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Visualizzazione dei post da settembre, 2024

Richard Thompson - Eletric (2013)

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di Giancarlo Susanna Frequentando, come ci capita sempre più spesso, i social networks, abbiamo notato di recente la presenza in prima persona di Richard Thompson, fatto piuttosto strano, vista e considerata la quasi leggendaria ritrosia a esporsi del musicista inglese. Non ci stupirebbe, a questo punto, se la sua popolarità, limitata da sempre all’ambito del culto, aumentasse sensibilmente. Ed è inutile dire che ne saremmo più che felici, vista e considerata la qualità pressoché indiscutibile dei suoi dischi e dei suoi concerti. Questa qualità ci è sembrata, in passato, quasi controproducente: siamo così abituati alla nettezza del suo profilo di autore e chitarrista, che a momenti non ci facciamo più caso. La rete ci permette di ascoltarlo e vederlo mentre è in tour negli Stati Uniti e divide il cartellone con Emmylou Harris e Rodney Crowell. In teoria, il pubblico della regina del country rock e del suo cavalier servente dovrebbe reagire con sconcerto al suono micidiale del t

Eugenio Finardi

Cantautore dalla vena profondamente rock, protagonista dei momenti più accesi del movimento degli anni '70 e successivamente autore maturo e interprete appassionato di linguaggi diversi, Eugenio Finardi nasce a Milano nel 1952, figlio di una cantante lirica americana e di un tecnico del suono. Negli anni '60 suona blues e rock nelle cantine, insieme ad altri musicisti che diventeranno famosi come Alberto Camerini e Walter Calloni. Discografia e Wikipedia

It's in Our hands - Bjork (2002)

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Gli occhi mandano lampi improvvisi, come luci che danzano nell'oscurità. I gesti si accendono a frequenze irregolari, spezzando uno stato di calma apparente. La musica è articolazione di due forze contrastanti: realtà e fantasia. Bjork è un prodigio continuo, eterna sfida alla normalità. Minuta e non bella, eppure considerata dalla stampa britannica "il più straordinario sex symbol del rock". Catapultata senza paracudute nel mondo del cinema, ma capace di incantare Cannes quale figlia di un dio minore. Elfo nordico apparentemente senza presenza scenica però anche la più grande rockeuse d'Islanda, prima con i Sugarcubes, zollette di genialità sciolte nel tè della musica di consumo, e poi in solitudine. (M. Cotto - da Rock Therapy)

MJ Lenderman - Manning Fireworks (2024)

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È dura essere un giovane aspirante musicista indie. Devi lavorare in una gelateria o fare il giardiniere, salvo poi scoprire che oggigiorno in Carolina del Nord si guadagna di più col sussidio di disoccupazione. In un certo senso, pertanto, è stato lo stato a sovvenzionare l’ascesa artistica di MJ Lenderman, fino a un paio di anni fa (quasi) un perfetto sconosciuto, per poi diventare il nuovo wonderboy del folk-rock a stelle e strisce. Questo grazie alle prime pubblicazioni su Bandcamp e soprattutto a ‘Boat Songs’, che a soli 23 anni era già il suo terzo LP, benché il primo ad essere notato da un pubblico numericamente rilevante. Da quel momento è stato un po’ come se si fosse stappata una bottiglia di champagne per MJ, che sta per i suoi nomi di battesimo Mark Jakob ma anche un po’ per Micheal Jordan, suo idolo di gioventù alla pari di Mark Linkous, Jason Molina, i Sonic Youth, Jimi Hendrix e gli Smashing Pumpkins. Tutta gente che aveva dato il meglio prima della sua nascita, avvenuta

The Jam - In the city (1977)

