The Amazing - Picture You (2015)

di Michele Bordi

Si immagini questo particolare staff scandinavo: due artisti provenienti da due band diverse si incontrano, ciascuno con il suo personale background musicale. Chiamano un po’ di baldi musici al loro servizio e formano un collettivo dal nome a dir poco impegnativo: The Amazing.
Dopo l’apprezzabile “Gentle Stream” arriva così “Picture You”, l’ultimissima ricetta del quintetto svedese dove nei suoi brani scoviamo facilmente le tracce della loro genesi: un incontro tra molteplici flussi di passato e presente dove nessuno prevarica sull'altro, in un'armonia a lunghi tratti - ci venga concessa la battuta facile - amazing.

Abbiamo di fronte in effetti un bel minestrone di esperienze: su una base che va da suono acido tipico di un certo psych-pop anni 80 ai graffi elettrici dell’hard-rock settantiano, aggiungiamo echi di shoegaze misti a strutture e attitudine sottilmente progressive, il tutto condito da aggraziate ritmiche jazz-rock. Per dare un po’ di varietà alla formula (visto che vogliamo esagerare), aggiungiamo qualche momento folk/cantautoriale, così ci rendiamo meglio conto della duttilità del flemmatico vocalist Christoffer Gunrup. Eppure proprio quest’ultimo, uno dei due sopracitati fondatori, nonché ex-membro dei Granada, non vuol proprio sentir parlare di psichedelia: “Odio questa parola, non ho legami con la musica psichedelica né con il rock progressive. A Reine piace questa roba prog ed è molto bravo con i suoni, quindi l’eventuale colpevole è lui!”. Che ci sia lo zampino di Reine Fiske, l’altro regista in questione, è in effetti palese perché il rock psichedelico dei suoi Dungen si sente eccome in “Picture You”. Ad ogni modo, tale retaggio viene stemperato - e decisamente svecchiato - verso un prodotto che vuole rimanere relativamente easy, ma sempre con spessore e complessità strutturale apprezzabili.

Se proprio si vuol giocare ai nomi, eccone alcuni individuabili in “Picture You”: The Church e Tame Impala saltano all’orecchio subito, così come i Pink Floyd della prima ora. Ma non mancano pure alcune soprese come i Cure di “Disintegration” in “Broken” e un bizzarro mix tra Radiohead e Jimi Hendrix in “Fryshusfunk”. Con buona pace di Gunrup che vorrebbe negare l’evidenza.
Ciò che lascia stupefatti di “Picture You” è la capacità di fondere tutte le influenze sopracitate con pochissime forzature, mescolando soluzioni multicolori in un suono personale e difficilmente catalogabile in un blando revival. Il risultato è un flusso ricco ed eclettico, ma mai arrogante o pacchiano, anche quando gli svedesi osano facendo sfociare il groove etereo di “Safe Island” in una stridula festa di sintetizzatori (come trattenere i brividi nelle orchestrazioni finali?) o afferrando a tradimento l'ascoltatore nel finale di “Fryshusfunk”, sbatacchiandolo lungo un vertiginoso saliscendi hard-rock.

Insomma, un disco che procede fluido all’ascolto e libero da inutili ostentazioni, questo anche grazie a una vena melodica marcata e protagonista, particolarmente evidente nell’ariosa “Circles”, così come nelle ammalianti cantate “Tell Them You Can’t Leave” e “The Headless Boy”.
Qualche sbavatura non manca, segno di una maturazione che deve ancora raggiungere il suo apice: la ballad lisergica “Captured Light” tira per le lunghe una melodia rarefatta che può portare a tedio, mentre le fughe strumentali della title track e di “Circles” sembrano in verità un po’ appiccicate, diluendo piuttosto che rinforzando le rispettive composizioni e perdendo in naturalezza.
Ma ascoltando la struggente “Winter Dress”, forse il miglior brano del lotto dove il timbro tremolante di Gunrup è cullato da deliziosi interventi in slide guitar, non possiamo non finire l’ascolto con un placido sorriso in volto. E un bel po’ di aspettative per l’erede di questo convincente lavoro. (Mia valutazione: Distinto)

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