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Visualizzazione dei post da dicembre, 2024

Alt-J - This Is All Yours (2014)

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di Serena Riformato La grandezza degli Alt-j è la grandezza degli accadimenti casuali. Si dice serendipity, la fortuna o abilità di fare scoperte grandiose quando meno te lo aspetti, mentre vagavi alla ricerca di altro. Come Colombo scoprì l’America cercando l’India, come Fleming arrivò alla penicillina per distrazione, quelle storie lì. Non si sa bene dove fossero diretti gli Alt-J mentre studiavano arte e letteratura a Leeds e tenevano basso e batteria leggeri leggeri per non fare troppo rumore negli alloggi universitari e per cinque anni componevano pezzi così-tanto-per, senza nemmeno programmare di suonarli in pubblico. Non si sa bene cosa stessero cercando Gwil, Joe, Thom e Gus ma con l’esordio “An Awesome Wave” hanno trovato le loro Americhe musicali e, nel 2012, un Mercury Awards tutto britannico. Quando all’inizio di quest’anno il “leader silenzioso” Gwil Sainsbury (basso/chitarra) ha deciso che tutto questo questo era un po’ troppo e se n’è tirato fuori pacificamente p...

Banks - Goddess (2014)

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di Mattia Villa Jillian Banks ha davvero bruciato le tappe nell’ultimo anno e mezzo: il primo brano è comparso in rete nel febbraio 2013, in modo piuttosto anonimo dal punto di vista delle informazioni personali. Il primo live di sempre è arrivato qualche mese dopo, a luglio, mentre a novembre era già in tour di spalla a quel The Weeknd al quale spesso è stata artisticamente accostata. Il resto è storia recente, con un consenso in crescita costante e l’esordio per la Harvest/Capitol. Una trafila particolare per una ragazza che per anni ha scritto e registrato canzoni solo per se stessa, spaventata dal palco e dal giudizio altrui. Proveniente da una famiglia agiata della California, Banks dopo il divorzio dei genitori ha utilizzato la musica come un diario dove riversare i propri pensieri senza alcun filtro, in quello che lei stessa ha definito come un periodo “oscuro” della propria vita. La carriera artistica non attirava particolarmente Jillian, che infatti si iscrive all’univ...

Luigi Grechi

Eccellente e misconosciuto autore di canzoni dalla forte impronta country-folk interpretata in chiave italiana, Luigi Grechi nasce a Padova nel 1949 da una famiglia di origine romana. Il suo vero nome è De Gregori, ma al contrario del ben più noto fratello Francesco decide fin dagli inizi della carriera di ricorrere al nome d'arte. Discografia e Wikipedia

Pink Moon - Nick Drake (1972)

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Agli attori il nudo non fa paura perché la pelle è il costume di scena. Capita spesso che attrici girino con grande naturalezza scene imbarazzanti e poi, quando il regista dà lo «Stop», corrano a coprirsi, come se si accorgessero improvvisamente di essere nude. Nick Drake era una delle poche persone che si sentivano nude sempre, sul palco, in studio e nella vita, da solo o davanti ad altre persone. Non aveva bisogno di un regista per fermare il ciak e riportarlo alla realtà. La sua realtà era immobile, fragile, inadeguata. Meravigliosa per tutti, ma non per lui. Leggenda vuole che abbia registrato l'ultimo disco, Pink Moon, a mezzanotte, in due sole ore, nell'ottobre del 1971, alla presenza di un solo tecnico, e che abbia lasciato la bobina davanti alla porta della sua casa discografica, senza parlare con nessuno. Troppo timido anche per concedere interviste e per cantare dal vivo (due soli concerti, interrotti a metà, sguardo sempre a terra, seduto su una sedia), troppo debole...

