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Visualizzazione dei post da aprile, 2018

Okkervil River – In The Rainbow Rain (2018)

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di Gianluca Lambiase Le ultime elezioni presidenziali statunitensi hanno generato tanti dischi pieni di rabbia, dissenso, malinconia e più in generale un clima di forte tensione. Will Sheff alle ultime elezioni non ha neanche votato ma forse come in una sorta di resilienza tutta personale, subito dopo averne conosciuto l’esito, si è chiuso in studio per scrivere un disco inaspettatamente più positivo e ottimista. Per i suoi Okkervil River la scelta di optare per questa soluzione coincide con un cambio di rotta stilistico molto chiaro quanto inaspettato, meno incline all’autoriflessione nichilista e più propenso ad un’apertura verso brani scritti in accordi in maggiore. In The Rainbow Rain si riempie così di canzoni che partendo dagli stilemi del più classico rock springsteeniano di matrice roots si orienta verso le soluzioni più disparate, da momenti gospel (Don’t Move Back To LA) a ballad spensierate, tenendo però sempre ben salde al centro serene, caldi e accoglienti melodie (Fa

Elton John

Reginald Dwight (1947) giovane pianista del Middlesex con studi alla Royal Academy of Music, appassionato di jazz e di blues, si unisce giovanissimo ai Bluesology del cantante Long John Baldry e con loro accompagna artisti neri in tournèe in Inghilterra. E' in quel periodo Dwight cambia nome in Elton John, in onore di Elton Dean. Discografia e Wikipedia

Nirvana - Nevermind

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La copertina è stata ideata da Kurt Cobain ispirato da un programma televisivo sul parto in acqua. Fu progettata da Robert Fisher e ritrae un bambino circonciso di tre mesi mentre insegue una banconota da un dollaro appesa ad un amo. Per evitare possibili problemi di censura si pensò ad una copertina alternativa con il pene del bambino cancellato con l’aerografo. Una soluzione quest’ultima fortemente osteggiata da Cobain. Chi poteva sentirsi offeso dall’immagine del pene di un neonato probabilmente doveva essere un pedofilo represso sosteneva il leader della band. La produzione giunse ad un compromesso collocando un adesivo sui genitali del bambino.

Tom Waits - Rain Dogs (1985)

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"Non esiste il diavolo. E' solo dio quando è ubriaco" sostiene Tom Waits. Questo è in sintesi il rapporto tra Waits e il blues e gli effetti del dopo Raindogs sono assimilabili ad una sorta di stato di ebbrezza. Effetti che riprendono, ma con maggior fruibilità, quanto espresso e avvertito nel rivoluzionario Swordfishtrombones, che non fece strage di vendite ma di cuori degli addetti ai lavori. Fu amore a prima vista. Raindogs è il compendio di tutti quei segni distintivi che identificavano Waits negli anni Ottanta: arrangiamenti frantumati, testi ambigui, un ampio spettro di riferimenti musicali, stravaganti personaggi, il rumore delle superfici (utilizzando il recipiente dei panni sporchi al posto della batteria o oggetti raccattati per strada, con una voce inimitabile e ancora chiara). Il collante che lega tutte le 19 tracce dell'album è unico, tentacolare, tra blues scarni e viscerali, jazz notturno, tanghi cubani, cabaret parodistici, ritmi spezzati di rock

Neil Young, guida per principianti

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Solitario, schivo, fragile, Neil Young è un musicista unico nella storia del rock. I suoi testi sono il riassunto di una vita disperata, difficile, coraggiosa. Ha combattuto per molti anni contro l’alcol, le droghe, la morte dei suoi amici, dei suoi familiari e la malattia. Suona da quarant’anni, restando una guida anche per molti giovani musicisti che si avvicinano a questo genere. Non è mai sceso a compromessi, come soltanto i grandi fanno. Ha influenzato artisti diversi tra loro, come i Sonic Youth, Nick Cave, Pearl Jam e Kurt Cobain dei Nirvana, che prima di morire aveva appuntato nella sua agenda una frase proprio di Neil Young: “It’s better to burn out than to fade away” (è meglio bruciare che svanire lentamente). È riuscito a spaziare dal country al punk, dal rock al pop, dal soul al blues, rappresentando in pieno la schizofrenia di un intero secolo, di un’epoca in cerca di una direzione. Neil nasce a Toronto, in Canada e inizia a suonare l’ukulele, poi il banjo e i

