più famosi Coke e Pete Escovedo, percussionisti prima con Santana e poi negli Azteca, non dimenticando la presenza in famiglia della nipote Sheila E. “The Crossing” è l’ennesima conferma del talento e della sensibilità sociale di Alejandro, alle prese con un imponente concept-album che racconta l’odissea di due giovani emigrati nell’America di oggi. Per raccontare la storia di Diego e Salvo, il musicista americano si è avvalso della band italiana Don

Noel Gallagher's High Flying Birds - Who Built The Moon (2017)

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L'immagine presente sul terzo album di Noel Gallagher's High Flying Birds dal titolo "Who Built The Moon?" pubblicato il 24 novembre 2017 è una rielaborazione di una foto ritagliata da una rivista di National Geographic degli anni 50 scattata a L'Avana. Sull'immagine originale era presente una donna la quale fu sostituita utilizzando come modella la moglie dello stesso Noel, Sara MacDonald ritratta di spalle.

Villagers – The Art Of Pretending To Swim (2018)

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di Simone Dotto Quella imboccata da Conor O’ Brien con Darling Arithmetic (2013) e poi estesa anche al repertorio precedente con il consecutivo tour immortalato dal live Where You Been All My Life, sembrava la strada definitiva verso l’età adulta. Soluzioni scarne e acustiche messe lì in bella mostra per esaltare le pieghe più sofferte di un cantautorato di alta fattura e per convalidare una volta per tutte i (lusinghieri) paragoni con Elliott Smith che erano fioccati fin dall’esordio. Eppure l’irlandese pare averci ripensato un’altra volta: la quarta opera in studio pubblicata ancora sotto il monicker The Villagers, gioca dichiaratamente per reazione rispetto alle mosse più recenti. Detta altrimenti, The Art of Pretending to Swim è il momento in cui O’ Brien torna a giocare con la produzione e con gli aspetti più ludici del suo chambre pop. A scanso di equivoci va detto che lo fa bene, forte di una capacità da produttore notevolmente maturata negli anni e di una scrittura pop mai

E T I C H E T T E

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