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Visualizzazione dei post da gennaio, 2019

Dieci capolavori di musica jazz

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MY FAVORITE THINGS Scritto e composto per il musical “Tutti insieme appassionatamente” (messo in scena nel 1959), la versione jazz ha avuto fortuna grazie a John Coltrane che l’ha modificata, accorciandola e dividendola in due sezioni. La bellezza del brano sta nella libertà espressiva di Coltrane che durante i live riusciva ad allungarla fino a un’ora (come nel live in Giappone). Un pezzo suonato da moltissimi musicisti dopo Coltrane: “Molti pensano che sia una mia composizione”, disse il sassofonista americano: “vorrei tanto averla scritta io.” SOMEDAY MY PRINCE WILL COME Anche questo brano nasce dal mondo dello spettacolo, in particolare da un famosissimo cartone animato: Biancaneve e i sette nani. È diventato, per la sua carica espressiva e dolcezza, uno dei brani più belli e famosi del jazz. Tra le versioni più delicate e sublimi c’è sicuramente quella del grande pianista Bill Evans (anche quel genio di Miles Davis ne ha eseguita una). TAKE FIVE Scritto da

Louie Austen feat. Senor Coconut - Dreams Are My Reality

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William Tyler – Goes West (2019)

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di Emiliano D'Aniello Lo chiamavano primitivismo, in questo caso parliamo di una rivisitazione e di uno studio nell’uso della chitarra che ha un valore storico e cerebrale che merita di essere considerato per il suo spessore anche intellettuale, oltre che puramente artistico e per la bellezza delle canzoni contenute in quest’album. William Tyler è un nome forse poco popolare, ma non è un novellino. Al contrario. Multistrumentista, ma principalmente chitarrista, ha suonato con i Lambchop e i Silver Jews prima di dedicarsi a una carriera solista in cui peraltro non mancano collaborazioni, tra cui è impossibile non menzionare la partnership con Bonnie “Prince” Billy, che è probabilmente uno degli autori più riconosciuti nel panorama folk americano degli ultimi vent’anni (ma va detto che Tyler è musicista poliedrico, non a caso è attualmente in tour con Ty Segall). Ma, nel caso specifico, pur collegandosi alla premessa di questa breve recensione e a quello che abbiamo definito

U2 - Rattle And Hum (1988)

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Autore dello scatto in copertina dell'album "Rattle And Hum", realizzato dalla rock band irlandese U2, fu il fotografo e maestro del bianco e nero Anton Corbijn. L'ispirazione per la foto giunse durante un momento ben preciso in una delle performance dal vivo della band e di seguito ricreata in studio dall'artista. L'immagina raffigura il leader della band Bono mentre punta il fascio di luce di un faro sul chitarrista The Edge durante l'assolo finale della canzone "Bullet The Blue Sky". L'artwork fu realizzata dal gruppo di progettazione DZN, composta dai designer Norm Ung, Tracy Weston e Riea Pendleton-Owens, i quali furono scelti dalla Paramount Pictures per gestire sia la progettazione del film che dell'album.

Kraftwerk

Gruppo dell'avanguardia elettronica tedesca fondato a Dusseldorf alla fine dei '60 da Ralf Hutter e Florian Schneider. Entrambi studenti del conservatorio locale e allievi di Stockhausen, nel 1969 danno vita in Gran Bretagna agli Organisation per Tonefloat. Fondano quindi i Kling Klang Studios. Discografia e Wikipedia

Led Zeppelin - How The West Was Won (2003)

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Emozionalmente assistere di persona ad un concerto ha una dimensione emozionale inarrivabile, ma ci sono delle variabili (acustica, posto, tempo meteo, le proprie condizioni psicofisiche) che il live registrato sopperisce. Ma soprattutto sono lo scrigno per “assistere” ad un momento irripetibile, che è una delle poche conseguenze interessanti della riproduzione meccanica delle opere d’arte. Quella di oggi ferma due date del tour americano dei Led Zeppelin nel 1972, che tennero due concerti il 25 giugno al Los Angeles Forum e il 27 alla Long Beach Arena. Dei quattro dei dell’hard rock, è uno dei periodi più alti. Robert Plant (vocalist), Jimmy Page (chitarra), John Paul Jones (tastiere e basso) e John Bonham (batteria) stavano portando in tour le canzoni di quel magnetico capolavoro che fu Led Zeppelin IV, il ruins album (dalle macerie fotografate in copertina) che in verità non aveva in copertina nè un titolo nè il nome della band, tanto era la loro fama all’epoca (e tanto il loro

