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Visualizzazione dei post da febbraio, 2018

Neil Young - Harvest (1972)

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Forse non è casuale che Jonathan Demme abbia intitolato Heart of Gold il suo film-concerto dedicato a Neil Young. L'album da cui proviene questo brano - Harvest appunto- pur collocandosi esattamente tra due pezzi da novanta come After the Goldrush e On the Beach, li stacca in volata. Che si tratti di uno special one nella discografia del nostro bisonte preferito lo dimostra, tra l'altro, il ricorso ad una backing band inusuale, gli Stray Gators, che per una volta rubano la scena agli istituzionali Crazy Horse. Che dire di Harvest se non che è stato un bildungsroman per la mia generazione, quella, per intenderci, che aveva quindicianni quando uscì? Chiedete alla mia paziente Epiphone quante volte in quarantanni ha dovuto sopportare tentativi di riproduzione di The Needle and the Damage Done, cui mancava sempre qualche nota. Harvest ha orientato senza scampo i nostri gusti musicali verso quel genere che allora chiamavamo semplicemente West Coast, un luogo dell'anima più ch

Neil Young

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Neil Young performing at the SNACK Benefit, 1975 Photo by Ken Regan

Brigid Mae Power - The Two Worlds (2018)

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di Gianfranco Marmoro Le diverse volte in cui siamo costretti a cedere alla cruda realtà, accettando la fragilità delle emozioni, trasformare un attimo di felicità in malinconia, o una speranza in illusione, è questione di un attimo. In questo tempo "angusto", la voce di Brigid Mae Power trova continua linfa creativa, proseguendo una ricerca sonora che incrocia le quotidiane incongruenze. Avevo già assaporato le oscure alchimie folk della cantante e autrice irlandese, quell’intensa trasfigurazione della semplicità in qualcosa di aulico, quella liturgia pagana che cantava l’innocenza e l’inquietudine. Non speravo di ritrovare ancora immacolata e vivida l’intensità poetica del folgorante esordio, non solo è immutata ma e perfino più familiare, quasi confidenziale. Chi ha avuto la fortuna di incrociare Brigid Mae Power nelle sue tournée ne conosce appieno la potenza espressiva, un’energia che questo nuovo album restituisce senza filtri o trucchi. Il compagno musicista

Master of Puppets – Metallica

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Master of Puppets è il terzo album in studio pubblicato dalla band statunitense. L’artwork è opera di Don Brautigam, artista diplomato alla Scuola di Arti Visive di New York. L’immagine è forte e senza compromessi, un vero e proprio rebus di tematiche che si prestano a svariate interpretazioni. Le fila di lapidi anonime allineate rimarcano il dissenso per il conflitto in Vietnam e l’enorme costo di vite umane sacrificate dal governo americano. Il tramonto simboleggia il senso di angoscia e l’abbandono nelle mani di un burattinaio a cui non si può sfuggire. Nel novembre del 2008 a New York è stato battuto all’asta il dipinto originale per 35.000 dollari. Fonte originale del post

U2 - The Joshua Tree (1987)

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Dopo il successo di The Unforgettable Fire, per gli U2 è tempo di alzare il tiro, di assurgere definitivamente a band del decennio. Per farlo Bono, The Edge, Clayton e Mullen capiscono che l’Irlanda non basta più, bisogna allargare i confini, magari guardando proprio a quell’America che è stata terra promessa per una moltitudine di loro connazionali. E così il loro rock si fa più levigato e globale, apre al country e al blues, strizza l’occhio alla frontiera pur conservando l’immediatezza, il pathos, la genuinità dei dischi precedenti. Nasce così The Joshua Tree, non necessariamente il più bel disco dei quattro di Dublino, ma senza dubbio quello più famoso, il loro best seller (28 milioni di copie), il loro passaporto per l’Olimpo. C’è tutto l’U2-pensiero: brani epici che diventano degli istant classic (le iniziali Where the Streets Have No Name, ispirata a Bono da un viaggio in Etiopia e I Still Haven’t Found Ahat I’m Looking For), i temi sociali tanto cari al frontman (i minatori

Accadde oggi...

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1949: Nasce a Milwaukee, Wisconsin, USA, Jeremiah Griffin "Jerry" Harrison, chitarrista e tastierista dei Modern Lovers e poi dei Talking Heads. 1960: Nasce a Los Angeles, California, USA, Steven Lawrence "Steve" Wynn, cantante, autore e chitarrista dei Dream Syndicate, poi solista. 2014: Muore Francesco Di Giacomo, voce del Banco del Mutuo Soccorso. Era nato il 22 agosto del 1947 a Siniscola (Nuoro).