Interpol - El Pintor (2014)

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di Diego Ballani Segnali di vita in casa Interpol, che con l’ultimo e omonimo album, sembravano diretti verso una necrosi creativa da cui non pareva esservi ritorno. C’era bisogno di lasciare ad ognuno il tempo di ripensarsi come artista, di dedicarsi a progetti solisti per tornare con un album che sapesse aggiornare una formula logora. Un cosa che nessuno dei campioni dell’indie rock dello scorso decennio ha saputo fare in modo convincente. A ben vedere gli Interpol sono rimasti gli unici a cui pubblico e stampa hanno voluto concedere il beneficio del dubbio. Merito di un esordio che col trascorrere del tempo ha assunto i connotati della pietra miliare e, perché no, di un’immagine che non ha smesso di essere fascinosa e impermeabile allo scorrere del tempo. Oggi la parola d’ordine sembra essere quella del cambiamento nella continuità. Pertanto nessuno stravolgimento; piuttosto si percepisce da subito il ruolo di secondo piano a cui è stato relegato il basso. In questo senso il ...

Ry Cooder - I, Flathead (2008)

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di Silvano Bottaro “In un mondo in cui è difficile mantenere la soglia dell’attenzione oltre i tre minuti di un videoclip o di una news, pensare in termini di trilogia è già un atto coraggioso, estremo e ammirevole”. Marco Denti Nonostante la sua non più tenera età, Ry Cooder è di nuovo in corsa per lanciarsi in una nuova avventura. La sua missione è: 'salvare quel che resta della musica tradizionale, il gioiello più prezioso della pietra verde' (Indiana Jones). Un gioiello che però sta rapidamente svanendo assieme ai suoni, ai modi di dire e di vivere delle comunità di cui è stata, e in certi casi è tutt’ora espressione. Non a caso la fama di questo eclettico chitarrista e compositore californiano resta legata a memorabili riscoperte come quella dei nonnetti cubani del “Buena Vista Social Club” o come l’album "Talking Timbuctu”, favoloso compendio della tradizione maliana, rappresentata dal grande bluesman Alì Fraka Tourè. Negli ultimi anni Cooder è tornato ad ...

Phantom Band - Strange Friend (2014)

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di Gianfranco Marmoro The third difficult album è la soglia entro la quale i critici inglesi tirano le somme di una carriera discografica: superato lo scoglio, tutto è permesso e lecito. Il problema è che nonostante il terzo progetto del gruppo scozzese “Strange Friends” sia l’album della loro definitiva consacrazione, trovo molto complessa e difficile una loro espansione al di fuori delle lande anglofone. Ed è un peccato, perché la Phantom Band, col suo mix di folk e kraut, ha dato vita a un nuovo idioma indie-rock che solo in parte è figlio delle folgoranti intuizioni della Beta Band; il percorso si è sviluppato prima attraverso le pagine più ambiziose di “Checkmate Savage” e poi attraverso quelle egualmente originali di “The Wants”. In “Strange Friends” il tono muscoloso e leggermente scomposto resta in primo piano, ma il linguaggio diretto e accattivante evidenzia una scrittura matura e arrangiamenti eleganti: la Phantom Band porta l’indie-rock lontano dal fervore della giov...

Ivan Graziani

Figura buffa e malinconica allo stesso tempo, autore con temperamento da rocker ammorbidito da una voce sottile e inconfondibile, Ivan Graziani (1945 - 1997), non ha raccolto quanto il suo talento avrebbe meritato, ma alcune sue canzoni sono rimaste nella memoria degli ultimi anni '70, Nato sul traghetto che da Olbia porta a Civitavecchia e cresciuto a Teramo, fonda nel 1966 il gruppo Anonima Sound. Discografia e Wikipedia

It Feels Like Rain - Aaron Neville (1991)