Van Morrison - Moondance (1970)

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Dopo le meravigliose digressioni musicali delle "settimane astrali", il cantante irlandese decide di esplorare la dimensione più intima e raccolta della propria musica, dando alle stampe Moondance. Qui a riaffiorare sono reminescenze blues, gospel, folk e jazz, da sempre tuttavia presenti nel background del nostro. Abbandonate le dilatate composizioni del precedente album qui ci troviamo di fronte a dieci brani facenti capo alla più classica forma canzone, sia per impostazione che per durata. Dieci brani nei quali l'indiscussa protagonista è la voce di Morrison, capace di raggiungere livelli eccelsi. Su tutte spicca, proprio a livello di prestazione vocale lo swing di Moondance, che al pari all'ariosa Into the Mystic, rappresenta l'apice dell'album per purezza sonora. La penna di "The Man" si conferma tuttavia sempre di altissimo livello, dando alla luce altri piccoli capolavori come la struggente Crazy Love, l'incalzante Caravan e la sensuali

Alcune canzoni del 1977 #7/16

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“Alison”, Elvis Costello Canzone adorata da tantissimi fans di Costello, malgrado la sua limitata notorietà rispetto a molte in questa lista e i suoi quasi inesistenti risultati di vendita al tempo. Lei, ha raccontato Costello, era una meravigliosa cassiera di un supermercato vista per un attimo. Il verso “May aim is true” diede il nome al disco che la conteneva.

John Prine – The Tree Of Forgiveness (2018)

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di Leonardo G. Stenta Quella tenerezza, quell’arguzia e quell’ironia domestica rendono la sua figura quanto di più simile a Mark Twain.  (Bonnie Raitt, 1974) “Pura razza Kentucky” rispose un giorno il giovane John all’insegnante che lo interrogava sulle sue origini. Invece la famiglia Prine proveniva da tutt’altra parte, da Maywood, una città dell’Illinois. Era stato il padre, Bill Prine, a inculcare nella testa dei figli di avere origini nell’East-South Central. Se quella risposta sia stata più o meno ragionata non abbiamo la sicurezza. Ma qualcuno potrebbe aver già iniziato a sorridere. Il nome di John Prine è iniziato a circolare nella scena folk di Chicago sul finire degli anni Sessanta. Nelle sue prime canzoni ha cantato le gesta degli pseudo-eroi incontrati durante i suoi viaggi nel Midwest: eroinomani, reduci dal Vietnam, casalinghe vedove o abbandonate, bizzarri anziani e tanti altri ancora. Dopo aver ricevuto incoraggianti apprezzamenti da Bob Dylan (il quale, pare

Accadde oggi...

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1922: Nasce a Nogales, Arizona, USA, Charlie Mingus, contrabbassista jazz. Morirà il 5 gennaio 1979. 1945: Nasce ad Alessandria d'Egitto Efstràtios Dimitrìu, ovvero Demetrio Stratos, voce degli Area. Morirà il 13 giugno 1979. 1950: Nasce a Bromley, UK, Peter Frampton, chitarrista e cantante. 1967: Nasce a Napoli Gennaro Della Volpe detto Raiz, voce degli Almamegretta e solista. 2013: Muore Richie Havens, cantante e musicista. Era nato a Brooklyn, New York, USA, il 21 gennaio del 1941. Fonte

David Johansen

Dopo la cruciale esperienza con le New York Dolls, David Johansen (1950) forma gli Staten Island Boys, con Frankie La Roca e John "Buz" Verno, dai Cherry Vanilla and Her Staten Island Band, Thomas Task e Johnny Rao. Con questa formazione pubblica "David Johansen", con la partecipazione di Edgar Winter. Discografia e Wikipedia

The Jimi Hendrix Experience - Axis: Bold as Love

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L’illustratore Roger Law e il grafico David King furono incaricati dalla Track Records di regalare ad Hendrix un’immagine più consona alle sue aspettative. Qualcosa che fosse in linea con le sue radici, qualcosa che richiamasse i nativi americani. La band assume così i connotati di divinità indù per una copertina ispirata a un poster religioso dal titolo Viraat Purushan – Vishnuroopam che ritraeva una raffigurazione del dio Vishnu.

