Nilüfer Yanya – Miss Universe (2019)
E pensare che Nilüfer Yanya era una ragazza timida, molto timorosa di esibirsi in pubblico. Ci sono voluti gli incoraggiamenti di diverse persone a lei vicine per convincerla a farlo. Il suo talento, del resto, era molto evidente sin da quando era teenager; l’oggi 23enne cantautrice londinese è cresciuta in una famiglia di artisti, il padre addirittura ha esposto al British Museum: intorno a lei il terreno era dunque abbondantemente fertile perché potesse sviluppare la propria creatività. Nilüfer ha anche uno zio che abita in Cornovaglia ed è proprietario di uno studio di registrazione, è stato uno dei primi a supportarla e a cercare di convincerla che fare musica fosse il suo destino. Con lui si divertiva a improvvisare jam session suonando la chitarra che David Okumu, ex chitarrista degli Invisibles, le aveva insegnato a maneggiare. Anch’egli seguitava a insistere sul fatto che la giovane Yanya avrebbe dovuto suonare a tutti le proprie canzoni, della stessa opinione era la maestra di canto del programma scolastico che frequentava ogni sabato: “Mi ha detto: ‘Hai una grande voce, dovresti cantare.’ E’ qualcosa che a volte hai bisogno di sentirti dire.”
Nilüfer non si è dimenticata di tutti loro. Per registrare il suo album d’esordio è andata proprio nello studio dello zio in Cornovaglia, ha prodotto insieme a David, il suo vecchio insegnante, una traccia del disco, ‘Heat Rises‘, e ha ingaggiato nella sua backing band due vecchi compagni della classe di musica, Jazzi Bobbi e Luke Bower. ‘Miss Universe‘ è dunque una sorta di mondo di Nilüfer che acquista concretezza e diventa un LP. Un lavoro assolutamente indipendente da quanto aveva fatto negli ultimi due anni: non c’è alcuna canzone degli EP che le avevano fatto guadagnare notorietà, che le avevano permesso di essere inserita in quasi tutte le graduatorie delle migliori nuove promesse britanniche (come la celebre ‘BBC Sound Of‘) e che le avevano consentito di aprire i concerti di XX, Interpol e Mitski.
Sono questi importanti segni di distinzione, l’evidenza di quanto Nilüfer sia diversa dagli altri: non è andata a cercarsi il produttore famoso, non ha lucrato sul successo già acquisito: “Non mi sarei divertita nel ripubblicare del materiale che avevo già fatto uscire“, dice lei. Soprattutto, Nilüfer è differente musicalmente, ha un timbro vocale unico, che riesce a essere versatile quanto la sua musica, che ingloba una marea di influenze che vanno dai Pixies a Frank Ocean e che la fanno accostare allo stesso tempo a Sade (‘Melt‘), King Krule (il singolo ‘Heavyweight Champion Of The Year‘, traccia di valore assoluto) o ai Nirvana (l’altro singolo ‘In Your Head‘, probabilmente il pezzo indie-rock dell’anno). E’ un’anima preminentemente soul la sua, l’impostazione vocale è quasi jazz, ma la giovane musicista di origini turche, irlandesi e caraibiche non disdegna di associarle alla ruvidezza data dalla chitarra elettrica. Proprio in questi frangenti raggiunge l’apice: ‘Paralysed‘, ‘Angels‘ e ‘Paradise‘ sono brani di livello altissimo, incredibile siano parte della scaletta di un’esordio, per di più di una ragazza nata nel 1996.
Non sono però le uniche eccezionalità di questo disco, che dura 53 minuti e include ben 17 tracce, di cui cinque sono interludi che lo rendono una sorta di concept alla ‘Black Mirror‘ sull’invadenza della tecnologia nelle nostre vite. Le rimanenti 12 sono canzoni che muovono spesso da presupposti musicali diversi, oltre a rock e soul c’è anche dell’electro-pop (‘Heat Rises‘, ‘Tears‘), ci sono brani intimamente più raccolti, quasi solo voce e chitarra (‘Monsters Under The Bed‘), ma c’è soprattutto una cantautrice che ha un’inclinazione al di là dall’ordinario nell’indirizzare le linee melodiche dei suoi brani, e un’interprete fuori dal comune, in grado di utilizzare mirabilmente diversi registri vocali, anche nello stesso pezzo (si ascolti in ‘The Unordained‘).
Ed è per tutto ciò e anche per tutto quanto detto sopra che riteniamo essere realmente arduo per chiunque fare meglio di così, almeno per quest’anno. Nilüfer è Miss Universo non soltanto nel personaggio di finzione che si è costruita, lo è effettivamente perché è la più brava di tutti.
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