John Mellencamp - Scarecrow (1985)

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Dismessi gli abiti dell'american fool che nel 1982 scalò le classifiche americane con la zuccherosa ballata Jack & John "Cougar" Mellencamp, dopo la svolta rock di Uh-Huh, raggiunge nel 1985 con Scarecrow la maturità artistica (ed umana) riscoprendo le proprie radici, ovvero quel Midwest agricolo fatto di piccole comunità rurali piene di gente semplice, un tempo cuore pulsante del paese ed ora luogo depresso e dimenticato dalle politiche liberiste dell'amministrazione repubblicana. Coadiuvato da una band che è l'essenza del rock di strada americano (Larry Crane e Mike Wanic alle chitarra, Toby Myers al basso e soprattutto Kenny Aronoff al drumming), Little Bastard canta di piccole città dimenticate (Small Town), di territori agricoli ridotti sul lastrico (Rain on the Scarecrow), di disoccupazione e miseria (Face of the Nation), di ricordi d'infanzia (Minutes of Memories) senza alcuna commiserazione o resa. Scarecrow è infatti un disco politico, un rock&

Neil Young - On the Beach (1974)

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Dopo il successo planetario di After the Gold Rush e Harvest, Neil Young crolla in una profonda crisi umana a seguito della perdita per overdose degli amici Danny Whitten e Bruce Berry. I tre dischi seguenti ci consegnano il ritratto di un artista in preda alle proprie angosce: in On The Beach il senso di colpa e la sofferenza personale si trasformano in una più ampia disamina sociale e politica sulla decadenza degli anni 70 e sulla dolorosa presa d'atto che i sogni e le utopie dell'adolescenza si sono dimostrate solo delle illusioni. I giovani figli dei fiori che sognavano con le droghe lisergiche sono diventati ora dei junkies eroinomani, il mito di una società migliore viene annegato nella cinica politica di Nixon, nello scandalo Watergate, nel terrorismo e nella crisi petrolifera. Frutto di sessioni di registrazioni improvvisate in un clima convulso e sotto l'effetto delle micidiali honey slides, ovvero frittelle di mariujana e miele che tenevano giù il tono della

Accadde oggi...

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1940: Nasce a Genova Fabrizio De André, cantautore. Morirà l'11 gennaio del 1999. 1943: Nasce a Lodi (Milano) Riccardo Sanna, in arte Ricky Gianco, cantautore. 1947: Nasce a Novellara (Modena) Augusto Daolio, voce storica dei Nomadi. Morirà il 7 ottobre del 1992. 1980: Nasce a Mosca, in Russia, Regina Spektor, cantautrice. 1992: I Pearl Jam suonano per la prima volta in Italia, al Sorpasso di Milano. 2013: Muore Kevin Ayers, cantautore e chitarrista, prima nei Soft Machine poi solista. Era nato il 16 agosto del 1944 a Herne Bay, UK. Fonte

Captain Beefheart

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Barrie Wentzel - Captain Beefheart (Don Van Vliet) 1967

Misguided Angel - Cowboy Junkies

Ho detto "Mamma, è un pazzo e mi fa paura ma io voglio lui al mio fianco anche se è un cattivo soggetto e un selvaggio e qualche volta è semplicemente folle ho bisogno di lui per sentirmi a posto" Ho detto "Papà, non piangere, va tutto bene ed io vedo te in qualcuno dei suoi modi di fare anche se lui potrebbe non darmi la vita che volevi per me io lo amerò per il resto dei miei giorni" Angelo deviato attaccato a me un cuore come Gabriele, puro e bianco come l'avorio un'anima come Lucifero, nera e fredda come un pezzo di piombo Angelo deviato, ti amerò fino a che vivrò Ho detto "Fratello, tu mi parli di passione mi avevi detto di non accontentarmi mai di nulla che valesse meno Bene, è nel modo in cui cammina è nel modo in cui parla il suo sorriso, la sua rabbia e i suoi baci" Ho detto "Sorella, non capisci? Lui ha tutto quello ho sempre desiderato in un uomo sono stanca di sedere davanti alla TV tutte le sere sperando d

The Beatles - Revolver (1966)