The Who - Who's Next (1971)

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Primi anni '70. Ennesimo bollettino della distruzione. A seguito della deflagrazione conosciuta come Live At Leeds (1970), gli Who, o per meglio dire Pete Townshend, compositore instancabile e assassino della chitarra, mettono in cantiere, dopo Tommy ('69), un'altra "rock-opera" destinata a rimanere incompiuta. L'inaudito volume di fuoco della voce di Roger Daltrey e la sezione ritmica di un John Entwistle e di un Keith Moon più violenti e sconquassanti che mai portano i rimasugli dell'idea originale a sbriciolarsi nelle canzoni furiose di Who's Next, uno degli album più crudi, brutali e rissosi di sempre. L'energia degli esordi all'insegna di un flirt irruente tra pop, beat e blues elettrico letteralmente esplode in una colata lavica di riff pesanti come macigni, colpi di rullante simili a continue frustate, linee di basso che scorticano la pelle e urli primitivi in grado di frantumare ogni resistenza. I sintetizzatori (ascoltate i drones m

Jethro Tull, Guida per principianti

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Chi l’ha detto che la musica rock deve essere suonata soltanto con chitarre, bassi, batterie e tastiere? Si può fare anche suonando il flauto. Questo apparentemente strano mix in realtà dice molto agli appassionati del genere. Chi conosce la musica degli anni sessanta e settanta appena sente flauto pensa a Ian Anderson e ai suoi Jethro Tull. Con una tecnica impressionante e una sensibilità notevole, Ian ha reso la band unica nel panorama musicale di allora. E anche oggi è difficile trovare un paragone altrettanto eccellente. I Jethro Tull hanno suonato per più di 40 anni, pubblicando la bellezza di 54 album, tra originali, live, opere e raccolte, con più di 3mila concerti hanno venduto più di 60 milioni di dischi. Per ricostruire la loro storia, come capita ai mostri sacri della musica, come i Beatles e i Rolling Stones, servirebbe un libro; in un articolo, nelle poche righe a disposizione, si può solo accennare il grande talento musicale di questo gruppo, riascoltando i brani

Jeff Buckley - Grace (1994)

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Fu un fulmine a ciel sereno l'esordio nel 1994 di questo figlio d'arte, che aveva ereditato dal padre Tim una vocalità quasi angelica e spinta fino a quattro ottave di estensione. Fu un fulmine a ciel sereno perché nessuno pensava che in un disco solo si potesse sintetizzare lo spirito di un decennio di fuoco (in ambito musicale, ovviamente) come gli anni Novanta, con il lirismo di Cohen e Van Morrison, la grazia di Edith Piaf e Nina Simone e le tessiture classiche di Benjamin Britten. Il risultato di questa miscela, al quale va aggiunta la chitarra di Jeff, uno dei chitarristi più grandi e sottovalutati degli ultimi vent'anni, è un disco che sembra quasi privo di collocazione spaziotemporale, etereo e corposo allo stesso tempo, sospeso fra raffiche del torrido vento di Seattle, ma elevato a livelli celesti dal volo della voce di Buckley. Il resto lo fanno canzoni come Grace, Lover You Should've Come Over o Last Goodbye, oltre all'ormai inflazionatissima cover d

Alcune canzoni del 1977 #6/16

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“God save the Queen”, Sex Pistols Come si sa, è il titolo dell’inno del Regno Unito, e successe un casino. La contestazione della monarchia non era molto apprezzata, allora, almeno non con espressioni come: “Dio salvi la regina e il suo regime fascista”. Fu censurata molto e venduta molto. Ufficialmente arrivò al numero due in classifica, ma si pensa che il suo primo posto effettivo sia stato opportunamente tenuto nascosto a vantaggio di “The first cut is the deepest” di Rod Stewart. Era anche l’anno del giubileo reale, e il giorno dei festeggiamenti la band suonò davanti a Westminster da una barca affittata sul Tamigi. Li arrestarono tutti. Mezza Inghilterra li odiava, un’altra mezza li aspettava da anni: “no future, no future, no future for you!”.