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C'è un detto a New Orleans che gli abitanti sfruttano spesso per descrivere la vitalità e unicità del posto: «Qui il tempo lo occupiamo ad andare alle feste, organizzare le feste e recuperare le energie spese alle feste». Siamo però lontani anni luce dai parties bianchi (di cocaina) di Los Angeles, perché nella capitale della Luisiana le feste hanno il forte sapore del nero. Fin dai tempi dei tempi, «The Big Easy», com'è comunmente chiamata New Orleans, è stata crogiuolo di razze, umori, suoni. Già nel Settecento, in Congo Square, potevano ascoltare tamburi africani e canti tribali quali si inserivano termini francesi (i fondatori della città) e spagnoli. Anno dopo anno, i continui innesti musiche e culture hanno dato vita a un sound senza barriere che è presto diventato tradizione. Raramente gli alfieri di New Orleans hanno conquistato le classifiche, a dispetto della loro popolarità. Il motivo è presto spiegato: la musica dei gruppi la città non rende a sufficienza su disco p...

King Creosote - From Scotland With Love (2014)

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di Gianfranco Marmoro Lasciatemelo dire: nessuno nell’ultimo decennio è riuscito a raccontare la Scozia meglio di King Creosote (ovvero Kenny Anderson), non quella dei desideri o dei sogni, ma quella reale e tangibile, vissuta e rivissuta attraverso il racconto di chi la vive quotidianamente. Il suo ultimo atto d’amore è “From Scotland With Love”, colonna sonora di un documentario della regista neozelandese Virginia Heat, una sfida che l’artista affronta calandosi in una realtà storica centenaria fatta di guerre, sofferenza e lotte per la dignità dei lavoratori. Il vestito elettronico raffinato e incantevole di Jon Hopkins in “Diamond Mine” ha certamente dato lustro al suo enorme repertorio discografico (questo è il suo 42° album), trascinando il suo nome fuori da un circuito cult sempre più numeroso, ma non crediate che dietro quelle ammalianti pagine di ambient-folk si nascondesse il nulla, quella magia appartiene a una tradizione musicale che viaggia nel tempo senza perdere smalto...

Counting Crows - Somewhere Under Wonderland (2014)

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di Gianuario Rivelli Dopo un Saturday Nights & Sunday Mornings dalla genesi sofferta e dall’esito controverso, dopo il lungo silenzio discografico (perlomeno sul fronte inediti) e le lune imprevedibili e cangianti di Adam Duritz, uccellacci dalle ali nere si erano addensati sulle teste dei fan dei Counting Crows. La notizia di nuove canzoni in uscita dopo sei anni più che con curiosità e impazienza, era stata da taluni accolta con un misto di circospezione e diffidenza, tanto più che il fiammeggiante covering dell’ottimo Underwater Sunshine (2012) più che gettare semi di nuove speranze, aveva instillato dubbi su un ineluttabile inaridimento creativo. Per una volta il pessimismo era mal riposto: l’appropriarsi di canzoni altrui, il cantare quel che piace e non quel che si deve aveva tolto pressione alla band, riaccendendo l’ispirazione del leader con i dreadlocks. Il suono acceso e fresco di quelle cover era l’embrione di quel che poi sarebbe diventato Somewhere Under Wonderland...

The Clash - London Calling (1979)

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di Silvano Bottaro Il revisionismo del punk. La reazione contro la reazione. London Calling rimette in discussione tutta la furiosa e scomposta ondata di ribellione del punk, dando spessore ad un sound dalle palesi difficoltà-limite. Lo stereotipo del punk con i suoi quattro accordi ripetitivi e spaccatimpani tutto urli, sputi e spilloni era già finito, in quanto più che un vero genere musicale era semplicemente un modo di sentire la musica. I Clash, che tra l'altro nel marasma erano tra i pochi a saper veramente suonare, si staccano da questo ordine di idee nichilistiche senza limiti ideologici umani e fisici e arrivano ad una dimensione artisticamente più valida. I Clash diventano la faccia politicizzata dell'ondata punk. La scelta di compiere il prezzo imposto ai propri album: London Calling , doppio, esce a 5 sterline, lo stesso prezzo di un album singolo; l'anno dopo, Sandinista , triplo, uscirà a 5,99 è in realtà, la scelta più rivoluzionaria. Fino al 1982, la...