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di Franco Dimauro Voi cosa avete fatto per il vostro diciannovesimo compleanno? Paul Weller era al Working Men‘s Club a bere una pinta di birra per festeggiare l’uscita del primo album dei suoi Jam, pubblicato appena cinque giorni prima. Paul è rimasto folgorato dai Beatles, dagli Small Faces, dai Who e dai Kinks ancora prima di diventare maggiorenne ma è l’incontro col rozzo ed essenziale sudiciume di Dr. Feelgood a guidare il suono della sua band nella giusta direzione che va ad impattare con i dischi di Clash e Sex Pistols più per una coincidenza astrale che per reale intenzione di saltare sul carrozzone del punk.Sono di una pasta diversa, i Jam. Sono il Decline and Fall of the British Empire parte Seconda, diciott’anni dopo Arthur dei Kinks. Sono eleganti e spavaldi. Una versione bruna dei Police che proprio lo stesso mese hanno debuttato con il singolo Fall Out/Nothing Achieving. Arrivano ad una major senza nemmeno dover passare dal Via. Che per la maggior parte delle band ar

John Hiatt - Same Old Man (2008)

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di Silvano Bottaro Diciamolo… non mi convince molto questo "Same Old Man" ultimo disco di John Hiatt, songwriters tra i miei preferiti da sempre. Non riesce questo lavoro a far premere continuamente il tasto play del riproduttore musicale. Poco a che vedere con l’ultimo e buono “Master of Disaster”, niente con l’ottimo “Crossing Muddy Waters” o con “Slow Turning”, anni luce dal capolavoro “Bring the Family”. L’unica cosa che ancora riesce a convincermi è la sua voce, grande e affascinante, nonostante gli anni ne consumino il timbro, rimane sempre unica e profonda. Ma la voce da sola a volte non basta a far apprezzare un disco o almeno non in questo caso. Le undici canzoni che compongono l’album sono essenzialmente semplici, povere, acustiche, il suono è orientato verso il folk, il country e il blues, niente di particolarmente nuovo anzi, il disco suona da “già sentito”. "E' un disco tutto mio anche perchè si parla fondamentalmente di me; diciamo che non a

The Clash - Sandinista! (1980)

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Il punto esclamativo finale di questa piccola carrellata tra i dischi che lo hanno nel titolo arriva ad uno dei più famosi dischi degli anni ’80. Protagonista una band che nasce dal calderone del punk britannico della seconda metà degli anni ’70, ma che grazie ad un percorso per molti versi unico e virtuoso, è arrivata ad essere, giustamente, considerata come una delle più importanti rock band d tutti i tempi. Joe Strummer è figlio di un alto funzionario del Ministero degli Esteri Britannico, tanto che nasce in Turchia nel 1952. Quando ha 20 anni, fonda un gruppo, i 101’ers con Clive Tiperlee e Richard Dudanski. Suonano con discreto successo nei pub londinesi e registrano persino qualche canzone. Nel loro giro c’era un altro gruppo, I London SS, che erano noti poiché non suonavano quasi mai con la stessa formazione, in una sorta di gruppo aperto: tra coloro che più spesso ne facevano parte c’erano Mick Jones, Paul Simonon, Tory Crimes e Nicky “Topper” Headon. I primi tre si uniscono a

Los Campesinos! - All Hell (2024)

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di Nicola Gervasini Con All Hell i gallesi Los Campesinos! diventano più sofisticati ma anche più disillusi. Non mancava certo anche una dose di ironia nella scelta del nome dei Los Campesinos!, traducibile un po’ liberamente come ”i campagnoli”, visto che è questa la definizione che darebbe un qualsiasi londinese se gli chiedeste cosa ne pensa degli abitanti del Galles. Loro vengono infatti da Cardiff, e nel 2008 il loro primo album Hold on Now, Youngster… pareva il preludio di una felice carriera da hit-makers. Sebbene la band abbia un seguito ormai consolidato nel corso di 15 anni circa di carriera, le cose non sono poi andate così, visto che gli album successivi non hanno incrementato le vendite, e fatto perdere un po’ di entusiasmo anche nella critica specializzata che li aveva promossi in partenza. L’evoluzione dei Los Campesinos! dopo un lungo silenzio discografico Alla band è sempre stata contestata la propria indole un po’ grezza e adolescenziale, sia nella produzione dei disc

Niccolò Fabi

Figlio del noto produttore Claudio, Niccolò Fabi nasce nel 1968 e respira fin da giovanissimo l'aria dell'ambiente musicale, seguendo le tournèe degli artisti con cui collabora il padre (su tutti Alberto Fortis) e apprendendo infiniti trucchi di produzione durante le ore passate in sala d'incisione. Discografia e Wikipedia

