Joni Mitchell, Guida per principianti
Al di là dei generi nei quali si è cimentata, ciò che resta inconfondibile è sempre la sua voce. Chiara, potente, virtuosa, e una delle più influenti del mondo della musica. La grande Joni Mitchell.
Nata in Canada nel 1943, il suo vero nome è Roberta Joan Anderson. Fin da piccola si dedica allo studio del pianoforte. Schubert e Mozart sono due colpi di fulmine. Il canto arriva dopo. Come era successo per Leonard Cohen, la sua passione è la poesia. Il linguaggio più adatto, all’inizio, a raccontare la sua sensibilità. E poi c’è la pittura.
A nove anni, Joni viene colpita dalla poliomielite. “Quel grande dolore mi rese migliore.” L’introspezione e la timidezza di una bambina fragile, fortunatamente incontrano un bravo maestro in grado di prendersene cura. È un insegnante di scuola media. Una figura importantissima per la sua carriera, alla quale Joni dedicherà il suo album di debutto, nel 1968: To Mr Kratzman Who Taught Me To Love Words.
Inizia a frequentare i locali e i festival musicali canadesi per esibirsi dal vivo, sia suonando che cantando. Non smette però di dipingere, lo farà per tutta la vita. Una sorta di corrispettivo pittorico delle sue composizioni musicali. “Sono prima di tutto una pittrice, poi una musicista”. Cura personalmente la grafica e le copertine dei propri album. Anche con elaborazioni fotografiche.
A Toronto conosce quello che diventerà suo marito. Nascerà una bambina. Ma le gravi ristrettezze economiche della coppia, spingono i due a una scelta drammatica. Dare la bimba in adozione. I due si trasferiscono a Detroit e iniziano una carriera nel giro folk, ma si separano presto dopo un discreto successo.
Joni si trasferisce a New York dove incontra David Crosby ed Elliot Roberts che l’aiuteranno nell’incisione dei suoi brani. In California, gli dicono i due, c’è un luogo adatto al suo genere, una scena molto stimolante.
Le canzoni dagli arrangiamenti ricchi, che spaziano dalla semplice chitarra a più complesse strutture orchestrali, mette in risalto subito la sua voce. Una potente, cristallina e raffinata voce che colpisce subito l’orecchio. Anche a un primo ascolto.
Tra le canzoni dell’album intitolato Song to a Seagull (noto però anche come Joni Mitchell) si può sentire Marcie che a detta della cantautrice canadese è un chiaro riferimento alla Suzanne di Leonard Cohen.
Il nome di Joni Mitchell se non raggiunge ancora la popolarità dei suoi colleghi maschili, nel giro dei musicisti è sulla bocca di tutti. Anche in quella di “sua maestà” Frank Sinatra che realizza la cover di un suo brano.
Il secondo album le permette di essere invitata al festival di Woodstock. Ma ha una performance in tv a New York il giorno dopo, e così il suo manager le consiglia di non andare. Guardando dalla tv lo spettacolo scriverà una canzone che andrà a far parte del film-documentario dedicato al grande festival di musica.
Il terzo album è la consacrazione. Un concept album dedicato alla sua inquietudine esistenziale. Si intitola Ladies of the Canyons. La sua voce virtuosa, canta testi intensi, intimi. Delle vere e proprie confessioni. Vince il suo primo disco d’oro.
Il suo capolavoro è datato 1971, si intitola Blue. Un album composto in un momento particolare della sua vita. “Ero isolata e cominciavo a sentirmi come un uccellino in una gabbia dorata. Non avevo occasione di incontrare le persone. Il successo può emarginarti in tante maniere”. Tra le canzoni più belle e drammatiche c’è River, dedicata alla figlia perduta.
Un album malinconico, come suggerisce il titolo. Un’impossibile felicità. Per lei non c’è pace. Il New York Times scrive: “Forse non ci può aiutare, ma di sicuro Joni Mitchell ci fa sentire meno soli”.
Court and Spark, è l’album del grande successo commerciale, dove si può sentire una chiara impronta jazz del suono. L’inizio di una fase creativa.
Come anche il bellissimo Hejira, inserito dalla rivista Rolling Stone tra i 100 album più belli della storia. Atro esempio straordinario è il disco Shadows and Light dove si possono ascoltare, accanto alla voce di Joni, anche il bassista Jaco Pastorius e il chitarrista Pat Metheny. Il live è diventato anche un DVD.
Dopo gli anni 80 e un ritorno al pop, passa alla sperimentazione elettronica. Fino a seguire una propria strada. Nel 1990 partecipa anche al progetto “The Wall” di Roger Waters dei Pink Floyd.
A fine anni ’90 decide di allontanarsi dalla musica. “Voglio concentrarmi sulla pittura: ultimamente sento che non ho più molto tempo […] nella pittura ho ancora molto da esplorare”. Ma poi ritorna con un album inediti.
Nel 2000 si allontana di nuovo. È esasperata dall’industria musicale, e rilascia un’intervista in cui afferma di essere infuriata e schifata. Ma poi torna di nuovo, con un album di inediti nel 2007: Shine.
Anima inquieta, Joni Mitchell, autentica artista che ha sempre deciso di fare di testa sua.
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