Non è facile scegliere un solo album dei Creedence Clearwater Revival fra quei cinque (5!) che pubblicano in soli due (2!) anni, fra il 1969 e il 1970, tutti dischi di Platino. La tentazione sarebbe quella di procedere con un Best Of, per esempio “Chronicle: 20 Greatest Hits”, che contiene tutti singoli, i fantastici singoli dei Creedence: una stringa di ben sei 45 giri Top5 consecutivi, con un bonus extra, erano tutti double-sided, cioè doppia facciata A (come avevano spesso fatto quelli traboccanti di creatività, vedi i Beatles); e con una “maledizione”, arrivarono tutti (solo) al no.2. Troppo facile, direte, ma chiunque voglia procedere così, fa una ottima scelta. Però c’è quella triade di Lp in particolare, “Green River”/”Willie and the Poor Boys”/”Cosmo’s Factory”, che è uno sguardo ancor più dettagliato su quella che era l’essenza, la filosofia, e il serbatoio da cui John Fogerty pescava, e cosa era il risultato della sua rielaborazione. Perché qui il tema è roots music, le radi