I brani più belli di Tom Waits scelti da Tom Waits

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Quando ci si trova davanti un genio non si sa bene da dove cominciare. Le volte in cui davanti si trova un gigante della musica proviamo l’imbarazzo della scelta. Prendi ad esempio Tom Waits. Un musicista (anche attore, vedi Daunbailò) che ha pubblicato 25 album. Mettiamo che vogliamo consigliare alcune tracce a chi ancora non lo conosce. Oppure facciamo che siamo noi quelli che non lo conoscono bene e vogliono avvicinarsi. In punta di piedi. Per capirci non da questa playlist completa dove ci sono tutte le canzoni di Tom Waits. E che dura 24 ore. Da dove cominciare allora? Chi meglio di Tom Waits in persona può guidarci? In una playlist realizzata per Spotify, Tom ha raccolto 76 canzoni dal suo sterminato repertorio. Non sono né in ordine alfabetico, né in quello cronologico. È un elenco dettato unicamente dal sentimento. Se l’ascolti tutto di seguito dura circa 4 ore e mezza. Noi la troviamo un’idea bellissima e speriamo che qualche altro musicista si presti a questo “gi

The Köln Concert, il leggendario live improvvisato di Keith Jarrett

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Ci sono concerti in grado di cambiare il corso della storia musicale. Come ad esempio il live di Woodstock. Anche nel mondo del jazz è successo qualcosa di simile. Oltre alle esibizioni straordinarie di Charlie Parker, Miles Davis o John Coltrane ce n’è stato uno che non si fa fatica a definire epico. Keith Jarrett all’Opera Haus di Colonia nel gennaio 1975. Passato alla storia come: The Köln Concert. È considerato il più famoso album di jazz solo della storia. Definito da qualcuno “l’unico bestseller jazz a non essere un disco jazz”. L’abbiamo amato anche grazie al cinema, nel film Caro Diario di Nanni Moretti. Nel toccante omaggio del regista a Pier Paolo Pasolini. The Köln Concert Keith prima di arrivare a Colonia era in tour da un paio di anni. Era tornato al piano—dopo una breve esperienza all’organo elettrico con Miles Davis. Keith voleva ritornare a quel suono che lo aveva incantato da bambino (per chi non lo sapesse, cominciò a suonare dall’età di tre anni). Lo fa

Area - Are(A)zione (1975)

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Gli Area, International POPular Group, sin dagli esordi hanno avuto come intento quello di creare una musica totale, con radici mediterranee, free jazz, rock, avanguardia, elaborata in un contesto di continua evoluzione e con una forte impronta politica. Dico subito che sono stati un esempio unico nel panorama del rock mondiale, apprezzati anche all’estero dove ancora oggi hanno una appassionata schiera di fan. Nascono a Milano intorno al 1972, dall'incontro di musicisti di varie esperienze. Demetrio Stratos, studente greco di architettura trasferitosi a Milano e che già cantava con I Ribelli, il tastierista Patrizio Fariselli, diplomato al conservatorio e amante di Miles Davis e di John Coltrane, Giulio Capiozzo, batterista di gavetta, che suonò per anni in balere e hotel, anche a Il Cairo, dove studia percussioni, per poi diventare sessionmen per la Numero Uno di Mogol e Battisti. I tre aggiungono un chitarrista, Johnny Lambizzi, che però subito lascia, sostituito da Paolo Tof

Puberty 2 - Mitski

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di Claudio Todesco Puberty 2 - Mitski «Tua madre non approverebbe il modo in cui la mia mi ha cresciuta», canta spiegando al fidanzato la propria irriducibile diversità. Mitski Miyawaki è mezza americana e mezza giapponese. A causa del lavoro del padre ha vissuto in una dozzina di Paesi tra cui Giappone, Malesia, Repubblica Democratica del Congo, Cina, Turchia. Non stupisce che metta il tema dell’identità al centro del suo secondo album – il quarto, contando i due assemblati come progetti di fine anno quando studiava composizione al Purchase, New York. Quando suona è ombrosa e umorale, spigolosa e inquieta. A volte fa gracchiare le chitarre alla maniera dei rocker anni ’90, a volte crea trame chitarristiche tipo St. Vincent, e qualche altra volta suona come una punkettara amante del fai-da-te che adora le vecchie melodie pop. Canta l’impossibilità d’essere felice e l’inevitabilità di provarci. Nel disco, immagina la felicità come un ragazzo che ti entra in casa con i biscottini

Marilyn Manson - Mechanical Animals (1998)

