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Visualizzazione dei post da aprile, 2019

The Lemonheads

Formatosi a Boston nel 1986, i Lemonheads possono essere identificati nella persona del solo Evan Dando (1967), cantante, chitarrista e unico membro fisso della band, attorno al quale sono ruotati diversi membri, tra cui inizialmente Jesse Peretz (basso) e Ben Deily (voce e chitarra). Discografia e Wikipedia

Jeremy Tuplin - Pink Mirror (2019)

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di Gianfranco Marmoro Che Jeremy Tuplin desiderasse oltrepassare i confini del folk era già palese nel fantasioso esordio “I Dreamt I Was An Astronaut”, un atipico progetto cantautorale definito abilmente dallo stesso autore come space-folk, un album insolente e ricco di immaginazione e personalità. Il nuovo album “Pink Mirror”, oltre al cambio di scuderia dalla Folkwit alla Trapped Animal, testimonia un’evoluzione creativa ragguardevole, supportata anche da una più accurata e definita produzione. A una scrittura solida e poetica che è figlia sia di Leonard Cohen che di Nick Drake, il musicista londinese accosta la forza visionaria del primo David Bowie e l’humour dark dei Tindersticks, senza altresì trascurare la versatilità del rock’n’roll, con frutti tanto intelligenti quanto intriganti. Il tono impassibile e greve della voce e il mood agrodolce delle ballate chamber-folk di “Pink Mirror” creano un effetto quasi surreale, proiettando la musica in una dimensione temporale al

John Smith - There Is A Stone

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Steve Lacy

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Ph. Guy Le Querrec

Damien Jurado – In The Shape Of A Storm (2019)

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di Stefano Capolongo A gennaio il giornalista statunitense Jason P. Woodbury, durante una chiacchierata a Phoenix, poneva a Damien Jurado una domanda riguardante l’approccio alla scrittura delle proprie canzoni. Una domanda apertissima, forse scontata, ma necessaria ogni qual volta si voglia penetrare nelle pieghe dell’anima di un’artista. La risposta, in linea con la personalità in questione, gettava luce sull’ispirazione alla base del nuovo album: «You ever see that movie Ghost? Whoopi Goldberg’s character, Oda Mae Brown—that’s who I am. These spirits are showing up at her door, jumping into her body. That’s how I feel. I don’t know what’s coming out of me…I just show up and deliver it». Riferimenti cinematografici, spiritismo, presenze e fantasmi che provano a creare intersezioni nitide e porose all’interno dell’inarrestabile asse del tempo: il solito indifeso e metafisico Jurado, si direbbe. Vero, ma c’è dell’altro. Perché qui l’artista di Seattle è ridotto all’essenziale,

Ry Cooder

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Difficile è collocare un personaggio singolare come Ry Cooder, musicista, produttore, chitarrista, compositore, interprete, che dagli anni Settanta alla fine del secolo percorrerà in lungo e in largo le strade della musica, dal rock al country, dalla musica cubana a quella araba, dalle colonne sonore al pop, dal jazz al blues. Secondo lo schema tradizionale, non è un cantautore, non è un rocker, né un campione del pop. Sfugge, per natura, alle etichette e alle definizioni, ma il suo lavoro di recupero delle tradizioni musicali, quella americana in particolare durante gli anni Settanta, e il suo lavoro di musicista e produttore, avranno grandissima influenza. Come ha scritto su “Rolling Stones” Jon Landau: “Cooder è alla perpetua ricerca della nota magica, del sound giusto al momento giusto”. Interprete sopraffino della tradizione musicale americana, nei primi anni della sua avventura musicale si concentrava sul repertorio più vicino al blues e al tex-mex, ma già verso la fine degli

Sarah Louise - Nighttime Birds And Morning Stars (2019)

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di Ruben Gavilli Sarah Louise Henson, a distanza di poco meno di un anno dall’ultimo “Deeper Woods” (2018), inaugura il 2019 con il nuovo “Nighttime Birds and Morning Stars”. La musicista della Georgia ma residente in North Carolina, isolata tra boschi e montagne, si allontana in questo lavoro dal fingerpicking e dal primitive folk che avevano caratterizzato le sue precedenti produzioni. La Henson ha esordito nel 2015 con “Field Guide” e oltre a “Deeper Woods” è stata anche metà del duo House and Land, il cui debutto omonimo risale al 2017; se si volesse approfondire lo stile di Sarah Louise è fortemente raccomandato il “VDSQ Acoustic Series Volume 12” del maggio 2016, in cui sono raccolte otto suite per chitarra a 12 corde tra folk degli Appalachi, raga e sperimentazioni acustiche. In “Nighttime Birds and Morning Stars” la Henson recupera, oltre agli elementi acustici e folk, strumentazioni elettroniche quali loop-station, sintetizzatori e tastiere che non sfigurano nella costan

