Jethro Tull - Aqualung (1971)

Che "cosa" sono i Jethro Tull!? Quel che si dice del jazz potrebbe ben dirsi anche se quel che non sai cos'è, allora è progressive, ma alla band di Ian Anderson forse proprio non calza. Quello che hanno fatto rinvia piuttosto ad un folk medievalista travestito di hard rock, una formula sonora unica, fatta di un periodare rock - chitarristico più diretto, e così ben vestito di pentatoniche blues e fraseggi al flauto da essere comunque originali, oggi come ieri. E non è solo perché suona da quarant'anni che Aqualung, il loro disco da oltre sette milioni di copie vendute, lo porteremmo sull'isola deserta. Ma anche perché l'impareggiabile arte del pifferaio magico e soci costruisce melodie di contrasto ove la dolcezza del suo strumento e le ballate acustiche fanno risaltare aggressive chitarre elettriche e batteria (o viceversa) in un inseparabile paesaggio sonoro (dalla title - track a Locomotive Breath, passando per Mother Goose o Wond'Ring Aloud) connotando di linearità urbane la matrice di un folk britannico che ha il nome di un agronomo settecentesco. Il buon senso ci inviti allora a far luce oltre il luogo comune di un concept album, nell'invettiva contro l'emarginazione sociale del barbone di copertina (disegnata da Burton Silverman "troppo" simile a Anderson, ma ispirato dal vero progetto fotografico della moglie del frontman Jennie Franks) ma con ben altri risvolti e canzoni, critiche persino nei confronti di un integralismo religioso troppe volte giocato sulla paura (My God, Wind Up). Un disco "invecchiato" ad arte.  (Mia valutazione:  Ottimo)

(Matteo Fratti)

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