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Autori della copertina dell'album "Mechanical Animals" del cantautore statunitense Marilyn Manson pubblicato il 15 settembre del 1998, furono il fotografo newyorchese Joseph Cultice e il designer Paul Brown. L'immagine mostra Manson in una figura pallida e inquitante che contrariamente a quanto in molti pensarono all'uscita dell'abum, non si sottopose a nessun intervento di chirurgia plastica. In realtà il cantante è nudo ricoperto dalla testa ai piedi di vernice in latex, i seni sono delle protesi, mentre i genitali sono ricoperti da una coppa in plastica e aerografati. Manson con questo personaggio assume il ruolo di un alieno smarrito e consumato dall'uso di droghe dal nome Omega, caduto sulla terra, catturato e fatto diventare una rock star. Nel libretto interno troviamo invece dei messaggi nascosti che per poterli vedere bisogna sovrapporre sulle sue pagine la custodia in plastica blu trasparente del CD, o l'LP blu trasparente, e come per mag

Bill Evans Trio - Sunday At Village Vanguard (1961) e Waltz For Debby (1962)

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La storia di oggi per una volta unisce due dischi. Due dischi leggendari che vennero registrati live lo stesso giorno, il 25 giugno 1961, una domenica, in uno dei templi del jazz newyorchese, il Village Vanguard di Max Gordon e sua moglie Lorraine. A suonare quella settimana, nella storica accoppiata pomeriggio-sera, da allora un must delle serate live del Greenwich Village, c’era un trio, un uomo al pianoforte, Bill Evans, un contrabbassista, Scott LaFaro, e un batterista, Paul Motian. I tre formavano il Bill Evans Trio, una delle più grandi espressioni della musica jazz del ‘900. Fulcro del progetto era William John “Bill” Evans. Evans è considerato una delle figura centrali del jazz del dopo guerra: di formazione classica, sin dagli anni ‘50 al college inizia a far parte di piccole band di jazz, spostandosi tra New York e l’Illinois. Nel 1950, viene scritturato come pianista per un tour con la leggendaria Billie Holiday, evento che gli permette di entrare nel giro del jazz che

Leo Kottke

Originario di Athens, Georgia, cresciuto in diversi Stati, Leo Kottke (1945) comincia suonando il trombone durante il periodo scolastico e più tardi passa alla chitarra, ispirandosi ai bluesman Mississipi John Hurt, Skip James e Son House. Mentre assolve il servizio di leva in Marina il suo udito rimane leggermente danneggiato. Discografia e Wikipedia

In questa playlist puoi ascoltare tutti i Pink Floyd dal 1967 al 2014

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L’anno scorso un critico rock che, curiosamente, ha lo stesso nome del bassista dei Rolling Stones—Bill Wyman—ha assolto un compito non richiesto, per certi versi assurdo, ma gradito: ha realizzato una classifica di tutte le canzoni, dalla peggiore alla migliore, dei Pink Floyd. Ti abbiamo parlato molte volte della band di Syd Barrett, Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright (autore di The Great Gig In The Sky insieme a Clare Torry), Nick Mason, e persino di Hipgnosis, che ha fatto le loro copertine più belle. Quello di Waters e soci non è stato certo un gruppo stazionario. Tanto che capita anche a qualche fan dichiarato, di non avere una cognizione precisa del percorso della band almeno dal 1968 al 1995. Prendiamo la top 5 della classifica in questione. Al quinto posto c’è “Bike” di Syd Barrett, clamoroso capriccio british da The Piper at the Gates of Dawn del 1967. Al primo posto la limpida e istituzionale “Wish You Were Here“, dall’omonimo album del 1975. Come si è pass

Pat Metheny Group - Pat Metheny Group (1978)

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Ci sono certi chitarristi che hanno l’aura magica di certi fantasisti del calcio o grandi campioni del basket: sanno con un guizzo magico risolvere un’azione, una partita, una situazione di gioco. Il chitarrista di oggi mi ha sempre dato questa sensazione, un fuoriclasse assoluto pronto con una delle sue idee ad illuminare la musica. E poi, cosa importante di questi tempi, è stato ed è ancora il simbolo della contaminazione musicale, pennellando di rock, funk, musica brasiliana, musica elettronica la sua tela jazz. Patrick Bruce Metheny, per tutti Pat Metheny nasce nell’agosto del 1954 in Missouri. Precocissimo, cresciuto in una famiglia di musicisti, inizia suonando la tromba, per poi passare alla chitarra elettrica dai 12 anni. A 15 anni vince un concorso indetto dalla nota rivista jazz Down Beat, che gli paga una settimana di stage con Attila Zoller, noto chitarrista jazz, che si accorge del talento di questo ragazzo e lo inserisce nel giro dei locali di New York e Kansas City. H