Eels – The Deconstruction (2018)

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di Fabrizio Zampighi «I can’t go back / but I can make today a memory to last»: potremmo sintetizzare con questi due versi estratti dal brano The Epiphany il clima che si respira in The Deconstruction. Un disco in qualche maniera “esistenzialista” e “filosofico” nel suo piccolo, e che abbraccia significati profondi da ricercare più nei testi – ad esempio, in un «I don’t know if you’ll come along / I just wanted to sing my song about change / today is the day» dal singolo Today Is The Day, o magari in un «the reconstruction will begin / only when there’s nothing left» estratto dalla title track – piuttosto che nelle musiche, queste ultime non troppo distanti da quanto gli Eels ci hanno fatto ascoltare in passato. Considerando questo punto di vista, il qui presente potrebbe essere descritto come un album fondamentalmente cantautorale, nonostante brani rock-garage come Bone Dry (una specie di I Had Too Much To Dream Last Night degli Electric Prunes aggiornata al mood di dischi come Ho

Billy Joel

Cantante, pianista e compositore, Billy Joseph Joel (1949) è fra gli artisti di maggior successo del pop rock melodico americano. Originario di Long Island, studia piano classico per oltre dieci anni e tira di boxe durante gli anni della scuola, fratturandosi il naso più volte. Discografia e Wikipedia

Ramones – Ramones

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La celebre copertina del primo disco dei Ramones ritrae i fratelli con il loro classico abbigliamento anello di congiunzione tra punk e metal. La fotografia è stata scattata da Roberta Bayley fuori dal CBGB’s, storico locale della Lower East Side di Manhattan.

The Rolling Stones - Sticky Fingers (1971)

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In mezzo ad altri 2 capolavori come Let It Bleed e Exile On Main St., troviamo l'opera più completa degli Stones: Sticky Fingers, l'album dalla famosa zip apribile (realizzata da Andy Warhol). Anche se le sessioni di registrazioni dell'album iniziarono un anno prima della pubblicazione, le Pietre Rotolanti avevano già registrato parte del materiale nei famosi Muscle Shoals Studios, ad eccezione della narcotica Sister Morphine che risaliva alle session di Let It Bleed. Dopo aver finalmente sciolto il contratto con la Decca (la London per gli USA) che li aveva tenuti legati dal '63, gli Stones si sentirono finalmente liberi di esprimersi senza condizionamenti con la loro musica, senza la necessità di confrontarsi con i Beatles ormai sciolti. E' anche il primo album dove trova pianta stabile Mick Taylor e il primo senza Brian Jones, con sessionmen di primo piano quali Ian Stewart, Bobby Keys, Pete Townshend e Ry Cooder. Sticky Fingers ha tutto quello che si chiede a

Rino Gaetano: guida per principianti

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In via Nomentana a Roma, nella notte del 2 giugno 1981, perdeva la vita in un incidente stradale Rino Gaetano. Aveva solo 31 anni. All’epoca i giornali parlarono dell’accaduto paragonando la tragedia a quella capitata, sempre nella capitale, all’artista Fred Buscaglione, un po’ più di vent’anni prima, e fonte d’ispirazione per Rino. Non sapremo mai di preciso cosa Rino Gaetano avrebbe fatto dopo. Dopo aver raggiunto con fatica e tenacia il meritato successo, il cantautore stava passando un periodo di riflessione: appena un anno prima aveva pubblicato il suo ultimo album “E io ci sto”, aveva collaborato con Riccardo Cocciante e con i New Perigeo. “Io cerco di scrivere canzoni ispirandomi ai discorsi che si possono fare sui tram, in mezzo alla gente, dove ti rendi subito conto dell’andazzo sociale”, ribadiva Rino Gaetano in una delle sue ultime interviste. “Non voglio dare insegnamenti, voglio soltanto fare il cronista”. E lo faceva con uno stile unico, istrionico, di denuncia,

