Frontperson – Frontrunner (2018)

di Gianfranco Marmoro

Matrimonio artistico inaspettato, quello tra Kathryn Calder (New Pornographers) e Mark Andrew Hamilton (Woodpigeon), nato da un incontro casuale tra i due musicisti avvenuto nei corridoi di uno studio di registrazione. Il progetto Frontperson mette a confronto due aspetti diversi del panorama musicale indie canadese: da una parte un collettivo pop che ha sfornato almeno un trittico di album adorabili, dall’altra un artista da anni relegato a uno status di cult-musician che gli sta decisamente stretto.

Non va dimenticato che nei New Pornographers militano personaggi la cui carriera solista è stata altrettanto interessante e stimolante (Neko Case, A.C. Newman, Daniel Bejar), ed è quindi naturale che otto lettori su dieci si chiederanno: Mark Andrew Hamilton, chi è costui? Se i New Pornographers si sono contraddistinti per una naturale attitudine al perfect-pop, i Woodpigeon sono sempre stati più inclini al dettaglio lirico e strumentale, autori di un folk-pop a volte esteticamente troppo perfetto. A dispetto del poco interesse mostrato da molta stampa, gli album della band di Hamilton hanno trovato molto spesso spazio sulle pagine di OndaRock. Una fiducia che è stata ripagata dall’ottimo e sottovalutato “Trouble” del 2016, messo a punto con la produzione di Sandro Perri.

L’apparente contrasto tra i due protagonisti di “Frontrunner” è il sale di questo progetto discografico. Kathryn e Mark giocano sulle diversità stilistiche al fine di ottenere un delizioso suono retrò, che in parte giustifica l’estetica anni 60 della copertina. Il primo passo del duo è stato quello di recuperare una serie di strumenti al National Music Center di Calgary, con particolare attenzione non tanto a strumenti acustici e tradizionali, quanto a una serie di artefatti elettronici vintage (vecchi synth, Mellotron, Optigans e Orchestron), con i quali creare miniature pop alquanto originali e intriganti. Ed è il caso dei tre singoli che hanno anticipato l’uscita di “Frontrunner”. Il folk eccentrico di “Long Night” è l’ultimo arrivato in ordine di presenza, ed è uno dei vertici del progetto, grazie all’eccellente ibridazione tra synth e strumentazione elettro-acustica, che rende incalzante l’ipnotico refrain, sottolineato dalla bella voce di Kathryn.
Egualmente delizioso lo swing beat-psych di “Tick-Tock (Frontrunner)”, dove il dialogo tra le due voci dei protagonisti crea un fronte epico di rara bellezza, pronto a sbriciolarsi in delicatezze twee-pop dal fascino malizioso e irresistibile, suggellato da insolite intrusioni elettroniche. E che dire dell’incantevole arazzo folk-pop di “Young Love” che in un sol attimo mette insieme le migliori intuizioni di Phoebe Bridgers e Lucy Dacus, prima di aprire le porte a un raffinato break strumentale che incrementa le atmosfere dream-pop dell’album.

Assecondata la natura più pop e giocosa del progetto, Mark Hamilton dà libero sfogo a quell’intenso flusso armonico sperimentato coi Woodpigeon, da qui nasce l’articolata e pregnante atmosfera di “U.O.I”, che apre l’album con un delicato groove folk-sinfonico, reso ancor più intenso dalle note strazianti del violoncello di Clea Foofat e dal violino di Foon Yap. La stessa intensità anima la progressione art-rock di “Shorter Days”, che sembra uscire da un disco dei Pentangle, accompagnata da un testo tra i più semplici e poetici dell’album ("fiocchi di neve cadono, fiocchi di neve si sciolgono").

Nel processo creativo a quattro mani è evidente che Mark abbia leggermente calcato la mano in alcuni episodi. “He Follows Me” e “Insight” ripropongono le stesse atmosfere dei Woodpigeon senza destare particolari sorprese, mentre in “Postcards From A Posh Man” il musicista asseconda la natura più volubile del progetto, calibrando con intelligenza melodia e scioltezza lirica. Ben diverso è il caso di “This City Of Mine”, che rappresenta un vero e proprio spartiacque sonoro, con una melodia basilare trafitta da cascate di synth e noise che avrebbero più senso in un disco dei King Gizzard and the Lizard Wizard.

L’estroverso e disinvolto insieme di eclettismo e rigore armonico del progetto Frontperson apre nuove prospettive per Mark Hamilton; nello stesso tempo permette a Kathryn Calder di dimostrare un’autonomia creativa rispetto al progetto dei New Pornographers, ma il vero pregio di “Frontrunner” è racchiuso in quella estemporaneità che a volte nasce da un incontro fortuito.

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