Richie Havens, il folk singer dalla pelle nera

 di  Gianni Lucini

Il 21 gennaio 1941 nasce a Brooklyn Richie Havens, considerato uno dei migliori folk singers del periodo a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta.

A quattordici anni il primo gruppo

Figlio di un pianista del ghetto nero di New York, ultimo di nove fratelli impara ben presto le regole della sopravvivenza e per aiutare la famiglia inizia a cantare in pubblico quando ha da poco compiuto i sei anni. A quattordici forma un gruppo gospel, i McCrea Gospel Singers, insieme ai quali comincia ad allargare i suoi orizzonti al di fuori dei vicoli e dei locali della zona in cui è vissuto fino in quel momento. Chiusa la parentesi gospel, non ancora diciassettenne, saluta famiglia e amici e se ne va. Non lascia la musica, ma si adatta a qualunque lavoro pur di sopravvivere: il ritrattista per turisti nel Greenwich Village, il fattorino della Western Union e l’operaio. Nei primi anni Sessanta inizia a frequentare i circoli folk del Greenwich Village e resta affascinato dalla lezione politica e musicale dei vecchi folk singers bianchi come l’onnipresente Pete Seeger. Da quel momento la sua storia artistica si lega con quella degli emergenti profeti della nuova canzone di protesta.

Tradizioni bianche e nere

Nella sua voce calda e profonda, arricchita dall’emotività interpretativa di derivazione gospel, sembrano saldarsi le tradizioni musicali bianche e quelle nere. Nel 1968 è tra i protagonisti del commosso tributo alla memoria di Woody Guthrie che si svolge alla Carnegie Hall di New York e l’anno dopo entra nella leggenda aprendo con la sua Freedom il Festival di Woodstock. Gli anni Settanta lo vedono ancora sulla cresta dell’onda con una serie di album di qualità e con canzoni come l’indimenticabile Going back to my roots o la curiosa versione della beatlesiana Here comes the sun. Parallelamente all’attività discografica e concertistica sperimenta altre forme espressive, dedicandosi in particolare al teatro. Nel 1972 partecipa alla messa in scena sui palcoscenici statunitensi dell’opera rock “Tommy” e due anni dopo indossa i panni d’Otello nel musical “Catch my soul”. Con l’arrivo degli anni Ottanta inizia la sua parabola discendente anche se non sparirà mai del tutto dalla scena. Pubblica qualche album e spesso si ritrova a dare una mano in sala di registrazione ai suoi vecchi compagni del Greenwich Village, in particolare a Bob Dylan, ma gli anni d’oro e gli ideali di rivolta sono ormai lontani. Muore a Jersey City il 22 aprile 2013.


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