Chet Baker, In memoria di un genio infelice

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Se ne stava seduto su uno sgangherato sgabello a un distributore di benzina sulla Pacific Coast Highway, con lo sguardo perso nel vuoto, il volto scavato e segnato da tante overdose. Era il commesso di quel distributore, crocevia di mille destini ignoti. Il pasciuto avvocato che si fermò a chiedergli il pieno senza nemmeno guardarlo in faccia, si accorse ad un tratto -ora che fissava quel volto straziato e assente- che era lui. Doveva essere lui. Glielo chiese, e per tutta risposta, senza una parola, l'uomo spalancò senza pudore la bocca a mostrare una dentatura distrutta e una mascella spaccata. Sì, era proprio lui: due mesi prima cinque spacciatori gli avevano frantumato denti e mascella a sprangate per una questione di droga e di soldi. L'avvocato decise di aiutarlo, gli pagò le cure per ricostruire la mascella e per impiantare una dentiera in quella bocca spezzata. Sì, doveva tornare a suonare quella tromba in quel modo in cui nessuno suonava, un inno d'amore e un la

Tobias Froberg - When We Go To War

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Eddie Vedder - Into The Wild (Music for the motion picture) (2007)

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Il rapporto simbiotico tra musica ed immagini nel cinema è alla base della magia multisensoriale di tutte e due le arti. Basta pensare che le prime proiezioni del cinema muto avvenivano con un’orchestrina che dal vivo suonava. Ma lasciamo questo affascinante percorso per parlare del disco di oggi, che è una di quelle dimostrazioni speciale di perfetta sintonia tra idee cinematografiche e idee musicali. Eddie Vedder è lo storico e fenomenale leader dei Pearl Jam. Diviene amico di Sean Penn, l’altrettanto bravissimo attore californiano, due volte premio Oscar e vincitore di altri prestigiosi premi (Orso d’Argento a Berlino, due volte Coppa Volpi a Venezia, premi a Cannes e in altri importanti Festival cinematografici mondiali). I due diventano amici, e la prima occasiona per lavorare insieme arriva nel 1995, quando Vedder scrive insieme al cantante pakistano Nusrat Fateh Ale Khan due brani per il film di Penn Dead Man Walking (uno davvero da brividi, The Long Road). L’amicizia tra i

Genesis - Duke (1980)

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Sulla copertina di "Duke", decimo album dei Genesis pubblicato il 28 marzo del 1980, troviamo un'illustrazione del disegnatore francese Lionel Koechlin. L'immagine fu presa da sua opera dal titolo "L'alphabet d'Albert" (l'alfabeto di Albert) pubblicata nel 1979 e raffigura il perdente nato Albert, con un corpo enorme e vestito di verde, mentre contempla il mondo affacciato ad una finestra spalancata di colore rosa, mentre nel cielo azzurro brilla una mezza luna.

Alexis Korner

Padre del british blues inglese, onnipresente sulla scena musicale per oltre trent'anni, padrino di molti gruppi inglesi, Alexis Korner (1928 - 1984) nasce a Parigi da un ufficiale di cavalleria austriaco e una madre greco-turca. Riceve sin da piccolo un'educazione musicale classica alla quale si ribella in favore di boogie woogie, iazz e blues. Discografia e Wikipedia

Donna The Buffalo – Dance In The Street (2018)

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di Remo Ricaldone “Dance In The Street” segna il ritorno, a cinque anni di distanza dal precedente “Tonight, Tomorrow And Yesterday”, di Donna The Buffalo, eccellente band originaria di Trumansburg, New York che ha fatto dell’alternative-country la propria missione, proponendolo con grande personalità e gusto. Dalla fine degli anni ottanta Jeb Puryear e Tara Nevins hanno unito le loro capacità compositive ed interpretative miscelando country music, folk-rock ma anche cajun, bluegrass, rock e reggae attingendo si alla tradizione ma restituendoci un sound coeso e brillante con forti tendenze jam, avvicinandosi talvolta ai Grateful Dead. I Donna The Buffalo sono così volati ad El Paso, Texas e negli studi Sonic Ranch, sotto la produzione del famoso Rob Fraboni (che il suo posticino nella storia del rock se l’è ritagliato lavorando con Bob Dylan, Eric Clapton, i Rolling Stones e la Band) hanno dato vita ad una lavoro nuovamente intenso e pregnante. Jeb e Tara hanno ripreso il filo di q