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Il definitivo distacco dall'età dell'innocenza: Revolver precisa e completa i segnali lanciati con il capolavoro gemello di soli otto mesi precedente, Rubber Soul, aprendo la strada alla maturità sperimentale dei Beatles e anticipando l'era psichedelica di Sgt. Pepper, persino conservandone oggi una maggiore fruibilità. L'impressionante mole di stimoli del disco riflette la necessità di rompere con le regole del pop, per assecondare una scrittura che si è fatta strada facendo più ambiziosa. Ogni singola personalità in seno alla band esplode in mille colori e tonalità: è il frutto di un lavoro fino ad allora impensabile dentro le mura dello studio con George Martin, stratificando tracce su tracce e giocando con suggestioni e linguaggi differenti. La summa è la chiusura di Tomorrow Never Knows, ambiguo capolavoro lennoniano fra melodia e distorsione, ma tutto il disco vive tra estasi, stupore, armonia e giochi lisergici (ancora Lennon, il più acuto e spiritato alla

Piece of Mind – Iron Maiden

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Si chiama Eddie ed è il protagonista indiscusso degli artwork della band. La leggenda narra che il manager degli Iron Maiden fu colpito da un disegno di un illustratore inglese, Derek Riggs. La figura mostruosa partorita aveva il volto sfigurato, il corpo scheletrico e rappresentava un’icona punk a metà strada tra il Rocky Horror Picture Show e L’alba dei morti viventi. Eddie in ogni disco interpreta un ruolo in linea con le tematiche trattate nei testi delle canzoni. Fonte originale del post

R.E.M. - Lifes Rich Pageant (1986)

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C'era un tempo in cui i produttori facevano la differenza (ovvero, si potrebbe anche metterla così: c'era un tempo in cui i dischi venivano "prodotti", spendendo tempo, denaro e creatività alla ricerca di un suono). Prendete il quarto lp degli R.E.M. e pensate a quanto il tocco mainstream di Don Gehman - la voce di Michael Stipe finalmente nitida e intellegibile, la sezione ritmica portata in primo piano, la definizione degli strumenti - sia l'elemento decisivo per sottolineare e rendere più appetibile la maturazione della band della Georgia. Senza nulla togliere al fascino naif dei primi lavori, la maggiore complessità di scrittura raggiunta in Lifes Rich Pageant beneficia enormemente dei suoni cuciti addosso alle canzoni. Che sono tutte memorabili, dall'assalto di Begin the Begin al pop con caratteristico jingle jangle dell'ecologista Fall on Me, dalla melodia sognante di Flowers of Guatemala (uno dei classici nascosti del loro songbook) al folk i

No Age – Snares Like A Haircut (2018)

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di Emiliano D'Aniello Randy Randall e Dean Allen Spunt ritornano alla carica con un nuovo disco uscito il 26 gennaio 2018 su Drag City Records. Il disco si intitola “Snares Like A Haircut” ed è il quinto LP in studio del duo di Los Angeles, California, USA. Anticipato dai brani “Soft Collar Fad” e “Drippy”, condivisi in streaming negli ultimi mesi dello scorso anno, se dovessi definire in qualche modo scegliere un solo aggettivo per definire questo ultimo lavoro dei No Age direi semplicemente “luminoso”. Questi due ragazzi del resto si può benissimo dire abbiano trovato definitivamente una loro formula che qualcuno potrebbe considerare semplice, forse minimale, ma che funziona brillantemente e che si traduce in una collezione di canzoni perfettamente orecchiabili e allo stesso tempo cariche di energia. Il pensiero vola quasi immediatamente, senza volere comunque creare paragoni impegnativi, alla brillantezza e carica positiva di un artista tanto prolifico quanto geniale com

Il rock chicano di Ritchie Valens

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di Gianni Lucini Il successo immediato e il destino crudele Il primo a scoprirlo e a intuire le sue potenzialità è Bob Keene, uno dei produttori di punta di Los Angeles, titolare dell’etichetta Keen, per cui ha inciso anche Sam Cooke. Scritturato per pochi dollari nel 1958, diciassettenne conquista la popolarità con brani che mescolano la gioiosa armonia latina della tradizione messicana con le nuove strutture ritmiche del rock and roll. Il suo strepitoso successo con un singolo che contiene due brani come Donna e La bamba segna l’inizio del rock chicano, un nuovo genere destinato a restare nella storia del rock’n’roll. Il segreto del rapido successo di Valens è tutto nel suo stile: una vocalità gentile e sognante che si innesta con una base chitarristica dal suono selvaggio figlia delle rielaborazioni del rock and roll da parte dei gruppi di cultura latina. Il destino non gli consente di godere a lungo della popolarità. Il 3 febbraio 1959, infatti, non ancora diciottenne, muor

