Black Sabbath - Paranoid (1970)
Nel 1968, dopo che risposero ad un annuncio in un negozio di dischi di Birmingham, un gruppo di 4 ragazzi amanti del blues mise su un gruppo che si chiamava Earth: erano Tony Iommi, Bill Ward, Geezer Butler e John “Ozzy” Osbourne. Amanti del blues e della musica che in quegli anni facevano gruppi come i Cream e la Jimi Hendrix Experience, quando iniziano a suonare nei locali si accorgono che esisteva già un gruppo che si chiamava Earth. Butler, amante del gotico, dell’horror, dei libri di Dennis Wheatley, suggerì di cambiare nome con il titolo di un film di Mario Bava, I Tre Volti Della Paura, che nella versione inglese fu commercializzato come Black Sabbath. Inizia qui il percorso di uno dei gruppi cruciali degli anni ‘70, uno di quelli che inventò in pratica un genere e segnò l’immaginario musicale del decennio. Il primo disco è già da KO: Black Sabbath, con la storica copertina gotica, registrato in sole due sessioni, contiene già i semi del loro suono “terrificante”; riferimenti alla musica gotica, al satanismo (cosa che diventerà un clichè, seguito del successo incredibile che il filone da loro aperto avrà di lì a qualche anno), la voce allucinata di Ozzy, ma soprattutto il drumming di Ward, il basso incessante di Butler e la chitarra di Iommi, che diventerà una delle leggende della chitarra elettrica. Canzoni come Black Sabbath, The Wizard e N.I.B., che per decenni si pensava significasse Name In Blood, ma che con un tocco ironico che segnerà la loro epopea significata semplicemente Nib, pennino, come il pizzetto di Ward, sono i primi tre mattoni della loro leggenda. Che dopo pochi mesi dall’esordio, con il disco di oggi ha il suo corpus principale. Registrato in soli 5 giorni, Paranoid fu chiamato così perchè la Vertigo decise che l’omonimo brano ne fosse il singolo. Paranoid è probabilmente uno dei brani più famosi della storia rock, con uno dei riff cardini di Iommi, e parla apertamente di pazzia e di crisi esistenziali. L’album però si apre con un altro capolavoro, War Pigs, quasi otto minuti di riff e assoli portentosi: per anni pensata canzone politica anti-Vietnam, doveva essere il titolo dell’album prima della decisione del cambio con Paranoid, ma ne rimane eco nella copertina. In verità è una contrazione di Walpurgis, le notti di Valpurga, antichissima celebrazione della primavera nel popoli del centro-nord Europa. Planet Caravan è chiaramente ispirata al progressive, con atmosfere alla Pink Floyd, che scompaiono poi in Iron Man, uno dei brani che fanno nascere l’heavy metal: voluminosi singoli battiti a creare l’effetto dei pesanti passi dell’ “Uomo d’acciaio”, con la voce di Ozzy e la chitarra distorta di Iommi, altro capolavoro assoluto del gruppo. Electric Funeral fu la prima canzone che venne apertamente accusata di satanismo, dato che Ozzy canta “hell’s angels flap their wings\Evil sould fall to Hell, ever trapped in burning cells!”, in verità è una canzone profondamente politica che accusa il militarismo e la guerra in Vietnam; Hand Of Doom è una storica canzone sull’eroina e gli eroinomani, in aperto e clamoroso contrastro con la stagione hippie californiana: lì colori, psichedelia, lsd e erba, qui i toni scuri e raccapriccianti, la forza bruta della musica, l’eroina (che finirà per sfinire tutti i componenti della band, soprattutto Osbourne che in tutta la sua quarantennale carriera farà periodiche visite ai centri per disintossicarsi). L’album si chiude con due perle: Rat Salad è la risposta di Ward e Butler al Moby Dick dei Led Zeppelin; Fairies Wear Boots è un altro geniale gioco di testo per indicare le droghe allucinogene (”what I saw Fairy boots were dancin’ with a dwarf, all right now”) ma in questo caso anche i naziskin che in numerosi concerti avevano aggredito i Black Sabbath per i chiari riferimenti “satanisti”. L’album diviene un successo clamoroso, arriva primo nella classifica inglese e quarto negli USA, e con il passare degli anni diventerà uno dei dischi più venduti di sempre, con decine di copie vendute in tutto il mondo. Il periodo d’oro continuerà con Master Of Reality (1971) e Volume IV (1972) dove il suono dei Black Sabbath metterà le basi per il doom, lo stoner rock e tutta la musica heavy dei decenni successivi. Un disco seminale, leggendario, dove ogni riff regala un brivido: di piacere e di paura, allo stesso tempo.
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