di Fabio Cerbone Infinite, e brillanti aggiungerei, sono le vie del nuovo rinascimento folk americano, anche se in questo caso è un espatriato inglese, adottato dalla vicace scena musicale di Chicago, a impartire la lezione. James Elkington si è trasferito dall’altra parte dell’Atlantico da una ventina d’anni e subito si è mischiato con le migliori menti cittadine, avviando una serie di collaborazioni, anche in veste di produttore, che lo hanno reso una presenza importante e un punto di riferimento stilistico. Di lui si ricordano i trascorsi nel progetto The Zincs e le uscite in duo con Nathan Salzburg, ma soprattutto l’opera nell’ombra con Eleventh Dream Day, Tortoise, Jeff Tweedy (Wilco), fino alla regia degli album di Joan Shelley e Nap Eyes. Un nome più di tutti l’ho lasciato volutamente per ultimo, quello dell’amico, meglio, anima gemella, Steve Gunn, con il quale Elkington condivide una visione e un suono, non a caso essendo parte attiva della band di Gunn, nonché prod...