Loser - Beck (1994)

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L'unica cosa che ha perso per strada è il cognome, Hansen. Per il resto, per la strada Beck raccoglie tutto, perché per lui questo è l'unico modo per non smarrire la via della grande musica. E' un ladro di memorie, il trovarobe che raccoglie sul suo carretto i suoni d'antan e li restaura. E' un sintetizzatore umano di folk, blues, soul, rock, country ed elettronica. Un mutante che divenne l'idolo degli slackers della generazione X, un emblema del post-rock, post-rap, post-punk, post-tutto. Dal suo specchietto retrovisore vede arrivare i ricordi del suono che fu, li lascia passare e poi si getta all'inseguimento, costringendoli a prendere velocità. (M. Cotto - da Rock Therapy)

Phish - Evolve (2024)

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 di Marco Di Milia Quando hai fama di jam-live band costruita negli anni con show ogni volta travolgenti e diversi, riversare quella stessa strabordante energia in studio può risultare nient’affatto semplice. Un dibattito già acceso ai tempi dei Grateful Dead e rinnovato con le schiere di devoti fan - o meglio di phans - dei Phish, pronti a seguire il gruppo originario del Vermont ovunque per assistere a spettacoli dal vivo diventati dei veri e propri rituali collettivi. Non da ultimo, il filotto di date tutte sold out nella fantascientifica venue dello Sphere di Las Vegas, dopo la lunga residency degli U2, a cavallo tra il 2023 e il 2024. Dalla creatività all'essenzialità Cercando quindi di fare buon ordine tra fruibilità e improvvisazione, ecco quindi consegnare il sedicesimo album in carriera, che i Phish hanno intitolato con giusta dichiarazione d’intenti, “Evolve”. Ovvero, un processo creativo del tutto inedito, con dodici brani, “estratti” da jam già ben testate dal vivo, mol

Area - Crac! (1975)

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Le storie dei dischi dello scatolone del mese di Giugno hanno avuto un grande riscontro, e ne sono particolarmente felice. E per quelle di Luglio vorrei ripartire da quello scatolone, perché conteneva un altro disco, che però rispetto ai 5 scelti avevo già comprato da me. L’ho scelto per tre motivi: perché è l’occasione di parlare di un grande personaggio, che ho citato di striscio nelle storie del mese scorso; perché questo lavoro è un formidabile esempio della grandezza e delle capacità di uno dei gruppi italiani più grandiosi di sempre; perchè il suo titolo mi ha sedotto a trovare altri dischi che hanno nel titolo lo stesso simbolo grafico, il punto esclamativo. Gli Area, che avevano nel nome di gruppo una dicitura chiarissima, International POPular Group, sono stati una delle punte di diamante della musica europea degli anni ’70. Nascono a Milano nel 1972 quando musicisti provenienti da esperienze molto diverse mettono su un gruppo. Il primo nucleo comprendeva il tastierista Patriz

Muddy Waters - Folk Singer (1964)

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di Silvano Bottaro Folk Singer è stato uno dei momenti più intensi della straordinaria e imponente storia artistica di Muddy Waters. Fu un disco "unplugged" quando questo termine non era certo in voga. Fu un'esperienza che permise all'uomo dalle grandi mani, dalla voce tonante e dal sorriso contagioso di ritrovare e trasmettere la forza libera e impetuosa del blues. Un viaggio attraverso le radici, giù nel delta del Mississipi, dove era nato e dove aveva incontrato per la prima volta quella che sarebbe diventata la sua musica. All'inizio Waters non era per niente convinto, fu infatti la sua casa discografica; la Chess, ad avvalorare il progetto, l'esito fu sbalorditivo. La Chess voleva ampliare il pubblico di Waters, e legarlo al termine "folk" (che in quel periodo riscuoteva grande successo in America). Fu così che Waters lasciò a casa le chitarre elettriche, gli amplificatori e soprattutto i musicisti del suo gruppo. E, anche se non venne

