Okkervil River – In The Rainbow Rain (2018)
Le ultime elezioni presidenziali statunitensi hanno generato tanti dischi pieni di rabbia, dissenso, malinconia e più in generale un clima di forte tensione. Will Sheff alle ultime elezioni non ha neanche votato ma forse come in una sorta di resilienza tutta personale, subito dopo averne conosciuto l’esito, si è chiuso in studio per scrivere un disco inaspettatamente più positivo e ottimista. Per i suoi Okkervil River la scelta di optare per questa soluzione coincide con un cambio di rotta stilistico molto chiaro quanto inaspettato, meno incline all’autoriflessione nichilista e più propenso ad un’apertura verso brani scritti in accordi in maggiore. In The Rainbow Rain si riempie così di canzoni che partendo dagli stilemi del più classico rock springsteeniano di matrice roots si orienta verso le soluzioni più disparate, da momenti gospel (Don’t Move Back To LA) a ballad spensierate, tenendo però sempre ben salde al centro serene, caldi e accoglienti melodie (Famous Tracheotomies).
D’altronde è Sheff stesso a descrivere il suo ultimo lavoro come «un disco che dovrebbe dare sollievo ed essere divertente, qualcosa che ti fa sentire bene». Il rovescio della medaglia è che al netto di tanta serenità, In The Rainbow Rain è un disco che, ancor meno rispetto al recente passato, riesce a lasciare il segno in qualcuno dei suoi aspetti. Se Away aveva convinto di più per quell’eleganza jazzy e uno stile poeticamente più maturo, qui il passo indietro è percepibile. Tutto ben fatto e costruito, a cominciare dalla voce di Sheff che varia a seconda dei casi in uno spettro cupo d’intensità che va da Matt Berninger a Robert Smith, arrangiamenti bilanciati e puliti, testi che scrutano il familiare con sguardo benevolo e grande cura nella rifinitura dei brani – il missaggio è affidato a Shawn Everett (Julian Casablancas, Alabama Shakes) – ma il suono ruspante, felicemente ritrovato e sincero del gruppo non riesce mai a brillare in nessuna delle sue declinazioni, scegliendo una strada ibrida che non annoia ma non riesce mai a esprimere qualcosa in più.
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