Ian Carr with Nucleus - Labyrinth (1973)
I primi due album dei Nucleus, “Elastc rock” e “ We’ll talk about it lather”, conservavano una formazione fissa, che veniva ripetuta anche nel terzo, “Solar Plexus”, con la differenza che nuovi musicisti venivano aggregati alla formazione originaria.
Dopo lo sfaldamento degli originari Nucleus, dovuto soprattutto al progressivo passaggio di alcuni membri ai Soft Machine, Ian Carr si è deciso a concepire i Nucleus come un insieme intercambiabile, vivo e pulsante, di musicisti. Da questa concezione nasceva l’album “Belladonna”, interessante ma offuscato da molti momenti ancora incerti, troppo frenato rispetto alle possibilità degli eccezionali musicisti che vi partecipavano.
Con questo “Labyrinth” l’arte di Ian Carr torna a rinascere in tutto il suo splendore, in tutte le sue principali caratteristiche, che sono l’estrema raffinatezza degli arrangiamenti, la particolare potenza espressiva e la grandiosità delle parti strumentali corali, e un jazz d’avanguardia che non dimentica però la lezione tradizionalista dello swing, del ricco sound da grande orchestra.
L’album non fornisce alcuna indicazione sulle condizioni della registrazione, ma possiamo presumere che si tratti di una esecuzione dal vivo: stupisce la particolare limpidezza del suono, mentre i sussulti, gli spasmi, le impennate, la dolcezza, la gioia pulsante e onnipresente del fluire sonoro inducono l’ascoltatore a un sentimento di esultanza.
Ian Carr alla tromba si è ormai lasciato alle spalle le ultime scorie di imitazione davisiana, e le sue tessiture spesso acute e spezzate, costituiscono il perno conduttore per tutta una eccezionale schiera di strumentisti: dal bassista Roy Babbington (Soft Machine), al tastierista Dave McRae (Matching Mole), al sassofonista Brian Smith (unico superstite degli originari Nucleus), al trombettista Kenny Wheeler, al pianista Gordon Beck, alla cantante Norma Winstone e altri ancora.
Una sostanziosa parte della crema del nuovo jazz inglese riunita per un disco eccezionale: Labyrinth è una lunga suite ispirata alla mitologia del Minotauro dell’antica Grecia, come dimostrano i suggestivi titoli dei sei movimenti che la compongono: Origins, Bull-Dance, Ariane, Arena, Exultation e Naxos.
Ian Carr con questo stupendo album, dimostra veramente la veridicità e la rivoluzionarietà del suo modo di concepire i Nucleus: un insieme estremamente variabile di musicisti che ruotano intorno alla sua figura, una formazione in continua mutazione che rispetti e rappresenti egregiamente l’estrema fluidità che caratterizza tutto l’ambiente del nuovo “jazz” inglese.
Una sostanziosa parte della crema del nuovo jazz inglese riunita per un disco eccezionale: Labyrinth è una lunga suite ispirata alla mitologia del Minotauro dell’antica Grecia, come dimostrano i suggestivi titoli dei sei movimenti che la compongono: Origins, Bull-Dance, Ariane, Arena, Exultation e Naxos.
Ian Carr con questo stupendo album, dimostra veramente la veridicità e la rivoluzionarietà del suo modo di concepire i Nucleus: un insieme estremamente variabile di musicisti che ruotano intorno alla sua figura, una formazione in continua mutazione che rispetti e rappresenti egregiamente l’estrema fluidità che caratterizza tutto l’ambiente del nuovo “jazz” inglese.
non conosco i nucleus,ma ian carr lo apprezzato nel bel disco dei no man flowermouth..bellissimo!ciao
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