Patti Smith

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Nel 1975 Patti Smith pubblicò Horses, il suo primo album, inaugurando una nuova stagione del rock americano. L'area intellettuale newyorchese, affidò a lei il compito di legare nuovamente arte e rock, poesia e cinema, letteratura e musica. Nel  1974 diede vita al Patti Smith Group, con Lenny Kaye, facendo produrre, non casualmente, il primo disco da John Cale dei Velvet Underground e proclamando la propria continuità con la musica e l'impegno degli MC5. E' lei a incarnare, prima con Radio Ethiopia (1976) e poi, ancora di più, con Easter (1978), i sogni e la rabbia della nuova generazione. Patti Smith canta il rock come se fosse una poesia o una preghiera, urla la sua passione sostenuta da una band elettrica e grintosa, che mescola Rimbaud e Hendrix, anarchia e amore, lo Springsteen di Because the Night e il Van Morrison di Gloria. A ben guardare, non è punk in nessun senso, ma allo stesso tempo del punk cattura lo spirito e l'anima, con una personalità e una mu

John Smith - Genie In a Bottle

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Alvin Lee

Chitarrista dei gloriosi Ten Years After, Alvin Lee (1944) si guadagna l'appellativo di "chitarra più veloce del rock" al festival di Woodstock, grazie a un'infuocata versione di Goin' Home. Nel 1974, con i Ten Years After in via di scioglimento, forma la Alvin Lee and Company. rock Discografia e Wikipedia

Jeff Buckley - Grace

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Glen Hansard – This Wild Willing (2019)

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di Giacomo Starace Glen Hansard non si ferma mai, torna sulla scena con This Wild Willing, quarto album in studio, registrato nei France’s Black Box Studios. Come racconta in un video presente sul suo sito, l’album prende forma nell’intimità di una stanza dell’Irish Cultural Centre a Parigi. Un mese di tempo per trasformare idee in canzoni, una scrivania e un letto singolo. Il disco nasce anche da una serie incontri, come quello con la sua guida Nadia, che gli ha mostrato la città e lo ha incoraggiato, o quello con i tre fratelli iraniani Koshravesh, emigrati dall’Iran a Parigi per poter liberamente dedicarsi alla musica e che hanno dato un apporto fondamentale alla creazione dell’album, fondendosi perfettamente con lo stile e la musica di Glen. È un lavoro a cui hanno partecipato, oltre ai fratelli Koshravesh, più di una ventina di musicisti, tutti legati alla carriera di Hansard, siano essi membri dei The Frames, Marketa Irglova che era al suo fianco nel film Once e nel grup

I New Order, la band elettronica nata dalle ceneri dei Joy Division

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Dopo il suicidio di Ian Curtis, il 18 maggio 1980, i componenti dei Joy Division rispettano “il patto”. Nel caso in cui un componente avesse abbandonato la band, avrebbero cambiato il nome. E così nascono i New Order. Bernard Sumner, Peter Hook, Stephen Morris e Gillian Gilbert, saranno loro i New Order. E come indicato dal nome: percorreranno un’altra strada rispetto a quella battuta con Ian. Così da non costringere i loro fan a dover scegliere tra una prima e una seconda fase. Liberarsi dall’ombra di Ian Curtis Ma prima di trovare quell’equilibrio tra post-punk e dance, devono liberarsi dall’ombra di Curtis. Ancora presente nei primi lavori. Movement, il primo album, riprende i testi scritti dall’ex leader prima di morire. Ma al canto c’è Sumner, con tutta un’altra presenza scenica. L’accoglienza dei fan e della critica è tiepida. Anni dopo, gli stessi componenti della band rinnegheranno l’album. Arrivando ad affermare di non averne mai posseduta una copia. La svolta

Mdou Moctar – Ilana The Creator (2019)

