L’accoppiata fra Julie Driscoll, “The Face” (a cui aggiungerei “The Voice”) degli anni 60 inglesi, e i Trinity, il trio di Brian Auger, organista extra-ordinario, è per quanto di breve durata fra i momenti più alti della musica inglese dei tardi 60, epoca in cui la concorrenza era tutto men che scarsa. È un incontro perfetto, che ha radici nella comune militanza negli Steampacket di Long John Baldry, che fra il 1965 e il 1967 forma un gruppo di giovani destinati alla gloria: Mickey Waller alla batteria (Jeff Beck Group e Rod Stewart), Vic Briggs alla chitarra (Animals), Auger all’Hammond, Baldry, Driscoll e Rod Stewart per le parti vocali. Un supergruppo che per problemi contrattuali non inciderà mai nulla, se non dal vivo. Il manager è Giorgio Gomelsky, proprietario di club e primo manager degli Stones e Yardbirds, che fonda una piccola etichetta di qualità, la Marmalade. A poco a poco se ne vanno tutti, loro due in coppia, aggiungendo Clive Thacker alla batteria e Dave Ambrose al ba