Antonello Venditti - Sotto Il Segno Dei Pesci (1978)

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L’ultimo disco di questo scatolone incredibile che ho ritrovato in soffitta è uno dei dischi più famosi di sempre fatti in Italia. È un disco che segna un momento storico per il nostro Paese a cui indirettamente anche lui contribuisce, e uno più personale, che proietta l’autore a diventare una delle voci più famose, e incisive, della canzone italiana. È anche l’opportunità per raccontare di un cantautore che troppo spesso è stato bistrattato per il suo essere “commerciale” (definizione che per me ha valore di assoluta stupidità). Il disco di oggi esce l’8 Marzo 1978. 29 anni prima, era nato nello stesso giorno l’autore, Antonello Venditti. Proprio per questo, il titolo, profondamente autobiografico, è Sotto Il Segno Dei Pesci. Dico subito che nello scatolone ho la fortuna di avere una prima edizione originale: la stupenda copertina di Mario Convertino, designer celeberrimo di fortunatissime copertine di album e uno dei primi ad usare la grafica in TV (Mister Fantasy del 1981, di cui cu

The The – Ensoulment (2024)

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 di Andrea Notarangelo Rientro nelle scene dopo un quarto di secolo (così come annunciato sul suo sito ufficiale), per i The The, la creatura di Matt Johnson che dal 1979 ci delizia con opere centellinate e pensate. Non fa eccezione questo Ensoulment (Animare), il quale, ci avvolge fin da subito in un’atmosfera notturna attraverso Cognitive Dissident. Tutto si trasforma ma ciò che non cambia è la qualità messa in campo. La voce di Matt è calda e segue quell’incedere caro a pesi massimi del cantautorato quali Leonard Cohen, Tom Waits e Nick Cave. Il titolo originale della seconda traccia ci ricorda che l’autore è un maestro anche di scrittura, ma Some Days I Drink My Coffe By The Grave Of William Blake è forse il pezzo meno riuscito della nuova raccolta. La ballad non è assolutamente un pezzo brutto. Gli arrangiamenti, ad esempio, sono perfetti e rendono il suono fresco e cristallino, ma la canzone suona fin troppo simile a The House of the Rising Sun, il pezzo portato alla ribalta dagl

Tony Esposito

Tra i più fantasiosi ed estroversi percussionisti della musica leggera italiana, Tony Esposito (1950) è riuscito a conquistare nel corso degli anni '80 un notevole successo commerciale, dopo che nel decennio precedente aveva contribuito a vivacizzare la scena alternativa dell'epoca con una proposta a metà tra sperimentazione ritmica, jazz, funky e suggestioni etniche. Discografia e Wikipedia

I Ain't Superstitious - Willie Dixon (1961)

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Pochi come lui. Giusto Muddy Waters, con il quale divide il titolo di padre del blues di Chicago. Willie Dixon è stato il songwriter blues più significativo dei suoi tempi, sia da un punto di vista quantitativo (ha scritto oltre cinquecento canzoni, per se stesso e per una miriade di colleghi), che qualitativo. I suoi testi possiedono caratteristiche inusuali per l'epoca, hanno rime serrate ed efficaci, le immagini sono forti, il taglio originale, l'umorismo incalzante che mette al servizio di momenti di puro divertimento. Willie Dixon è stato, oltre che pugile (grande peso massimo, vincitore del Golden Gloves) e carcerato (dieci mesi di galera per aver rifiutato di partire per la seconda guerra mondiale), anche poeta laureato del blues e figura pivotale nel passaggio dal vecchio blues a quello moderno. (M. Cotto - da Rock Therapy)

Laurie Anderson - Amelia (2024)