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di Fabrizio Zampighi È vero, il “Tuareg rock” ha tratti caratteristici piuttosto marcati – a cominciare dalle ritmiche, forse l’elemento più pregnante tra tutti – e le nostre orecchie spesso tendono ad appiattire le varie proposte che arrivano da questo angolo di mondo musicale in un unicum piuttosto indistinto. In realtà farlo è un errore, dal momento che spesso le formazioni africane salite alle cronache negli ultimi anni hanno saputo crearsi una identità più specifica della vaga definizione di “terzomondismo blues” che di solito gli affibbiamo. Tanto per citare qualche nome, gente come Tinariwen e Imarhan si è avvicinata molto ai suoni anglo-americani (pensiamo ad esempio a certe cadenze funk-disco dei secondi in album come Temet, o al desert blues poliritmico – ma il “deserto” è quello di Joshua Tree, in California – dei primi, magari in lavori come Emmaar), uno come Bombino ha saputo diversificare e arricchire enormemente la sua scrittura musicale rispetto ai canoni “suggeriti

Lost in Transmission No. 12

Andrew Bird – My Finest Work Yet (2019)

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di Gianni Gardon Il nuovo album di Andrew Bird, intitolato “My Finest Work Yet”, ci mostra un artista davvero compiuto, maturo, e che sembra aver trovato un perfetto equilibrio tra musica e parole. Lui, che partito dalla caotica Chicago, aveva sempre spaziato gli orizzonti con la delicata forza della sua musica, e del suo violino in particolare, disegnando al contempo acquerelli poetici ma altresì bizzarri e poco a fuoco, ora al contrario sembra ben conscio di ciò che vuole esprimere e, in un certo senso, lo fa senza mezzi termini. Lo sguardo è all’oggi, alla società, richiamando anche le tanto attuali tematiche ambientali (ma non solo), con sguardo disincantato ma non troppo, potremmo dire, basti pensare all’intensa, magica “Bloodless”, che in scaletta segue il brano d’apertura “Sisyphus”, convincente singolo d’esordio del disco col suo irresistibile fischiettare autentico protagonista. In “Bloodless” le istanze sociali volano alte, e vestendosi a festa, tra un arrangi

The Band & Robbie Robertson

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The Band - Una sola formazione merita l’appellativo di “band più importante della musica americana degli anni Settanta” ed è stata quella di R. Robertson, R. Danko, L. Helm, G. Hudson e R. Manuel, ovvero la Band, il massimo riconoscimento al più nobile artigianato della musica. Tra il 1958 e il 1963 la Band entrò nella storia del rock suonando alle spalle di un Bob Dylan alla ricerca dell’elettricità. La Band arrivava da un repertorio forte, ballabile e nero. Dylan portava con sè il proprio repertorio folk e country: l’insieme fu straordinario, dal vivo come in studio (basta riascoltare i Basement Tapes). Prima di Dylan i musicisti del gruppo non componevano le proprie canzoni, dopo l’incontro con il folksinger Manuel, Robertson e Danko iniziarono a mettere mano alle composizioni con risultati eccellenti. E’ con “ Music from Big Pink ”, del 1968, che la band mostra davvero se stessa al mondo. Il gruppo cantava e suonava come cinque distinte individualità che lavoravano insieme per

Led Zeppelin

I Led Zeppelin si formano nell'agosto del 1968 sulle ceneri di un grande complesso del beat, gli Yardbirds. Jimmy Page (1944) iltimo chitarrista di quella formazione, è stato lasciato solo dai compagni Keith Relf e Jim McCarthy (passati ai Together) e Chris Dreja (dedicatosi alla fotografia). Discografia e Wikipedia

Son Volt – Union (2019)

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di Fabio Cerbone Lo stato dell’Unione secondo Jay Farrar, anno di grazia 2019. Dopo il nostalgico riposo nella tradizione country di Hony Tonk, uno dei lavori più fiacchi della loro carriera, e le Notes of Blue di vaga ispirazione "mississippiana", la voce per eccellenza del rock provinciale americano torna alla fonte che ha animato la sua scrittura fin dagli anni giovanili, a quell’anima folk ribelle e proletaria che covava sotto le ceneri negli Uncle Tupelo, e che nel corso delle stagioni è sempre riaffiorata nelle pubblicazioni a nome Son Volt. Facile riannodare i fili di Union, per esempio, con la fierezza di un album sottovalutato come Okemah and the Melody of Riot (2005), perché dietro si allunga ancora l’ombra imponente di Woody Guthrie, guida spirituale di molte delle nuove composizioni, faro per illumunare la lunga traversata di un’America dissociata, divisa e in tumulto, assediata da fantasmi che non se ne sono mai andati dalla scena. Inciso in parte, con l’

