Pink Floyd - Wish You Were Here (1975)

Nella mitologia del rock, loro occupano uno dei posti più importanti e riconosciuti. Pochissimi hanno mai saputo ottenere non solo il successo, ai livelli più alti in assoluto, ma la forza iconica della loro musica e del modo in cui l’hanno raccontata. La storia dei Pink Floyd inizia nel 1964 quando Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason fondano gli Abdabs. Poco dopo si unisce Roger Barrett per tutti Syd, che dalla passione comune per il blues scova il nome di due oscuri bluesmen, Pink Anderson e Floyd Council, che danno vita alla nuova band. I Pink Floyd cambiano però subito registro e dal blues iniziano a sperimentare la musica psichedelica: lunghe improvvisazioni strumentali, giochi di luci stroboscopiche durante i concerti, una certa visione bizzarra e particolare della vita, come suggerisce il loro primo grande successo, Arnold Layne (1967), la storia di un travestito (censurata all’epoca dalla EMI) poi seguito da See Emily Play, dalla particolare struttura a collage tipica di Barrett. Il tempo è pronto per il primo, leggendario album. The Piper At The Gates Of Dawn (1967) è uno dei manifesti della psichedelia inglese, tra fiabe e allucinazioni, realtà e sogni spettrali e segnano un’epoca i primi classici (Astronomy Domine, Lucifer Sam la leggendaria Interstellar Overdrive). Il successo è forte ed incoraggiante, ma i successivi singoli Apples & Oranges e It Would Be So Nice sono troppo sperimentali. A ciò si accompagna un deterioramento della salute di Barrett, dal punto di vista mentale, testimoniato dalle scene mute e dalle stranezze che egli manifestò durante il tour americano del 1968. A questo punto i restanti 3 chiamano David Gilmour talentuoso chitarrista amico di Barrett, e la nuova formazione regala a Syd nel nuovo disco, A Saucerful Of Secrets, un brano testamento, la lunatica Jugband Blues. Da questo momento le loro strade si dividono: i Pink Floyd modelleranno la loro musica spaziale e intensa con decisi innesti progressive, in un crescendo di talento e successo che in pochi anni sfornerà capolavori come Ummagumma (1969), Atom Heart Mother (quello con la mucca in copertina, 1970) Meddle (1971) e quella pietra miliare della cultura occidentale del ‘900 che fu The Dark Side Of The Moon (1973). Barrett viene aiutato dai suoi amici in The Madcap Laughs (1970) e Barrett (1970), poi scompare per l’aggravarsi delle sue nevrosi e psicosi. Il disco di oggi nasce nel momento di maggiore fama per il gruppo e di maggiore silenzio su Barrett. Dopo il successo degno di Money, c’è tristezza e apatia tra i membri, e più che mai si sente la mancanza di Syd, primo artefice di quel successo incredibile. Tutta questa “assenza” si sente in tutto l’album di oggi, Wish You Were Here, altro successo immenso e mondiale (oltre 20 milioni di copie vendute, uscito nel 1975 a due anni di distanza da The Dark Side Of The Moon) ma che all’epoca spiazzò e portò quasi allo scioglimento i Pink Floyd. Il disco è composto da soli 6 brani. L’immortale Shine On Your Crazy Diamond, dedicata a Barrett, è un capolavoro diviso in 2 parti (la seconda parte chiude il disco) ed è legato ad uno degli episodi più incredibili della storia della musica: durante il missaggio finale della canzone si presenta agli Abbey Road Studios, dove l’album fu registrato, un tizio calvo, senza sopracciglia, grasso e con un impermeabile. Pensato da tutti come un dirigente della Emi, si scoprì che era un irriconoscibile Syd Barrett. L’evento fece piangere tutti gli altri, e Barrett fu invitato al party di fine lavorazione del disco. Non disse una parola, tranne qualche cenno allo spazzolino che portava nel taschino che gli serviva a pulirsi i denti della carne di maiale che aveva nel suo frigo gigante. Welcome To The Machine, con ampio uso di sintetizzatori, è un duro attacco all'industria musicale, come la splendida e poco ricordata Have A Cigar (cantata da Roy Harper, dopo che Waters e Gilmour litigarono sul chi dovesse cantarla) sulla cupidigia dei boss della musica. E poi una delle ballate più belle di sempre: Waters pensa a Barrett e a sé stesso, come se fosse diventato un’altra persona, fredda e arida in Wish You Were Here, cantata però da Gilmour, con la celebre radio sequence iniziale, dove un microfono fu posizionato verso la cassa dello stereo della macchina di Gilmour carpendo anche un accenno della Quarta Sinfonia di Petr Čajkovskij. La mitologia accrebbe anche grazie alla storica copertina, sempre opera dei geni della Hipgnosis di Storm Thorgerson, che per esprimere al meglio i sentimenti di assenza, di ambiguità, di copertura di ciò che davvero si sente, prevedeva nella versione originale una busta opaca, con un adesivo identificativo del gruppo che copriva la vera immagine di copertina, che immagina due manager che si stringono la mano mentre uno dei due prende fuoco. Per la foto furono impiegati due stuntmen e fu scattata ai Warner Bros. Studios di Los Angeles. Il retro di copertina mostra un rappresentante commerciale senza volto denominato “Floyd Salesman”, che, nelle parole di Thorgerson, “vende la propria anima nel deserto” (il deserto di Yuma in California). L'assenza di polsi e caviglie segnala la sua presenza come mero involucro, un “vestito vuoto”. Rimane a tutt'oggi uno dei dischi più amati di sempre, che forse nel suo successo ha perso l’aura ambigua e sofferta che lo portò a nascere; basta ricordare che la Emi fece fare i doppi turni a tutti i dipendenti per stare dietro alle richieste appena uscito il disco che in sola prevendita vendette 250.000 copie. Altro aneddoto di una delle più grandi leggende di sempre nella musica rock.


Commenti

E T I C H E T T E

Mostra di più