David Bowie - The Rise and Fall of Ziggy Stardust & the Spiders from Mars (1972)

Invece di avere tante personalità, il londinese David Jones decise di averne una ma su più livelli. Si inventò prima David Bowie, che a sua volta s'inventò Ziggy Stardust. Che era un alieno vestito come una groupie, trasformatosi in artista per portare al nostro mondo un messaggio positivo di pace, finendo però distrutto dagli abusi tipici del ruolo. Una parabola già tristemente nota in quel 1972, proprio all'indomani della morte a catena del trio Morrison/Hendrix/Joplin, tutti accomunati dalla sindrome del rock and roll suicide che chiude anche la vicenda di Ziggy. Anticipando intelligentemente il declino già previsto dal titolo dell'album, Jones ucciderà definitivamente il suo personaggio per tornare ad essere Bowie e crearsi così nuove maschere come il Thin White Duke di pochi anni dopo. Ma quello che (s)vestiva i panni della prima icona dichiaratamente gay della storia del rock resta il Bowie più universalmente amato e riconosciuto, quello che metteva d'accordo l'anima rock portata in dote dal chitarrista Mick Ronson con la voglia di avanguardia e sperimentazione che lo caratterizzerà in ogni fase della sua carriera. Bowie in questa occasione fece sua tutta l'esagerata teatralità tipica del glam-rock dell'epoca e pensò il disco come un musical di Broadway, avendo però la freddezza di non cercare un filo logico obbligato, solitamente causa di brani minori o di semplice raccordo di molte rock-opera (errore che commetterà anni dopo con Outside), ma semplicemente di assemblare 11 brani a sé stanti che diverranno undici classici immortali.  (Mia valutazione:  Distinto)


(Nicola Gervasini)

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