Patti Smith - Horses (1975)

Per l'anagrafe non è più una just kid la Patti Smith che nel 1975 esordisce con Horses, ma quanto a inquietudine esistenziale è in piena adolescenza. Non ancora catturata dalla musa della fotografia, sperimenta tuttavia ogni altro mezzo espressivo che possa condurla alla pienezza dell'Arte. Contemporaneamente va a scuola di ecumenismo, varando relazioni carsiche e convivenze border, ossia tutto ciò che possa condurla alla pienezza della Conoscenza. Anfibi ai piedi e carezze fra le mani, rimbalza tra la Bowery e la Quarantaduesima, succhiando il nettare delle strade di New York. Al suo fianco c'è già Robert Mapplethorpe: suo il ritratto di copertina, androgino e perentorio. Ad Horses viene assegnato il compito, impegnativo ma ineccepibilmente assolto, di accogliere e ordinare urgenza espressiva e convulsa brama di ricerca. Lo fa attraverso la visionarietà di Land, il furore di Free money, l'ipnosi declamatoria di Birdland. Fino a rifondare il testo della morrisoniana Gloria, per consegnare una delle più chiare, audaci, definitive enunciazioni che il rock'n'roll ricordi: "Gesù è morto per i peccati di qualcun altro ma non per i miei". Sono queste le prime parole che escono dai solchi di Horses e sono già un manifesto di intenti fiero e disarmante, che nei decenni a venire, lo sappiamo bene, manterrà la coerenza che distingue un'artista onesta da una grande anima.  (Mia valutazione:  Ottimo)
(Donata Ricci)

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