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 di Gianfranco Marmoro La carriera artistica di Laurie Anderson è da tempo divisa su due fronti differenti eppur paralleli: un primo più affine al lessico rock, inaugurato da "Big Science" e tenuto flebilmente in vita dall'album "Homeland"; un secondo fronte più sperimentale, visionario, multimediale, un ambito decisamente più congeniale alla complessa statura artistica della musicista americana. Ho avuto il privilegio di intercettare l'artista su entrambi i fronti in due diversi eventi live. La prima volta nel 1990 durante il tour di "Strange Angels" (il suo album forse più "pop"), concerto reso unico dall'utilizzo della lingua italiana da parte di Laurie, scelta spiazzante di cui si è avvalsa in tutti i paesi toccati dalla tournée, concentrando l'attenzione anche sui contenuti lirici oltreché musicali. Il secondo appuntamento live è legato allo spettacolo multimediale "Moby Dick", un sorprendente mix di visual art, mus

Diaframma - Siberia (1984)

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Nella scatola ritrovata in soffitta, questo disco stava sotto un altro, con la copertina leggermente rovinata dall'umidità (e che sarà protagonista di una prossima Storia di Musica). All'interno c'era il bigliettino da visita di un negozio di dischi, Data Records 93, Via dei Neri, Firenze. Il disco di oggi è l'inizio di una delle più intense e importanti storie musicali italiane degli ultimi 40 anni nel nostro paese. Tutto inizia a Firenze, fine anni '70, quando l'onda punk in Europa è al massimo livello: in un liceo si formano i CFS, con Federico Fiumani alla chitarra e due suoi amici, Gianni Cicchi (batterista) e Salvatore Susini (bassista). Suonano cover delle band punk rock britanniche, nel 1980 Susini se ne va e viene sostituito dal fratello di Cicchi, Leandro, e nascono così i Diaframma, nome scelto per la comune passione dei tre per la fotografia (il diaframma fotografico è il meccanismo usato in ottica per regolare la quantità di luce che deve attraversa

Santana - Abraxas (1970)

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di Silvano Bottaro Quando il "veggente" risalì la costa occidentale del continente americano, trovò un clima più temperato, gente meno aperta e un appartamento che per un paio di mesi gli fece rimpiangere la sistemazione messicana. A San Francisco incontrò il jazz e il rhythm'n'blues e dopo i quattro storici concerti al Fillmore West e l'apparizione a Woodstock, i Santana entrarono in studio e in pochi mesi uscirono prima con "Santana" e poi con "Abraxas". Abraxas in linea con il nome ricavato da un passo di Demian di Herman Hesse è una grande opera di contaminazione di culture musicali differenti formalmente, come il blues e la musica latino-americana, sotto l'impronta comune del rock. Quello che prima degli altri e, alla luce di quanto è accaduto in seguito, meglio di altri, Santana ha individuato uno spazio vuoto nel mondo della musica di protesta, un luogo vergine in cui poter osare oltre i confini. Lavorando, quasi senza saperlo, i

Francesco De Gregori - Titanic (1982)

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Francesco De Gregori era stato lontano dagli studi di registrazione per tre anni: il 1979 era stato l'anno straordinario di Banana Republic con Lucio Dalla e di Viva L'Italia, disco fondamentale e che contiene una storia particolare. Fu infatti il tentativo della RCA, la sua casa discografica, di promuovere l'artista a livello internazionale. Fu ingaggiato Andrew Loog Oldham, leggendario scopritore e primo produttore dei Rolling Stones, che portò con sé una schiera di tecnici e turnisti britannici, e lo stesso De Gregori registrò delle versioni in inglese di alcune delle sue canzoni più note (Piccola Mela, Rimmel,  Generale, una versione di Buffalo Bill con Lucio Dalla) con i testi tradotti da Susan Duncan Smith e Marva Jan Marrow, poetessa statunitense che rimase in Italia per un decennio, collaborando con numerosi artisti (Ivan Graziani adatta un suo brano, Sometimes Man, per Patti Pravo, che diviene una dedica per lei, intitolata Marva).  Decide quindi di concentrarsi su

Steve Wynn - Make It Right (2024)

