Calexico and Iron & Wine – Years To Burn (2019)

di Riccardo Marra

C’è un momento, nella coda di What Heaven’s Left – la traccia che apre Years To Burn – in cui le trombe s’avvinghiano, rotolano da una collina spelacchiata. Sporche d’erba, unte di sudore, giungono ai piedi di un cavallo pettinato. È un momento di liberazione, è la felicità dei profumi, il tripudio della vitalità, il guizzo d’acqua che rimbalza da un fiume. È la musica, la natura.

È il momento che attendevamo da quindici anni, ovvero da quando Calexico e Iron Wine cavalcarono assieme per l’ultima volta in un disco a sei mani (era il 2005 di “In The Reins”). Sono passati quindici anni. Anni difficili, “da bruciare”. Anni da cui cavarci, però, qualcosa perché la cenere, si sa, è fertilizzante imbattibile. Burns, Convertino e Beam scrivono otto canzoni di luce americana, di sapore Nashville (il disco è registrato ai Sound Emporium, sala con alle spalle quarant’anni di musica). Otto brani che non cambieranno il mondo ma almeno un giorno della vostra vita assolutamente sì.

Prendi Follow The Water con quella delicatezza al canto di Joey oppure BitterSuite che prima s’alza onirica, quindi sbuca dal deserto con l’andamento sbilenco di un serpente a sonagli. Cori, ritmo, alcol, miraggi in una canzone che parte allucinata come un morso di peyote ma che poi, dal minuto cinque, torna a tirare il fiato con la dolcezza di chitarre, fisarmoniche e fichi d’India. “Niente era abbastanza”, dice Joey con la filastrocca che finisce per addentrarsi in territori visionari.

È la voce di Sam invece a condurre tra le vette di Father Mountain, in quello che è un pezzo d’amore verso l’infinito dei picchi che pungono il cielo. Un morbido folk di frontiera che asciuga una lacrima di amarezza e offre un appiglio di nostalgia. Salti, discese, “Years To Burn” è un album di colori e schiarite. “La vita è dura. Eccezionale. Schifosamente spaventosa. Ma può sollevarti se la lasci andare” – lo ha detto Sam Beam in una recente intervista. “Let it”, lasciarla, farla scorrere. Come un mucchio di trombe che rotolano da una collina.

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