Dwight Yoakam - Second Hand Heart (2015)
Ha ormai ritmi da scafato veterano che non deve più dimostrare nulla a nessuno la produzione discografica di Dwight Yoakam, incontrastato re della country music che conta in termini qualitativi (sebbene anche come vendite il nostro spesso compete con le big star più commerciali di Nashville, come ad esempio quell'Eric Church che lui stesso ha appena seguito come spalla in un lungo tour). Second Hand Heart arriva tre anni dopo 3 Pears, che già chiudeva un lunghissimo periodo di silenzio, portandoci quaranta minuti di puro Yoakam-sound, dopo le piccole deviazioni pop imposte dalla produzione di Beck nel lavoro precedente. Qui invece è impossibile ravvisare grandi novità nel sound , forse solo più rock-oriented del solito, ma senza dubbio siamo di fronte ad uno degli episodi più freschi, energici e pienamente riusciti della sua carriera.
Yoakam non lesina sudore, sia quando lascia le chitarre a briglia sciolta per esaltare l'impatto di un brano perfetto nella sua semplicità come She (nulla a che vedere con l'omonima canzone di Gram Parsons), sia quando anche in occasione di ballate romantiche come la splendida Dreams Of Clay tiene comunque alto ritmo e livello dei suoni. E' un disco nato per la radio e per essere ascoltato in macchina, con chitarre ben marcate a coprire il rumore del motore, e il consueto mix di romanticismo e passione da country-outlaw. Nelle interviste di presentazione all'album lo stesso Yoakam ha voluto rimarcare come il disco vuole essere un omaggio al cow-punk degli anni 80, vera e propria ispirazione per i suoi esordi, e cita il "senso di immediatezza" di band come Jason & The Scorchers, Lone Justice e Rank & File per far capire da dove arriva il wall of guitars della tilte-track ad esempio (e avrei aggiunto anche i tardi X con Dave Alvin nel motore come punto di riferimento) o della micidiale serie rock and roll formata da Man Of Constant Sorrow, Liar e The Big Time.
Anche sul piano della scrittura il disco sembra avere una marcia in più del suo predecessore (...ma non si ricordano dischi brutti nella sua carriera), fin dalla programmatica apertura di Another World o anche nel middle-tempo di Believe. Dwight non è mai stato un autore particolarmente prolifico, e anche in questo caso scrive solo otto brani, ricorrendo a due cover che paiono tuttavia ottimamente integrate nel contesto, sia la splendida velocissima resa del traditional Man Of Constant Sorrow (mille versioni si potrebbero citare di questo brano, fin da quella presente nell'esordio di Bob Dylan), oppure V's Of Birds, opportuna chiusura sentimentale scritta dal suo fido chitarrista Anthony Crawford. La produzione è scintillante ed è affidata al vecchio Tom Lord-Alge (la lista delle sue collaborazioni sarebbe troppo lunga anche per cercarne un significativo sunto), la band gira sempre alla perfezione, e non c'è altro da dire: finiti i 40 minuti avrete voglia di ripartire subito da capo. Si può forse chiedere di più ad un country-record nel 2015? (Mia valutazione: Buono)
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