Due zollette di Brown Sugar
Voodoo è un afrodisiaco sonoro da gustare perdendosi nel groove D’Angelo, vero nome Michael Eugene Archer, è uno di quegli artisti che in qualche modo personifica tutto il meglio e tutto il peggio – creatività e paranoia, in estrema sintesi – che possa passare per la mente di un artista di successo. Mi spiego. Nel 1995, D’Angelo crea praticamente da solo un genere, un’etichetta, una sensibilità. La chiamano neo-soul (ricorda vagamente il new wave di 15 anni prima), e come tutte le etichette – nate per stare strette agli artisti stessi – vale giusto come indicazione. Come un cartello stradale. La definizione la inventa Kedar Massenburg, uomo marketing e influente manager prima di un gruppo rap, gli Stetsasonic, e poi di D’Angelo stesso ed Erika Badu. Vuol significare un incontro, di per sé già promettente, fra la tradizione antica e santificata del soul e quell’urban e hip-hop culture che negli anni 90 ha ormai pervaso la black community. Ma nel caso di D’Angelo, c’è in realt