Quando Miles davis e John Coltrane suonarono insieme per l'ultima volta

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Fra John Coltrane e Miles Davis, che collaborarono strettamente fra il 1955 e il 1960, ci fu un rapporto improntato di sottile rivalità, inevitabile tensione, e mutuo rispetto tra fuoriclasse. Erano entrambi nati nel 1926. Entrambi grandissimi, innovativi musicisti. Tutti e due eroinomani. Le due carriere, però, non corsero su un binario parallelo almeno finché, nel 1955, Davis non inserì Coltrane nel suo quintetto. Il trombettista era già un leader, noto dalla metà degli anni ’40. Aveva già conosciuto gli alti e bassi della fama, registrato con Charlie Parker, e stupito il mondo del jazz con le registrazioni raccolte successivamente in “Birth of the Cool”. Coltrane, invece, alla metà dei ’50 era ancora un turnista di scarsa notorietà. Di rado regalava al pubblico un assolo, e doveva ancora trovare la propria voce. L’avrebbe trovata a breve. Due anni con Miles Davis, dal 1955 al 1957, furono fondamentali. Lo furono anche i mesi del 1957 passati a suonare con Thelonious Monk. F

Janis Joplin e Woodstock: l’inizio della fine

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di Alessio Bardelli Che il Festival di Woodstock sia stata l’apoteosi della cultura rock mondiale non ci sono dubbi. Il Festival, unico e irripetibile, ha radunato 500mila giovani ed è stato il simbolo della cultura hippie. Tra pace, droghe e amore la rivoluzione non-violenta sembrava a portata di mano. Tra gli artisti che si esibirono l’anima fragile di Janis Joplin: nel 1969 la cantante texana era all’apice del successo, ma quel successo erano un cumulo di sabbie mobili, fatte di alcool e droghe, dal quale non riuscì mai definitivamente a liberarsi. Dopo la pubblicazione di Cheap Trills del 1968, Janis era una delle voci più famose di quel periodo: l’album ottenne un grande successo ed ottenne la posizione numero uno. Nel 1969 la sua band di supporto cambia: non sono più i Big Brother and the Holding Company, ma i Kosmic Blues, insieme ai quali pubblicherà il singolo omonimo, che farà parte del terzo album I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama! Janis era attesa a Wood

Pink Floyd - Wish You Were Here (1975)

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Nella mitologia del rock, loro occupano uno dei posti più importanti e riconosciuti. Pochissimi hanno mai saputo ottenere non solo il successo, ai livelli più alti in assoluto, ma la forza iconica della loro musica e del modo in cui l’hanno raccontata. La storia dei Pink Floyd inizia nel 1964 quando Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason fondano gli Abdabs. Poco dopo si unisce Roger Barrett per tutti Syd, che dalla passione comune per il blues scova il nome di due oscuri bluesmen, Pink Anderson e Floyd Council, che danno vita alla nuova band. I Pink Floyd cambiano però subito registro e dal blues iniziano a sperimentare la musica psichedelica: lunghe improvvisazioni strumentali, giochi di luci stroboscopiche durante i concerti, una certa visione bizzarra e particolare della vita, come suggerisce il loro primo grande successo, Arnold Layne (1967), la storia di un travestito (censurata all’epoca dalla EMI) poi seguito da See Emily Play, dalla particolare struttura a collage tipica

A Day For The Hunter, A Day For The Prey - Leyla McCalla

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di Claudio Todesco A Day for the Hunter, A Day for the Prey - Leyla McCalla Anche Leyla McCalla canta la propria identità divisa in due e la resistenza a farsi assimilare da una cultura aliena. È nata a New York, è cresciuta nel New Jersey, ha passato un paio d’anni ad Accra. Ma soprattutto ha discendenze haitiane che ha riscoperto trasferendosi a New Orleans, e tutto si tiene nel suo album che parte con una canzone ispirata ai boat people e finisce con un traditional dedicato a uno spirito del voodoo. Quasi la si detesta per il talento che ha. Ha studiato violoncello classico, ma suona pure chitarra e banjo tenore. Canta in inglese, francese, creolo haitiano. E dopo aver messo in musica Langston Hughes, nel secondo album riconduce tutto a un folk piuttosto chic, dove si fa uso di strumenti acustici senza alcuna ansia tradizionalista. Dentro ci sono la Louisiana e Haiti, il jazz e la tradizione creola, e musicisti di una bravura che non ammette esibizionismi. Pure gli ospiti so

E T I C H E T T E

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