Pink Floyd - The Wall (1979)
Difficile pensare che uno degli album più famosi della storia del rock sia stato originato da uno sputo. Sì, uno sputo, perché quella grande band - al tempo già pluridecorata - aveva difficoltà a calcare il palcoscenico di fronte a un pubblico numeroso. Fu così che un bel giorno - era il luglio 1977 - il bassista Roger Waters, irritato dagli schiamazzi e dalle urla di alcuni spettatori, decise di annaffiare con un po' di saliva uno di loro. Proprio da quell'esternazione poco artistica nascerà il personaggio di Pink, costretto oltretutto a muoversi, e anche in fretta, tra le rovine di un conto in banca - quello dei Floyd, appunto - che gridava vendetta. The Wall è la trasfigurazione della vita di Waters, un atto d'accusa nei confronti del "sistema", simbolo universale dell'alienazione dell'artista e dell'essere umano, vittima sacrificale che mattone dopo mattone costruisce un muro di difesa, quel muro che esattamente dieci anni dopo assumerà connotati storici epocali. The Wall è allo stesso tempo l'album più fruibile (come oso, commerciale?) e il testamento artistico di una band che ha scandito il suono della storia, il concept più famoso, il doppio immancabile in ogni scaffale che si rispetti, insomma, un piccolo grande capolavoro. Sono passati più di trent'anni, ma niente ha potuto scalfire la perfezione "tecnica" di un sound in anticipo sui tempi e di alcune canzoni. Riascoltando Another Brick oppure Comfortably Numb ci si rende perfettamente conto che il muro dell'arte, all'epoca, non era ancora crollato. (Mia valutazione: Ottimo)
(David Nieri)
Un disco che conservo gelosamente fra i miei preferiti di sempre.
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