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 di Fabio Baietti Una capacità di scrittura che ha pochi uguali nella storia del rock contemporaneo. Il pregio di aver rivestito le sue liriche con arrangiamenti che, sia nella dimensione del Syndacato che in quella solista, hanno acuito la loro visionarietà. Steve Wynn, per una folta schiera di musicisti e fans, è, da più di 40 anni, una sorta di eroe musicale, un saldo punto di riferimento. Dopo aver ridato linfa vitale ai Dream Syndicate, gruppo faro di un certo modo di fare rock, ora il Nostro “riporta tutto a casa”! Alla soglia dei 65 anni, il rocker californiano fa il punto della sua carriera e, più in generale, della sua vita, tramite la contemporanea uscita di un libro di memorie (I Wouldn’t Say It If It Wasn’t True: A Memoir Of Life, Music, And The Dream Syndicate) e di un nuovo disco a suo nome, dopo 14 lunghi anni. Make It Right non fa sconti, meglio chiarirlo subito. Non è un disco rilassante, pur non scevro di momenti di quiete, non induce al compiacimento ma stimola rifle

Equipe 84

Il più famoso gruppo della storia del beat italiano nasce intorno al 1963 a Modena, dalla fusione di vari complessini locali con nomi improbabili quali Hurricanes, Marinos, Giovani Leoni, I Gatti. In questi ultimi suona un giovane Francesco Guccini, insieme al bassista Victor Sogliano e al batterista Alfio Cantarella. Discografia e Wikipedia

My Generation - The Who (1965)

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Eviterò di raccontarvi per l'ennesima volta la genesi di My Generation, inno che è diventato prima manifesto degli Who e poi specchio di più generazioni. Mi limito a commentare quel famoso verso: "I hope I die before I get old" ("spero di morire prima di diventare vecchio"). Per tutta la vita, Pete Townshend si è sentito rivolgere la stessa domanda che, con piccole variazioni sul tema, suona più o meno così: "Come si sente a cantare sul palco quel verso, oggi che non è più giovane?". Stessa categoria di chi chiede a Mick Jagger: "Lei una volta ha detto che non si vedeva a cantare sul palco Satisfaction a 40 anni. E adesso che li ha superati da un bel po', come si sente a rifarla ogni sera sul palco?" (M. Cotto - da Rock Therapy)

Nick Cave & The Bad Seeds - Wild God (2024)

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di Elena Raugei We’ve all had too much sorrow, now is the time for joy, afferma il “wild ghost”, il fantasmatico ragazzo dalle sneakers giganti, che agita il sonno di Nick Cave in “Joy”, il manifesto programmatico del nuovo album Wild God – registrato tra Provenza e Londra, pubblicato da Play It Again Sam – nonché il brano più esteso in scaletta, guidato da un enfatico corno francese. Il fantasma sarà ancora una volta quello di Arthur o dell’altro figlio perduto, Jethro?  I woke up this morning with the blues all around my head / I felt like someone in my family was dead. In ogni caso, Cave compie due step: dopo dischi che affrontavano più o meno coscientemente lo shock del lutto e la sua visionaria elaborazione, soprattutto nel capolavoro Ghosteen già pervaso da un immaginario fortemente biblico, cerca la grazia, cerca in maniera ricorrente mani che si intrecciano e slanci di felicità; dopo la reazione al lockdown pandemico del più crudo e materico CARNAGE, condiviso con il solo Warre

Gong - I See You (2014)

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di Matteo Meda Se un neofita del decennio d'oro del rock venisse a chiedere di una band del periodo alla quale avvicinarsi con estrema cautela, chi scrive nominerebbe immediatamente i Gong. Se lo stesso soggetto modificasse la domanda cercando informazioni sul gruppo più emblematico dell'intera decade seventies, la risposta sarebbe la medesima. I Gong sono l'hippie, il freak, Canterbury, la psichedelia, la follia e il genio riuniti sotto un unico, comun denominatore. I Gong sono una famiglia, una comune che ha vissuto la sua storia su un pianeta parallelo (Planet Gong, appunto), che come tutte ha il suo capo, la cui autorità è ciclicamente messa in discussione da altre personalità, fra le quali anche le più forti (cfr. Pierre Moerlen) hanno finito per dover abdicare. E ci troviamo così nel 2014 con Daevid Allen ancora al timone, arzillo e instancabile settantaseienne dalla presa saldissima, fresco di vittoria di una prima (e ci auguriamo anche ultima) battaglia contro il

E T I C H E T T E

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