Mikal Cronin - MCII (2013)

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di Michele Passavanti A Mikal Cronin sono bastati un album di debutto del 2011, varie collaborazioni con svariate formazioni (Okie Dokie, Epsilons, Party Fowl e Moonhearts) e alcuni lavori al fianco di Ty Segall (che appare tra gli ospiti di questo nuovo lavoro), tra cui lo strepitoso “Slaughterhouse” (2012, In The Red R.) e l’ultimo “Reverse Shark Attack”, (2013, In The Red ) per diventare subito un artista di culto. Ora possiamo dirlo tranquillamente: in Mikal Cronin ci avevamo creduto sin dall’inizio. Fin dalle prime note del suo album di esordio si percepiva che il giovane musicista americano, nato alla metà degli anni 80, aveva tutte le qualità per confermarsi tra gli artisti più interessanti di questa nuova decade. “MCII” è stato registrato alla fine del 2012 a San Francisco, città divenuta la location ideale per Mikal Cronin, sin dall’uscita del suo primo album, dai suoi tours con Ty Segall e con la sua band. I dieci brani poco si discostano dalle sonorità del precede...

George Ezra - Wanted On Voyage 2014

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di Michele Saran La carriera di George Ezra, nativo della campagnola Hertford, dintorni di Bristol, ha avuto una velocità che la rende virtualmente inesistente. Ancora quasi ragazzino, dopo essersi diplomato in un istituto di “modern music” di Bristol, impressiona tutti con la sua scioltezza alla chitarra e soprattutto la voce possente. L’ascesa è fulminea: live, partecipazioni, passaggi in radio e social network delle sue prime canzoni. Tratta dal suo primo Ep “Did You Hear The Rain?” (2013) è la sua maggiore hit, la “Budapest” ululata e gorgheggiata che ha avuto l’indubbio merito di riportare la canzone d’autore semi-acustica alle vette della classifica di vendita nell’era di Pitbull, David Guetta e Skrillex. Questo nuovo enfant prodige rimane, comunque, anni luce da obblighi contrattuali di sorta. Ezra dimostra, alla prova dell’album lungo “Wanted On Voyage”, di avere una sporta d’idee efficaci e pure affascinanti, e una coerenza di ferro nell’imporle. La produzione elettr...

Goblin

Realtà anomala all'interno del panorama progressive italiano i Goblin hanno legato indissolubilmente i loro nome a quello di Dario Argento. Sono infatti le colonne sonore ideate per alcuni dei migliori film del regista ad avere regalato la notorietà al gruppo romano guidato dall'estroso tastierista Claudio Simonetti (1952) emulo italiano di Keith Emerson e figlio del maestro Enrico. Discografia e Wikipedia

Riders on the Storm - The Doors (1971)

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Riders on the Storm è l'ultimo brano registrato da Jim Morrison prima di morire, l'ultimo capolavoro di quella pietra miliare (l'ennesima) che è L.A. Woman, del 1971. Se esiste un brano che più di ogni altro fotografa la parte sciamanica e carismatica del poeta del mistero e della dissoluzione, quello è Riders on the Storm, con le tastiere di Ray Manzarek che danzano e la voce del Re Lucertola che scava abissi di paura. Se con Break on Through i Doors avevano iniziato la loro parabola cercando di sfondare le porte della percezione, Riders on the Storm è il buio oltre quella porta. Non ci sono scintille psichedeliche, solo pioggia e lacrime per i «cavalieri nella tempesta». L'idea venne a Jim Morrison mentre i Doors stavano improvvisando in studio sulle note di un brano country, (Ghost) Riders in the Sky: A Cowboy Legend. A un certo punto, per uno di quei bizzarri inciampi che Dylan chiamava «simple twist of fate», Jim Morrison, invece di ripetere «ghost riders in the sk...