Stephen Young & The Union

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Tom Russell – October In The Railroad Earth (2019)

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di Marco Verdi Tom Russell è oggi, almeno a mio parere, uno dei maggiori songwriters americani, la cui crescita come autore è avvenuta progressivamente negli anni, disco dopo disco. Tom fa infatti parte di quella ristretta categoria di artisti che non sbaglia un colpo e che, con le sole possibili esclusioni di Hotwalker e Aztec Jazz, non ha mai deluso. Nel 2015 ha pubblicato il suo capolavoro assoluto, il magnifico The Rose Of Roscrae, ma la sua carriera è piena di album degni di nota, pubblicati tra l’altro con cadenza abbastanza regolare: titoli come The Rose Of San Joaquin, The Man From God Knows Where, Borderland (disco dell’anno 2001 per il sottoscritto), Indian Cowboys Horses Dogs, Mesabi, solo per citare i miei preferiti. Ho sempre sostenuto che Russell, originario della California, sia in realtà un texano mancato, in quanto le sue canzoni parlano spesso di storie di confine, e spesso e volentieri vengono rivestite di sonorità country e tex-mex; ma Tom è un artista a tutto t

Gli Arcade Fire, una delle ultime grandi rock band

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È difficile, quasi impossibile, debuttare oggi con un “suono nuovo”. Soprattutto se si pensa al mondo del rock, ancorato, giustamente, a modelli granitici del passato. Gli Arcade Fire però ci sono riusciti, e lo hanno fatto fin dal primo album. Avendo chiara la strada da percorrere, prima ancora di cominciare. Su Ondarock, il loro stile è stato definito così: Tensione epica, angoscia cupa ed energia adrenalinica, con arrangiamenti elaborati di stampo rock ma con un tocco orchestrale, melodie che non sono né troppo pop né eccessivamente sfuggenti e un cantato impostato in modo formalmente impeccabile ma portatore di una grande emotività. Gli Arcade Fire si formano nel 2001 a Montréal, sono in parte canadesi, in parte americani. Il nucleo centrale è a “conduzione familiare”. Il frontman è Win Butler, americano, accompagnato dalla moglie, polistrumentista, Régine Chassagne (conosciuta in Canada e di origine haitiana) e dal fratello William Butler. Chiudono la formazione molti alt

Steve Earle & The Dukes – Guy (2019)

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di Ermanno Labianca "Qualche settimana dopo che Guy aveva lasciato questo mondo ci riunimmo tutti, noi amici più stretti, nello studio fotografico di Jim McGuire, a Nashville. Jim stese un po' di foto su un tavolo. Queste viste tutte insieme formavano la storia della vita di Guy. Io lo conobbi che ero giovanissimo, infatti in alcune di quelle foto ero solo una silhouette sfuggente, ai margini di qualche inquadratura. Era appena trentatreenne quando lo conobbi, io vent'anni o qualcosa di meno. L'ho sempre visto giovane e incapace di invecchiare. Me lo sono goduto, il mio amico. So che lascerò questo mondo con un solo rimorso: quello di non aver mai composto una canzone intitolata 'Guy Clark'". Ha scritto questo Steve Earle, a New York City, nel novembre dello scorso anno, in chiusura dei lavori per il suo disco "Guy", dedicato al songwriter, texano come lui, che più lo ha ispirato. Non una canzone, ma un intero album, nel pensiero di Guy C