Van Morrison - Astral Weeks (1968)

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Da Belfast a New York. Lo stream of consciousness di W. B. Yeats e l'Elvis Presley di All Shook Up. Van Morrison è diventato grande di botto e si è preso qualche settimana di vacanza tra le stelle, dove ha trascinato con sé la sua musa scontrosa, avventurandosi ("If I ventured in the slipstream"…) sulla scia di ricordi di infanzia vissuti dal lato sbagliato della strada (Cyprus Avenue), raffigurazioni di loci amoeni bagnati dalla pioggia (Sweet Thing), storie di presunti travestiti (Madame George), immagini di ballerine intraviste in un tour di qualche anno prima… E' blues (ma non nella forma), è folk (nell'anima), è jazz (la sezione ritmica, le improvvisazioni strumentali), è musica da camera (le sovraincisioni di un quartetto d'archi). E', ancora e nonostante le apparenze, rock & roll, almeno nello spirito. Anzi, il momento di massima trascendenza raggiunto nel rock & roll (fino a quel momento e, molto probabilmente, anche dopo): una trance mi

Alcune canzoni del 1977 #5/16

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“Heroes”, David Bowie Un’altra delle più grandi canzoni rock di tutti i tempi. La leggenda vuole che sia stata ispirata dalla visione di due che si baciavano davanti al Muro di Berlino (uno era il produttore Tony Visconti), quando Bowie abitava là. Robert Fripp ci mise la chitarra, e Brian Eno il resto. Esistono la versione tedesca (“Helden”) e quella francese (“Heros”), cantate dallo stesso Bowie.

Nap Eyes – I’m Bad Now (2018)

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di Fabio Cerbone Semplice e complessa allo stesso tempo, la musica dei canadesi Nap Eyes completa un'ideale trilogia discografica che pone la band in una posizione del tutto appartata e originale rispetto al linguaggio indie rock contemporaneo. Le radici affondano in un rock minimalista e sghembo che non potrà non richiamare ancora una volta il Lou Reed più introverso e maturo (e le somiglianze della timbrica vocale di Nigel Chapman non faranno che aumentarne il fascino), i Modern Lovers di Jonathan Richman e qualche loro discepolo di uguale culto, The Feelies in prima battuta. Questo per circoscrivere una volta di più uno stile e un'ambientazione sonora che anche I'm Bad Now non riesce proprio a nascondere, quasi orgogliosamente costruito sulle stesse dinamiche che hanno reso incantevoli e fuori tempo Whine of the Mystic, esordio del 2014 in casa Paradise of Bachelors, e Thought Rock Fish Scale. La differenza questa volta la fanno le canzoni stesse, più rotonde e

Flaco Jimenez

Leonardo "Flaco" Jimenez (1939) cresce a San Antonio, Texas, in una famiglia di musicisti, imparando dal padre Santiago i primi rudimenti della fisarmonica. Le prime espeienze professionali sono con i Los Caminantes, quindi Jimenez avvia una propria formazione di conjunto, tipica espressione musicale messicana che prende spunto dalla polka, dal valzer e dalla mazurca. Discografia e Wikipedia

Brain Salad Surgery - Emerson, Lake & Palmer

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La copertina è stata progettata da Hans Ruedi Giger, pittore e designer svizzero padre delle sembianze dell’alieno di Ridley Scott. I riferimenti ad organi sessuali, molto diffusi in gran parte delle sue opere, sono stati parzialmente censurati lasciando inalterato il teschio femminile biomeccanico. La sua estetica è stata nel corso degli anni un’immancabile fonte di ispirazione per band di tutto il mondo e per tutta quella industria horror fantascientifica che ha sfornato film e videogiochi.