Classifica 2024

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The Smile - Wall of Eyes - Leggi The Cure – Songs of a Lost World - Leggi Nick Cave & The Bad Seeds - Wild God - Leggi Pearl Jam - Dark Matter - Leggi The Smile - Cutouts - Leggi Fontaines D. C. - Romance - Leggi Rosali - Bite Down - Leggi Sprints - Letter To Self - Leggi Lyr - An Unnatural History - Leggi King Hannah - Big Swimmer - Leggi Brown Horse - Reservoir - Leggi Snow Patrol - The Forest Is the Path - Leggi Jeremie Albino - Our Time In The Sun - Leggi The Avett Brothers - The Avett Brothers - Leggi St. Vincent - All Born Screaming - Leggi Vera Sola - Peacemaker - Leggi Bodega - Our Brand Could Be Yr Life - Leggi The The – Ensoulment - Leggi Los Campesinos! - All Hell - Leggi Phish - Evolve - Leggi Pixies - The Night the Zombies Came - Leggi Warren Haynes - Million Voices Whisper - Leggi The Hard Quartet - The Hard Quartet - Leggi Gillian Welch and David Rawling - Woodland - Leggi MJ Lenderman - Manning Fireworks - Leggi Kiely Connell - My Own Company - Leggi The Bevis Frond...

Jontavious Willis - West Georgia Blues (2024)

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di Fabio Cerbone  Dalla Georgia più rurale direttamente al mondo, per diffondere il verbo del blues o di quello che ne è rimasto e che ancora vibra delle emozioni del passato. Battito minimale e voci a cappella introducono il West Georgia Blues di Jontavuous Willis, curioso nome di un musicista che non da adesso sta cercando di aprirsi un varco nella tradizione, conservandola e al tempo stesso offrendole una nuova vita, in linea con gli esordi che furono di colleghi quali Corey Harris o Alvin Youngblood Hart. Il discorso musicale di Jontavious è coerente e non sceglie a caso il sentimento incontaminato del gospel per aprire le porte del suo viaggio di ricognizione nella Georgia, che è la casa della sua famiglia dal 1823 (così canta nel brano omonimo): educato nella Mount Pilgrim Baptist Church del nonno fin da bambino, dalla gospel music alla “mondanità” del blues il passo è breve si sa, con tutte le tentazioni del caso, se volessimo seguire il racconto affabulatorio del genere. Si...

Mirah - Changing Light (2014)

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di Silvano Bottaro La quarantenne cantautrice e musicista statunitense Mirah, torna alle radici con un nuovo disco: Changing Light. Salutato come un album di rottura, l'album affronta, testualmente parlando, tematiche legate all'essere umano e in particolare alla mortalità, offrendo una luce profonda alla vita terrena, agli animali, alle stagioni, alla natura in generale. La narrazione viscerale presente in tutti i brani del disco, è particolarmente lucida e a volte inquietante, diventando praticamente un tutt'uno con l'ambiente circostante. La sua voce eterea e ricca, vaporosa ma mai sottile, riesce a caricare di emozioni le canzoni dell'intero album, raccontando storie di un amore trovato, perduto, forse ritrovato e poi, finalmente andato. I testi sono fisici e pieni di dolore con immagini di forte trascinamento. Musicalmente le melodie sono solide e penetrano in maniera 'visiva', creando suggestioni assai profonde. Un buon disco 'Changing Li...

