Bob Dylan - The Bootleg Series Vol.4 “The Royal Albert Hall Concert” (1998)
Tutti i dischi che scelgo per questa piccola rubrica non solo sono importanti per il sottoscritto, ma sono generalmente considerati importanti per la musica popolare del ‘900 e degli anni 2000. Conseguentemente lo sono anche gli autori. Ogni tanto però capita di scegliere qualche disco che davvero ha una dimensione storica e leggendaria superiore. Quello di oggi l’acquisisce per due motivi: il primo è che testimonia il periodo di fervore creativo e geniale che Bob Dylan attraversava nel 1966, appena dopo la svolta elettrica; il secondo è che questo disco contiene in sé una leggenda che per decenni fu pensata falsa ma che poi è stata confermata in modalità del tutto curiose. Ma andiamo con ordine. Nel 1965 il primo delitto alla musica folk (secondo i detrattori) Bob Dylan lo dà dando alle stampe Like A Rolling Stone, unanimemente considerata la canzone simbolo della musica rock. Cinque giorni dopo, il 25 luglio, si presenta al Festival di Newport con una band elettrica, capeggiata da Michael Bloomfield alla chitarra e Al Kooper all’organo, venendo duramente contestato, tanto che tornerà sul palco solo con la chitarra acustica a cantare Mr Tambourine Man e It’s All Over Now, Baby Blue. Ma Dylan non si arrende, pubblica tre dischi capolavoro, le pietre angolari della musica rock: Bringing It All Back Home e Highway 61 Revisited (1965) e il mio disco dylaniano preferito, Blonde On Blonde, sensazionale doppio album del 1966. Appena uscito intraprende un tour europeo insieme agli The Hawks, i quali di lì a poco cambieranno nome in The Band. In questo tour di sei settimane, Dylan immagina i concerti divisi in due sezioni: una prima acustica da solo e una seconda elettrica con la band a supporto. In quei tempi, soprattutto in Gran Bretagna, esisteva una fortissima dylanmania, tanto che ad inizio 1966 ben 4 album del menestrello di Duluth erano nella Top 10. Anche per questo, di quel tour esistono decine di registrazioni non ufficiali, che nel gergo vengono chiamate bootleg, prendendo in prestito il termine (letteralmente gamba dello stivale) per indicare qualcosa preso di nascosto, proprio come durante il Proibizionismo si nascondevano negli stivali mignon di alcol. A metà degli anni ‘90, una poderosa revisione degli archivi di Dylan portò alla pubblicazione delle The Bootleg Series, con rarità, canzoni mai pubblicate, concerti leggendari. Come quello di oggi, il più leggendario in assoluto. Partiamo dal primo punto di leggenda: il titolo “The Royal Albert Hall” è tra virgolette poiché sebbene conosciuto così la registrazione avvenne alla Manchester Free Trade Hall e non nel famoso teatro londinese. Secondo punto: dopo una prima parte acustica con versioni da brivido e struggenti di Visions Of Johanna, It’s All Over Now, Baby Blue, Just Like A Woman, una favolosa Mr Tambourine Man da oltre 8 minuti osannata dal pubblico, Dylan si presenta con gli Hawks per la seconda parte elettrica. Parte alla grande con Tell Me Momma, canzone meravigliosa e mai incisa su disco, cantata solo in quel tour del 1966. Testo criptico e struggente, tra i massimi dylaniani: Tutti ti vedono affacciata al tuo balcone \Quanto ci vuole perchè tu cada dal bordo? \Farai solo saltare e urlare tutti \A che scopo vorresti farlo? \Perchè io so che tu sai che io so che tu dimostri \che qualcosa sta facendo a pezzi la tua mente\ Dimmi, mammina \Dimmi, mammina \Dimmi, mammina, cosa c'è? \Cosa c'è che non va questa volta?. Dylan sciorina in chiave rock blues i suoi capolavori da Blonde On Blonde finchè, dopo una versione definitiva di Ballad Of Thin Man (uno degli epos dylaniani più potenti, feroce invettiva contro “chi non capisce”) un tizio si alza dal suo posto e gli grida:”Giuda! Non ti seguirò più!”. Dylan lo sente e gli risponde: ”Non ti credo, sei un bugiardo!” e girandosi verso la sua band gli incita a “suonare dannatamente forte” Like A Rolling Stone. Per decenni l’episodio fu considerato una delle ennesime leggende sul nostro, ma una fortunosa e inaspettata scoperta di nastri cinematografici, quasi tutti rovinati dall’acqua, furono curati e montati da Martin Scorsese per il documentario No Direction Home del 2005 sui cui titoli di coda compare la riprese dell’episodio di Giuda, a conferma dello storico fuoriprogramma. Rimane comunque uno dei live più eccitanti, vibranti e storicamente significativi di tutti i tempi. E proprio perchè si sa che Dylan è un metodico, nel 2016 fu pubblicato il “vero” concerto alla Royal Albert Hall (The Real Royal Albert Hall Concert) che ha scaletta pressoché simile, altissima qualità di esecuzione ma nessun contestatore a chiamarlo traditore. E questa potrebbe essere una perfetta trama di una canzone.
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