Jimi Hendrix Experience - Electric Ladyland (1968)

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Dopo quasi quarantacinque anni dalla sua pubblicazione, un album come Electric Ladyland suona ancora attuale, oggi più di allora. Jimi Hendrix apriva ai suoni un altro universo da esplorare, esperimento probabilmente riuscito solo a geni come Cecil Taylor, Ornette Coleman e John Coltrane. Riferimento insuperabile di limiti mai valicati, denso e ambizioso, oscuro e solare. "Intorno a me esplodevano bombe atomiche, e missili teleguidati volavano da tutte le parti: non so nemmeno spiegare quali suoni riuscisse a tirare fuori dal suo strumento", questa l'incredulità di Mike Bloomfield dopo aver visto Hendrix. Electric Ladyland suscitò grande fragore per i suoi contenuti musicali, per la sua controversa copertina originale con venti donne nude e per i testi, surreali e messianici nel contenuto, ingredienti per una vera rivoluzione non capita da tutti. Il blues astrale rappresentato da Voodoo Chile resta l'espressione piena di questo grande lavoro e in cui suonano Steve

Smashing Pumpkins, Guida per principianti

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Chi è cresciuto negli anni Novanta non può non ricordarsi degli Smashing Pumpkins. Insieme ai Nirvana, ai Pearl Jam e a pochissimi altri, sono stati la band di alternative rock più famosa della scena americana, ma a differenza della maggior parte dei loro colleghi i testi e il suono erano sorprendentemente profondi e raffinati, seppur apparentemente grezzi. Guidati dalla figura carismatica di Billy Corgan, gli Smashing Pumpkins in quei dieci anni hanno avuto una carriera straordinaria, in declino, purtroppo, già all’inizio degli anni 2000, a causa dei litigi e delle tensioni all’interno del gruppo. Le “Zucche” nascono dall’incontro, alla fine degli anni ’80, a Chicago, di Billy Corgan e James Iha. Sono loro due in un primo momento a costituire la band, aiutandosi con una batteria elettronica. Dopo si aggiungeranno anche la bassista D’arcy Wretzky e il batterista Jimmy Chamberlin. I primi pezzi propongono sonorità affini al metal e ricreano atmosfere cupe e pesanti. Distint

Ben Harper & Charlie Musselwhite – No Mercy In This Land (2018)

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di Nicola Corsaro Se il rock è morto, il blues non se la passa bene. Cacciato fuori a calci dalle influenze dei gruppi mainstream, vive di brevi momenti e del business dei blues club, piccole venue dedicate a jam session ed esibizioni esclusivamente blues, che se vi capitasse di frequentare assiduamente conoscereste Dust My Broom o Hoochie Coochie Man meglio dei nomi dei vostri familiari. Periodicamente, però, si affaccia qualcuno sulla scena: facce nuove, facce vecchie, facce vecchie ma nuove in quanto sconosciute non solo alla massa, ma persino alla nicchia (R. L. Burnside, venuto alla ribalta quando, fresco settantenne, registrò “A Ass Pocket Of Whiskey” con i Jon Spencer Blues Explosion). Negli ultimi anni il blues banale, seppur suonato in maniera eccezionale, di Joe Bonamassa l’ha fatta commercialmente da padrone, ma nel 2013 accadde uno di quei brevi momenti accennati sopra, una improbabile coppia formata da Charlie Musselwhite, leggenda del blues bianco di fine anni ’6

Alcune canzoni del 1977 #4/16

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“It’s so easy”, Linda Ronstadt Era un pezzo di Buddy Holly del 1958, ma è la versione di Linda Ronstadt – monumento del country statunitense – quella che conoscono tutti (fu recuperata anche in Brokeback Mountain).

The Isley Brothers

Quando alla fine dei '50 il r'n'b e il r'n'r stanno per soccombere temporaneamente ai teen idol, Shout (gospel r'n'r di rara forza) è uno dei pochi dischi non di tendenza a entrare in classifica. I tre fratelli Isley, Ronald, Rudolph e O'Kelly, vengono da una famiglia di Cincinnati dedita agli spiritual e ai gospel. Discografia e Wikipedia

E T I C H E T T E

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