Lost in Transmission No. 11

CCCP, CSI e PGR

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La saga di Giovanni Lindo Ferretti and co.  di Silvano Bottaro I C.C.C.P. fedeli alla linea , nascono nel 1982 da un progetto di G.L. Ferretti e Massimo Zamboni, conosciutosi a Berlino un anno prima. L’idea  provocatoria (vedi il nome) è di unire riferimenti dell’ideologia socialista al punk-casereccio del retroterra culturale emiliano. Il loro suono è dato dalla chitarra abrasiva di Zamboni unito ai testi di Ferretti, che altro non sono; un misto di efficaci slogan e di citazioni. Dopo tre EP, pubblicano il loro primo disco: Affinità-divergenze tra il compagno Togliatti e noi (1986) radunando nuove versioni di brani già pubblicati. L’anno dopo esce il loro secondo disco: Socialismo e barbarie (1987) smussando certe asperità e con una contaminazione più orientaleggiante, il disco diventa più “morbido” e riesce a vendere 30.000 copie. Nell’89 esce: Canzoni preghiere danze del millennio sezione europa. Il disco è basato su un’idea di storia come eterno medioevo, contiene infat

Cass McCombs - Tip Of The Spheres (2019)

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di Beatrice Pagni Si muove su un equilibrio compassionevole e sperimentatore Tip Of The Sphere, un disco dalla natura nebulosa e mistica, quasi un salto nel buio che al posto della paura provoca un’avvolgente fascinazione. Nel tentativo di dare un ordine al suo inarrestabile processo creativo, il cantautore americano fluttua attraverso una serie di canzoni guidate da un dadaismo itinerante e da una grazia oscura. Col suo nono lavoro, Cass McCombs continua a fare progressi nel pantheon dei cantautori americani, vestendosi da plasmatore del proprio mondo, mostrando radici ferme tanto nel terreno post-punk degli esordi quanto in un’ancestrale sospensione di ombre polverose e maschere imperfette. Profondo rispetto per la tradizione e desiderio di suonare sempre innovativo sono la combinazione perfetta che ne fanno, ancora una volta, uno dei migliori cantautori della nuova generazione, sebbene un po’ meno empatico rispetto al fulgore mostrato in Mangy Love, disco della maturità, quello

Daniel Lanois

Celebre e celebrato produttore, Daniel Lanois (1951) è una sorta di "zingaro in musica", capace di attraversare più generi lasciando comunque una propria impronta precisa e riconoscibile. I primi sviluppi musicali di una certa importanza risalgono agli anni '70, quando crea uno studio adiacente alla propria abitazione in Quebec. Discografia e Wikipedia

Nilüfer Yanya – Miss Universe (2019)

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di Cristiano Gruppi E pensare che Nilüfer Yanya era una ragazza timida, molto timorosa di esibirsi in pubblico. Ci sono voluti gli incoraggiamenti di diverse persone a lei vicine per convincerla a farlo. Il suo talento, del resto, era molto evidente sin da quando era teenager; l’oggi 23enne cantautrice londinese è cresciuta in una famiglia di artisti, il padre addirittura ha esposto al British Museum: intorno a lei il terreno era dunque abbondantemente fertile perché potesse sviluppare la propria creatività. Nilüfer ha anche uno zio che abita in Cornovaglia ed è proprietario di uno studio di registrazione, è stato uno dei primi a supportarla e a cercare di convincerla che fare musica fosse il suo destino. Con lui si divertiva a improvvisare jam session suonando la chitarra che David Okumu, ex chitarrista degli Invisibles, le aveva insegnato a maneggiare. Anch’egli seguitava a insistere sul fatto che la giovane Yanya avrebbe dovuto suonare a tutti le proprie canzoni, della stessa o

Weezer - Island In The Sun

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Foals – Everything Not Saved Will Be Lost Part 1 (2019)

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di Fabrizio Conte FOALS sono una band originaria dell’Oxfordshire (UK) attiva ormai da un quindicennio, con all’attivo 5 album, con quest’ultimo “Everything Not Saved Will Be Lost Part 1” che costituisce la prima metà di un progetto destinato a completarsi con una seconda uscita dal medesimo titolo (Part 2) entro il completamento dell’anno in corso. Saldamente al comando sulla plancia del loro indie/pop a forti colori dance, i nostri ci propongono una sapiente miscela di melodie cantabili e ritmi incalzanti, che entrano in testa nel breve volgere di un paio di ascolti. L’album si apre con “Moonlight”, una soffice introduzione dall’incedere malinconico e lievemente psichedelico, ben descritto dal suo stesso titolo, prodromica alla vera e propria partenza del programma, che avviene con “Exits”, la traccia successiva già pubblicata come singolo e video. Subito i ritmi si fanno più corposi, anche se i picchi sono da venire, mentre una melodia di facile presa, ancorchè arric

E T I C H E T T E

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