Jake Xerxes Fussell - When I'm Called (2024)

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 di Yuri Susanna  Dopo quattro album licenziati dalla meritoria Paradise of Bachelors, Jake Xerxes Fussell approda nei ranghi della più blasonata Fat Possum, ma senza dare particolari scosse a una visione estetica che era già ben delineata fin dal primo vagito discografico (correva l’anno 2015) e senza mostrare la volontà di battere strade troppo lontane da quelle che gli hanno fin qui attirato lode e ammirazione pressoché incondizionate. Anzi, dove la precedente, penultima fatica, apriva timidamente alla scrittura personale (su Good and Green Again ben quattro brani portavano la sua firma), When I’m Called torna a scavare (quasi) esclusivamente nel repertorio tradizionale, concedendosi solo qualche eccentricità nella scelta delle fonti cui attingere. E’ il caso per esempio della canzone che intitola l’album, che nasce da una sorta di decalogo del bravo studente ritrovato su una rivista (“Risponderò quando mi chiameranno, non ballerò la breakdance nei corridoi, non riderò dura...

Jeffrey Foucault - The Universal Fire (2024)

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di Fabio Cerbone  Ritrovare Jeffrey Foucault a sei anni dal suo ultimo album di inediti, Blood Brothers, e ritrovarlo così, nella forma più compiuta e nelle migliori condizioni di ispirazione possibili, è una bella notizia: per chi ha colto fin dagli inizi le qualità delle liriche di questo songwriter, tra più evocativi della sua generazione, e in generale per chi ha a cuore le sorti di una canzone folk (rock) americana che guarda all’insegnamento dei “grandi maestri” senza sentirsene prigioniera di stili e parole. Foucault utilizza la sua tavolozza di colori, una voce caratteristica e in questa occasione più che in passato una band che gli possa mettere a disposizione nuovi spazi sonori. Un’occasione troppo importante per non sfruttarla a pieno, quella di avere, tra gli altri, John Convertino (Calexico) alla batteria, Eric Heywood (già con Son Volt, Richard Buckner e mille altri) alla pedal steel e Mike Lewis (collaboratore nel progetto Bon Iver) al sax, piano e organo, nonché tit...

I Giganti

Con i loro eleganti intrecci vocali ispirati ai gruppi più melodici della west coast americana, l'aria intellettuale da studenti liberal pre-sessantottini e i testi spesso all'insegna di un pacifismo e di una coscienza sociale ingenua ma sincera, i Giganti hanno rappresentato una curiosa eccezione nell'ambito del ben più ruspante beat italiano degli anni '60. Discografia e Wikipedia

Flamingo Road - David Johansen (1979)

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Ogni città ha il suo odore, ma solo New York ha mille odori, perché quello che respiri nella Lower East Side non è uguale a quello del Village, della Bowery, di TriBeCa o Chelsea. L'ultima volta che ci sono stato, sono passato davanti al posto dove una volta sorgeva il Bottom Line e mi sono sentito felice come quando suonano alla porta, vai ad aprire e trovi un amico che sorride, solo perché è felice di rivederti. Qui, millenni fa, ho visto David Johansen delle New York Dolls nei panni di se stesso e poi del suo alter ego Buster Poin-dexter, e ci vuole davvero un gigantesco talento per essere credibile sia nei panni del leader di un gruppo protopunk come le Dolls, che negli abiti di un improbabile crooner a metà strada fra Lenny Bruce e Cab Calloway. Prima di approdare al Bottom Line, David Johansen, labbra grandi come quelle di Mick Jagger e voce da non temere confronti con Eric Burdon, si era esibito, una volta alla settimana, per più di due anni, in un piccolo e storico locale s...

