Bill Evans Trio - Sunday At Village Vanguard (1961) e Waltz For Debby (1962)

La storia di oggi per una volta unisce due dischi. Due dischi leggendari che vennero registrati live lo stesso giorno, il 25 giugno 1961, una domenica, in uno dei templi del jazz newyorchese, il Village Vanguard di Max Gordon e sua moglie Lorraine. A suonare quella settimana, nella storica accoppiata pomeriggio-sera, da allora un must delle serate live del Greenwich Village, c’era un trio, un uomo al pianoforte, Bill Evans, un contrabbassista, Scott LaFaro, e un batterista, Paul Motian. I tre formavano il Bill Evans Trio, una delle più grandi espressioni della musica jazz del ‘900. Fulcro del progetto era William John “Bill” Evans. Evans è considerato una delle figura centrali del jazz del dopo guerra: di formazione classica, sin dagli anni ‘50 al college inizia a far parte di piccole band di jazz, spostandosi tra New York e l’Illinois. Nel 1950, viene scritturato
come pianista per un tour con la leggendaria Billie Holiday, evento che gli permette di entrare nel giro del jazz che conta. Infatti di lì a pochi anni sempre più partecipazioni, fino a quando non entra a far parte del gruppo di musicisti di Miles Davis. Il Genio ha un debole per lui, e Evans è tra gli artefici di quel lavoro leggendario che fu Kind Of Blue, del 1959: scriverà per quel disco Blue In Green, ma Evans è deciso a provare la carriera solista. Nel 1960 fonda il Trio a suo nome con Scott La Faro e Paul Motian: dei tre Evans è il creativo, LaFaro è il virtuoso passionale, Motian il metronomo e regolatore. Ne nasce un alchimia speciale in una totale e unica compartecipazione tra strumenti, parti e colori musicali che segnerà per sempre il jazz modale. Tra il tintinnio di bicchieri, il vocio leggero degli avventori, i battiti sentiti e sinceri delle mani a fine di ogni esibizione, le registrazioni del 25 giugno regalano due perle, simmetriche e diverse allo stesso tempo, lo stato dell’arte del Trio. Il primo che viene pubblicato dall’etichetta Riverside è Sunday At VIllage Vanguard (siamo ad ottobre del 1961): i 6 pezzi in scaletta sono la summa della rivoluzione del trio, in un continuo e paritario scambio di assoli, influenze, predominanze, nel tocco delicato, e pittoresco di Evans sui tasti, nella passione musicale di LaFaro, nella puntuale scia sonora di Motian, che diventerà il re delle spazzole per suonare la batteria jazz. Tra i brani, tutti mitici, Gloria’s Step, le riletture deliziose di My Man’s Gone Now di Gershwin, la ripresa del tema del film di Walt Disney Alice nel Paese delle Meraviglie di Sammy Fain, Solar del maestro Davis e una delicata, sottile e commovente Jade Visions. Una settimana dopo la registrazione, LaFaro muore in un incidente stradale, con conseguenze devastanti su Evans, ci ritornerò tra poco. Per questo Waltz For Debby esce solo nel marzo 1962. È il gemello perfetto di Sunday At Village Vanguard. Il brano che dà il titolo al disco diviene uno degli standard del jazz, una delle pietre miliari del genere: fu scritta da Evans per la nipotina, Debby, e appare per la prima volta nel disco New Jazz Conceptions del 1957 in forma brevissima di circa un minuto. In Waltz For Debby la visione democratica del trio è ancora più in evidenza, soprattutto nella scelta dei brani, tutti standard jazz: una storica versione di My Foolish Heart di Victor Young e Ned Washington, Detour Ahead di Herb Ellis, My Romance del magico duo Rodgers e Hart, Some Other Time di Bernstein e l’omaggio sempre al Genio di Davis con la storica Milestones, che è l’inizio di quel jazz modale tanto caro a Evans. Questi due dischi, da ascoltare in sequenza, sono l’apoteosi della classe, della delicatezza e della cura musicale, racchiusa, come in tutti i dischi dal vivo leggendari, in un momento irripetibile, che si avverte in ogni nota. Evans fu devastato dalla morte di LaFaro. Nel 1963 lo sostituisce con Chuck Israels e in Conversations With Myself usa per la prima volta l’overdubbing, la tecnica di sovrapposizione musicale delle tracce. Per tutti gli anni ‘60 dipende in maniera cronica dall’eroina e dalla cocaina, ma nei momenti di relativa salute, con il bassita Eddie Gomez, che lo accompagnerà per undici anni (dal 1966 al 1977) registrerà altri capolavori, tra cui tre storici live al Festival Jazz di Montreux. Morirà nel 1980, dopo una dipendenza di venti anni dalle droghe che il suo amico Gene Lees (che scrisse il testo inglese di Corcovado di Antonio Carlos Jobim e quello di Waltz For Debby) definì il più lungo suicidio della storia, nato con l’incidente mortale di LaFaro, che spezza un incantesimo magico e meraviglioso, fatto di un piano, un contrabbasso e le spatole sulla batteria.

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