Janis Joplin

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David Gahr - Janis Joplin in Front of the Chelsea Hotel, New York City 1969

Ryan Adams - Gold (2001)

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Gli Allman Brothers di Ramblin' Man trasfigurati nel classic-rock irresistibile di New York, New York, Van Morrison e la Band evocati durante Answering Bell, gli Stones a rotolarsi nello sferzare hendrixiano di Tina Toledo's Street Walkin' Blues, il Neil Young fragile e sentimentale di When The Stars Go Blue e Sylvia Plath, il roots-rock per armonica di Firecracker, il banjo rurale di Sweet Black Magic, il feeling disincantato e metropolitano di The Bar Is A Beautiful Place (con gli echi springsteeniani di tromba e sax), gli up-tempos alla John Mellencamp di Rosalie Come And Go e Cannonball Days, il soul formato Tom Petty della ruggente Touch, Feel & Lose, l'hard-rock scartavetrato di Enemy Fire, la maturità folkie di Wild Flowers, l'apoteosi di assoli e schitarrate della lunga Nobody Girl, il country eccentrico di Someday, Somehow e la canzone d'autore purissima di Harder Now That It's Over, il pop rockista del primo Elton John affiorante in The

Sanremo ’68: Lionel Hampton

Durante la terza serata del Festival di Sanremo 1968, a riassumere i brani fu chiamato il jazzista Lionel il vibrafono. Il jazzista (Louisville, 20 aprile 1908 – New York, 31 agosto 2002) è stato un vibrafonista, direttore d’orchestra e percussionista jazz statunitense. Annoverato tra i grandi della swing era, Hampton esordisce suonando la batteria in gruppi non proprio famosi della West Coast. Durante una seduta di registrazione con Louis Armstrong gli viene chiesto di suonare il vibrafono; con questo episodio inizia negli anni trenta l’ancora anonima carriera di Hampton. Nel 1936 Benny Goodman lo va a sentire nel locale di Liso Alex dove si esibisce a Los Angeles. Immediatamente lo scrittura per delle incisioni e sei mesi dopo lo accoglie nella sua orchestra. Hampton diviene subito una star e nel 1938 prende parte al famoso concerto di Goodman alla Carnegie Hall. Link al video di teche.rai

Hoodoo Gurus

Esponenti di un'efficace miscela sonora che unisce energia da garage band a melodie pop psichedeliche e a ballate di grande effetto, gli australiani Hoodoo Gurus si formano nel 1981 su iniziativa di Dave Faulkner (1958) cantante, compositore e chitarrista. Faulkner viene da Perth e nel corso dei '70 milita in rock band locali. Discografia e Wikipedia

The Band - The Band (1969)

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Uscito dopo il pastorale Music from Big Pink, l'omonimo disco della Band, noto ai più anche con il nome di "Brown album", è l'opera della maturità del gruppo americano. Se infatti con l'esordio dell'anno precedente i nostri avevano saputo trasporre in musica il mondo rurale statunitense, gettando al contempo le basi del cosiddetto suono Americana, è proprio con questo secondo album che focalizzano ulteriormente il loro lavoro di ricerca. L'opener Across the Great Divide è emblematica di come il gruppo voglia attraversare ogni confine, sia esso fisico o sonoro, tra nord e sud, tra le bucoliche zone rurali e i caotici agglomerati urbani. In un suggestivo excursus musicale si passa così dall'incalzante piano di Rag Mama Rag alla sincopata Up on Cripple Creek, con in entrambe la voce, dalla profonda inflessione sudista, di Levon Helm in primo piano, fino alla corale e conclusiva King harvest (Has Surely Come). Ad incantare in Whispering pines è inve

Sanremo ’68: Louis Armstrong

Nella clip Louis Daniel Armstrong, noto anche con il soprannome di Satchmo o Pops (New Orleans, 4 agosto 1901 – New York, 6 luglio 1971) è stato un trombettista e cantante statunitense. Tra i più famosi musicisti jazz del XX secolo, viene considerato una delle più grandi e influenti personalità in campo musicale del ‘900. Guarda la partecipazione di Louis Armstrong al Festival di Sanremo del 1968 con la canzone “Mi va di cantare”. Link al video di teche.rai

