Dieci capolavori di musica jazz
MY FAVORITE THINGS
Scritto e composto per il musical “Tutti insieme appassionatamente” (messo in scena nel 1959), la versione jazz ha avuto fortuna grazie a John Coltrane che l’ha modificata, accorciandola e dividendola in due sezioni. La bellezza del brano sta nella libertà espressiva di Coltrane che durante i live riusciva ad allungarla fino a un’ora (come nel live in Giappone). Un pezzo suonato da moltissimi musicisti dopo Coltrane: “Molti pensano che sia una mia composizione”, disse il sassofonista americano: “vorrei tanto averla scritta io.”
SOMEDAY MY PRINCE WILL COME
Anche questo brano nasce dal mondo dello spettacolo, in particolare da un famosissimo cartone animato: Biancaneve e i sette nani. È diventato, per la sua carica espressiva e dolcezza, uno dei brani più belli e famosi del jazz. Tra le versioni più delicate e sublimi c’è sicuramente quella del grande pianista Bill Evans (anche quel genio di Miles Davis ne ha eseguita una).
TAKE FIVE
Scritto da Paul Desmond e suonato per la prima volta dal quartetto di Dave Brubeck nel 1959, il brano, anche per un orecchio non allenato, ha qualcosa di strano. Take five ha infatti un tempo dispari, in 5/4. Il pezzo diventa uno dei primi successi del jazz, suonato da infiniti musicisti. È entrato al 25esimo posto nella classifica di Billboard. La sua fortuna è dovuta soprattutto alla linea melodica, inconfondibile, e per essere stato uno dei primi in cui si può sentire un assolo di batteria.
SUMMERTIME
Più che un brano, per Summertime bisogna parlare di “aria” composta da George Gershwin per Porgy and Bess nel 1935. È diventato lo standard jazz più famoso della storia, ma è stato eseguito in ogni modo, per ogni genere. Si presta perfettamente a qualunque cover. Tra le interpretazioni jazz più belle c’è quella eseguita da Ella Fitzgerald e Louis Armstrong, nel 1957. Ma è stata suonata anche da Paul McCartney, Janis Joplin, Doors e moltissimi altri.
IN A SENTIMENTAL MOOD
Composto da Duke Ellington questo standard nasce prima come brano strumentale e poi viene aggiunto un testo per il canto. La leggenda vuole che Duke abbia composto la canzone per caso, a una festa a Durham. “Stavo suonando in un magazzino di tabacco quando un mio amico ebbe dei problemi con due ragazze. Per rappacificarli composi questa canzone sul momento, con una ragazza su ciascuno lato del pianoforte”.
OLEO
Oleo si può annoverare nel sottogenere jazz dell’hard-bop. Scritto nel 1954 da Sonny Rollins è un pezzo suonato dai virtuosi dello strumento (è richiesta una grande abilità tecnica) che riescono a eseguire un assolo senza perdersi il cambio veloce degli accordi.
‘ROUND MIDNIGHT
Capolavoro assoluto di Thelonious Monk del 1944, difficilissimo da suonare non per la velocità di esecuzione, ma per l’espressività richiesta. Tanti musicisti (anche dotati) si sono limitati a eseguirlo senza l’improvvisazione come fosse una composizione classica. Miles Davis per imparare a suonarla la provava ogni sera davanti a Monk. Ogni volta che finiva l’esecuzione andava a chiedere il suo parere, ma questi era sempre molto severo e gli rispondeva “non bene”. Soltanto dopo tantissime prove Miles trovò finalmente il “suono giusto”.
CANTALOUPE ISLAND
Herbie Hancock è uno degli ultimi grandi pianisti viventi della storia del jazz. Nella sua carriera ha suonato con Miles Davis e altri grandi della musica, per poi concentrare il suo genio nella produzione di colonne sonore. Cantaloupe Island, del 1964, è uno dei vertici di Herbie: l’avrai sicuramente sentito per la cover, all’inizio degli anni Novanta, della band US3, passata spesso in radio.
CHATTANOOGA CHOO CHOO
Tra i pezzi più famosi del periodo d’oro delle “grandi band”, il brano segue l’andamento del treno a cui fa riferimento il titolo. La canzone è stata scritta nel 1941 da Mack Gordon e Harry Warren ed è stata resa famosa dalla Glenn Miller band. È stato per due anni il disco più venduto in America: vendendo un milione di copie in tre mesi.
KÖLN CONCERT
Opera inclassificabile, a metà strada tra la classica e il jazz, questa registrazione di Keith Jarrett consiste in un’improvvisazione eseguita a Colonia nel 1975. Da solo, per un’ora circa, Keith improvvisa al piano. L’album è un inaspettato successo: vende 3 milioni e mezzo di copie. All’inizio del concerto si può sentire una risata dal pubblico: Keith aveva, infatti, cominciato la sua esecuzione improvvisando sulla “musichetta” del teatro che avvertiva dell’inizio del concerto.
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