Warren Haynes - Million Voices Whisper (2024)

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di Iputrap In un mondo musicale che spesso si è arreso alla produzione di musica di plastica e cantata “per finta”, avere con noi Warren Haynes è una gioia e un privilegio colossale. Il chitarrista e cantante statunitense si è sempre mosso tra blues, funk e southern rock, e dobbiamo necessariamente citare gli Allman Brothers degli anni Novanta e Duemila, rivitalizzati dal suo tocco e da quello del “fratello di sei corde” Derek Trucks, e quella creatura meravigliosa e intensamente caotica chiamata Gov't Mule, ma può semplicemente essere definito come un musicista che mette il “soul” in ogni cosa che suona e canta, come facevano i suoi colleghi negli anni Sessanta e Settanta. Per questo motivo, una sua uscita solista non è mai da archiviare con velocità o non va sottovalutata, anche perché in quarant’anni di carriera i dischi a suo nome sono soltanto quattro, compresa questa novità appena uscita. Chi scrive è sicuramente e particolarmente affezionato a Tales of Ordinary Madness, il s...

Spencer Thomas - The Joke of Life (2024)

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 di Fabio Cerbone  Athens, Georgia non si smentisce neppure questa volta, città musicale accogliente e “alternativa” per eccellenza del rock americano, luogo ideale per far maturare talenti in cerca di identità. È ciò che è accaduto anche a Spencer Thomas, giunto qui nel 2020 dalla sua Jackson, Mississippi, dopo un girovagare incerto che dalle iniziali avvisaglie soliste (Hanging Tough l’esordio del 2019, in precedenza batterista e autore per la band locale Young Valley) lo ha trascinato per mezza America prima che la pandemia bloccasse tour e “carriera”. Ci sono voluti tre anni per mettere insieme i pezzi del puzzle, solo dieci canzoni in tutto, ma non c’è una tessera fuori posto in questo The Joke of Life, dove tira aria di rock d’autore settantesco, lì dove ballate da grandeur pianistica si incontrano con visioni elettriche urbane, dove una scrittura pop raffinata si spalleggia con un atteggiamento più irriverente e sopratutto dove un songwriting dallo sguardo ironico sulle...

Nirvana - Nevermind (1991)

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di Silvano Bottaro Dai sotterranei rivelatori del grunge viene alla luce l'album rock degli anni Novanta. Compiacendo e raffinando queste radici para-punk, i Nirvana giungono con questo album a una musica evoluta con intuito e cultura. Il punto di partenza è un sound legato molto ai Led Zeppelin ed ai Black Sabbath, con sintassi melodiche inattese che conquistano uno spazio creativo determinante. Coraggioso e irriverente, Nevermind è musica dell'ignoto, della solitudine. Musica emotivamente instabile come il bandleader, magnetica e rabbiosa, ma capace di sussuri e confidenze innocenti. Kurt Cobain è il nuovo Jim Morrison, stessa figura provocatoria, stesso autodistruttivo connubio di energia fisica e mentale, stesso alone di maledetto che tenta di sovvertire le leggi dello show-biz. Il grunge è anticonformista per necessità di sopravvivenza, ma è una prigione stretta ed angusta. Nevermind scappa da essa. Corre avanti impietosamente, fino a toccare lidi inimmaginabili. ...

Kaia Kater - Strange Medicine (2024)

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 di Nicola Gervasini  Non so se vi ricordate ancora uno dei più controversi episodi della storia militare statunitense, l’intervento a metà anni Ottanta nell’Isola di Grenada per destituire il governo filo-comunista di Maurice Bishop, perché proprio il padre di Kaia Kater fu uno degli abitanti dell’isola che nel 1986 approfittò di un programma di emigrazione in Canada conseguente a quella invasione. E deve essergli sembrata un paradiso Montreal dopo una esperienza di guerra, come anche poter realizzare il sogno di poter mandare la figlia a studiare in una esclusiva Università del West Virginia. Ma lì la giovane Kaia ha dovuto sperimentare sulla propria pelle quanto razzista, patriarcale e per nulla inclusiva possa essere la società statunitense, ma per fortuna poi esiste la musica a salvarci l’anima, e forse anche la pelle. Nasce da lì il suo interesse per il folk di protesta tradizionale, più che di Bob Dylan parliamo proprio di quello di Odetta o Pete Seeger, e anche l’indic...

E T I C H E T T E

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