American Idiot - Green Day

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Si potrebbe definire l’album della svolta politica dei Green Day. Il periodo storico e le tematiche trattate nei brani si riflettono in un artwork moderno e dirompente che richiama a sé gli insegnamenti grafici di Saul Bass (se vuoi sapere chi sia leggi questo articolo sui designer più influenti del secolo scorso). Chris Bilheimer, autore della grafica già al lavoro con la band nei precedenti dischi, ha confezionato un artwork evocativo fortemente ispirato all’arte delle propaganda comunista cinese. Fonte originale del post

Radiohead - In Rainbows (2007)

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Con Hail To The Thief 2003), il sesto album in poco più di dieci anni, qualcosa finisce nella vicenda dei Radiohead. Finisce prima di tutto il contratto che li lega alla multinazionale di base britannica Emi, in coincidenza con una molto più generale sensazione di crepuscolo per un'industria discografica che non riesce a fermare (e tanto meno a capire) la rivoluzione tecnologica collegata alla diffusione capillare dell'accesso a Internet. Finisce qualcosa anche dentro al gruppo, però: la realizzazione del nuovo album sembra mettere in discussione l'esistenza stessa della band. Ne vengono fuori permettendo a Thom Yorke di pubblicare un album da solista. L'uscita di The Eraser, nel 2006, sgombera il campo da gli sperimentalismi elettronici che evidentemente appartengono più al cantante che agli altri componenti della band. Quando finalmente arriva In Rainbows, la grande sorpresa questa volta sta tutta nella semplicità delle sue dieci tracce, costruite secondo canoni ab

La jungle music di Bo Diddley

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di Gianni Lucini Il ragazzo di strada e la “musica del diavolo” Sono i nuovi genitori ad assecondare la sua passione per la musica indirizzandolo allo studio del violino. Il giovane Elias si ritrova così a suonare nell’orchestra della chiesa battista Ebenezer. Con lui c’è un altro ragazzo che si chiama Leroy Jenkins e che diventerà un grande del jazz nell’Art Ensemble of Chicago. In quel periodo non è proprio un angioletto tutto casa e chiesa. La strada è la sua vera dimora. Inizia anche a praticare con una certa regolarità il pugilato e sempre più spesso, lasciato a casa il violino, si esibisce con una chitarra agli angoli della strada per raccogliere qualche soldo. Gli amici cominciano a chiamarlo Bo Diddley, un soprannome che gli resterà appiccicato per sempre e di cui lui stesso confesserà di ignorare l’origine. La svolta del ragazzo sul piano esistenziale non piace né alla madre adottiva né agli zii, che erano predicatori e diaconi e consideravano il blues “musica del dia

Mary Gauthier – Rifles & Rosary Beads (2018)

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di Gianfranco Callieri Si è scelta un compito non facile Mary Gauthier, e cioè quello di comporre le undici canzoni di questo nuovo Rifles & Rosary Beads - il nono album di studio del suo percorso artistico - avvalendosi della collaborazione di anonimi veterani di guerra, per l'occasione convinti dalla cantautrice di New Orleans a mettere in musica e parole, senza mai averlo fatto prima, le piaghe della vita e i ricordi dei conflitti, l'esperienza sul campo di battaglia e le dolorose appendici umane riportate a casa, l'indifferenza della politica, la paura di fronte alla morte e altre "bazzecole" purtroppo comuni a ogni confronto bellico. Benché l'atto creativo di esplorare la propria coscienza e di ricostruire le macerie umane della vita di tutti i giorni con la forza di una canzone d'autore onesta e diretta appartenga, da sempre, agli esiti migliori della discografia della titolare, la volontà di allargare la prospettiva dalla dimensione indi

With my own two hands - Ben Harper

Con le mie mani Ora io posso cambiare il mondo Con le mie mani Renderlo un posto migliore Con le mie mani Renderlo un posto più accogliente Con le mie mani Con le mie, con le mie mani Ora io potrei portare la pace sulla Terra Con le mie mani E potrei ripulire la Terra Con le mie mani E potei protendermi verso di te Con le mie mani Con le mie, con le mie mani Lo renderò un posto più luminoso Con le mie mani Lo renderò un posto più sicuro Con le mie mani Aiuterò la razza umana Con le mie mani Con le mie, con le mie mani Ora potrei tenerti Con le mie mani E posso confortarti Con le mie mani Ma tu devi usare, devi usare Usare le tue mani Usa le tue, usa le tue mani Oh, devi usare le tue mani Con le nostre, con le nostre mani With my own two hands - Ben Harper Di Ben Harper - Dall'album: Diamonds on the Inside - Virgin, 2003 - Traduzione a cura di Ermanno Tassi

E T I C H E T T E

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