The Lemonheads - It’s A Shame About Ray (1992)

Quando alla fine degli anni ‘80 a Seattle stava nascendo il grunge, sull’altra parte degli Stati Uniti, a Boston, un’intera schiera di band riscriveva, partendo dalla lezione del punk americano (che fu musicalmente molto più interessante di quello europeo) una musica rock venata di pop che prese il nome di bubblegum rock. Tra i massimi esponenti ricordiamo i leggendari Pixies, i Dinosaur Jr, i Throwing Muses e il gruppo capitanato da Evan Dando, i Lemonheads. Dando prese il nome del suo gruppo nato alle superiori da una marca di caramelle, e il giorno dopo il diploma registra con Ben Deily e Jesse Peretz il primo EP, seguito a breve dal primo LP per la Taang!, Hate Your Friends (1987): un hardcore fresco, che si ispira anche ai Ramones e agli Hüsker Dü, e che colora di tinte accese lo spleen giovanile dei testi. 
Dando è un vulcano, e si divide con i Blake Babies, altro gruppo bostoniano, dove incontra Juliana Hatfield, che diventerà la sua “fidanzata” (stava scritto proprio così nei crediti). Creator è il secondo disco dei Lemonheads, a cui partecipano la Hatfield e il batterista John Storm. Il disco non è irripetibile, ma inizia qui una serie di spettacolari cover famose rilette da Dando e soci: in questo caso Your Home Is Where Your Happy di Charles Manson (si proprio quello…) e Plaster Caster dei Kiss. La formazione si stabilizza con Dando che suona e canta (letteralmente di tutto, batteria, chitarra e voce), Ben Deily alla chitarra e alle voce, Corey Loog Brennan alla chitarra solista e un giro di batteristi, dal già citato Storm a Doug Trachten. Lick del 1989 è l’ultimo disco per la Taang!: è il primo gioiellino che inizia a formare il suono delle teste di limone. Brani da ricordare la romantica Mallo Cup, una delicata cover di Luka di Suzanne Vega e la delirante Cazzo Di Ferro (scritto proprio così in italiano) cantata in un parodistico italiano. Passano alla Atlantic, ma se ne vanno quasi tutti, rimane solo David Ryan alla batteria e tutto il resto lo fa Dando: Lovey (1990) è un omaggio alla musica country cosmic di Gram Parsons (la bellissima cover di Brass Button), Half In Time, la bella Ballarat e le quasi acide Lil Speed e The Door. Dando si prende più tempo per focalizzarsi meglio sulla musica e chiamando a sè la cara Hatfield, Ryan, mettendo in cabina di regia i produttori i The Robbs Brothers nei leggendari Cherokee Studios di Los Angeles sforna il suo capolavoro. Il titolo It’s A Shame About Ray fu preso dal titolo di un articolo di un giornale australiano riguardo la storia di un bambino di Sydney. Il copertina, il viso e la macchina dell’attrice Polly Noolan. I 30 minuti del disco sono l’apoteosi di quel rock da campus universitario fatto di ironia, melodie veloci e accattivanti, che colorano di rosso ciliegia e verde acido le melodie power pop tracciando la linea che unisce i Ramones, Parsons e amori giovanili. Il successo del disco tra l’altro arrivò in un secondo momento, dopo che la band fu chiamata a fare una cover della Mrs Robinson di Simon & Garfunkel per il 25° anniversario dell’uscita dell’iconica pellicola, che fu aggiunta all’album in ristampa dopo il successo come singolo. Lo scartavetrato trattamento che Dando e soci danno all’armonia vocale dell’originale fa scoprire la meraviglia punk di Rockin’ Stroll, o quel gioiellino acido che è Confetti, passando per la devastata romaticheria di Alison Starting To Happen o per gli amori tossici di My Drug Buddy, con innesto di organo. Memorabile anche la title track scritta con Tom Morgan degli Smudge (alla cui batterista Alison Galloway è dedicata Alison Starting To Happen) , la solare Kitchen, la stupenda Rudderless e la cover acustica di Frank Mills dal Musical Hair. Il successo quasi travolge Dando, che riesce ancora ad essere formidabile con Come On Feel The Lemonheads, altro gioiello del 1993 che contiene le splendide The Great Big NO, It’s About Time, la stupenda cover di Into Your Arms di Robyn St. Claire e Paid To Smile è l’autoconfessione di un uomo che non ama il successo. Si ritirerà infatti dopo la raccolta di filastrocche di Car Button Cloth (1997) per dieci anni, salvo ritornare nel 2005 con la sua poesia decadente e amara con The Lemonheads. Abbandonerà definitivamente le scene nel 2009 con Varshons, una raccolta di meravigliose cover cantate e risuonata con quel tocco magico ma malinconico che ha caratterizzato tutta la sua vicenda artistica.

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