Gia Margaret – There’s Always Glimmer (2018)

di Federico Piccioni

“There's Always Glimmer”, ossia mezz’ora di musica altrimenti soffiata via dal vento, dispersa chissà dove nelle terre dell’Illinois. Gia Margaret, da Chicago, ha deciso di far ascoltare al mondo questi dodici bozzetti avvolti in una copertina che sembra una tela di Vermeer.
La sua musica è anzitutto un volo su una relazione finita. Dodici visioni sentimentalmente post-apocalittiche, talvolta lucide, come quando ripercorre il primo giorno di convivenza insieme (“Smoke”), talvolta meno, come quando le sagome di chi attraversa la luce all’interno degli appartamenti sembrano muoversi come lui (“Figures”).
Margaret ricorda e a volte riflette a volte immagina. In quel pianto poco dopo il trasloco, mentre lui è fuori a fumare, c'è il presagio di ciò che sta per succedere, dell’improcrastinabile sgretolarsi di un affetto e dell’inevitabile frantumarsi di un amore.

Se "Smoke" è presagio, "Goodnight" è rivelazione. "Trattienimi quando esagero”, canta nel brano che ospita il criptico disvelamento del movente, della ragione per cui si è giunti al capolinea, forse per via di un preciso accadimento, stagliatosi nell’esistenza dei due come un punto di non ritorno. Leggendola così, “Goodnight” suona come un rimorso camuffato da rimprovero.
L’amore per le cose piccole (una finestra, un cane in cortile, dello zucchero…) si trasfigura nella forma delle sue canzoni, che sono miniaturizzate e raramente superano i centottanta secondi.
L’idea di dover passare i prossimi compleanni di lui da un’altra parte è appesa a un filo che penzola tra la malinconia e la curiosità per l’ignoto, in un midtempo che ricorda l’aurora di Beck in “Morning Phase” ("Wouldn't it be so strange not to be with you/ On your birthday?").

Nelle note del disco, appare anche “Gia's bedroom” tra i luoghi di registrazione e non è un caso se di tanto in tanto sembra di avvertire il lo-fi di Alex-G in “Beach Music”, incastrato tra le pieghe di un sound che può far venire in mente Lisa Hannigan, Angel Olsen ed Elena Tonra nelle sue versioni più acustiche.
L’intermezzo strumentale à-la Agnes Obel (“For Flora”) fa scivolare l’album verso l’epilogo, con lo stesso pattinare di uno slittino in pendenza sulle prime nevi della stagione. Quello di Gia Margaret, d’altronde, è un disco caldo per stagioni fredde. Per cuori freddi. Canzoni autunnali che stanno senza l’incombere di null’altro che l’elegiaca semplicità di un ricordo o di un’evasione innocente e testarda.

Uscito quasi in contemporanea con “I Need To Start A Garden” di Haley Heynderickx, il disco della ragazza di Chicago è il suo gemello eterozigota; si avvale anche di qualche leggera e timida incursione elettronica, godibile in quanto morigerata, ma tutt’altro che inutile, anzi preziosa, a tratti quasi provvidenziale, come un pertugio che raccoglie le cose belle, invece di disperderle chissà dove, nelle terre dell’Illinois.

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