Venus In Furs - The Velvet Underground (1967)

Come il Baudelaire di Canzone di pomeriggio («Io metto tutta la mia gioia / il mio genio, il mio destino e la mia anima / sotto le tue scarpe di raso / sotto i tuoi piedi di seta affascinanti, / perché tu così mi guarisci, / tu, mia luce e mio colore»), come il romanzo omonimo di Leopold von Sacher-Masoch da cui prende il titolo («se vi schiaccerò sotto i piedi, dovrete, senza lamentarvi, baciare il piede che vi schiaccia»), Venus in Furs porta esplicitamente in scena, per la prima volta nella musica rock, il rapporto tra padrona e schiavo: «Bacia lo stivale di pelle lucida / cuoio lucido nell'oscurità / lecca le cinghie, il laccio che ti attende / colpisci, diletta Padrona, e cura il suo cuore».
Il bordone di viola elettrica di John Cale, il suono primitivo di Maureen Tucker, il cantato di Lou Reed che flirta con il talkin' e la sua ostrich guitar accordata su una sola nota sono i quattro angoli retti di questo film in bianco e nero cupo e agghiacciante, ma, a dispetto di questo (o forse proprio per questo) incredibilmente e magicamente affascinante. Alzi la mano chi non ha desiderato almeno una volta di finire in una storia del genere, dove nessuno è in grado di garantire la differenza tra smarrirsi per un attimo o perdersi per sempre.

(M. Cotto - da Rock Therapy)

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